L’organizzazione del tempo di lavoro all’interno delle tre proposte di legge relative alla riduzione dell’orario di lavoro

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Bollettino speciale ADAPT 10 luglio 2024, n. 4
 
Introduzione
 
Il presente contributo analizza le tre proposte di legge per quanto attiene ai profili inerenti all’organizzazione dell’orario di lavoro, dal momento che, nel favorire la riduzione dell’orario normale di lavoro a parità di retribuzione, le proposte delineano una nuova organizzazione dei tempi di lavoro.
 
Prima di procedere all’esame nel merito delle proposte di legge, appare opportuno evidenziare che mentre la prima proposta (n. 142/2022) è diretta alla regolamentazione della nuova organizzazione dell’orario di lavoro ex lege, assegnando dunque alla legge il compito di stabilire quali sono i limiti della durata dell’orario e come devono essere gestiti, nelle altre due proposte (nn. 1505/2023, 1000/2023) l’organizzazione dell’orario di lavoro non è direttamente disciplinata, dato che la regolazione della stessa viene delegata alla contrattazione collettiva.
 
 
“Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro” proposta n. 142 presentata il 13 ottobre 2022 dai Deputati Fratoianni e Mari
 
L’art. 7, nel disciplinare l’“Orario settimanale di lavoro”, stabilisce che l’orario settimanale di lavoro dei dipendenti da datori di lavoro privati e pubblici è stabilito in trentaquattro ore effettive. Alla contrattazione collettiva, dunque, è demandata la previsione di una riduzione dell’orario legale di lavoro fino a un orario medio settimanale di trentaquattro ore (comma 1).
 
La norma stabilisce altresì che la riduzione di orario deve avvenire a parità di salario e quindi non deve comportare una riduzione dei livelli retributivi mensili goduti dai lavoratori interessati (comma 2). La stessa disposizione detta una definizione specifica di tempo di lavoro effettivo “quello compreso tra l’inizio e il termine della giornata lavorativa, compresi in ogni caso i periodi di vigile attesa determinati dalla natura della prestazione, nonché le ore retribuite di assemblea, i permessi sindacali e per allattamento e altri congedi parentali” (comma 3).
 
La norma precisa altresì che la distribuzione dell’orario di lavoro settimanale e giornaliero è stabilita in sede contrattuale e deve essere comunicata all’atto di assunzione al lavoratore. Le eventuali variazioni successive sono consentite, previo confronto con le oo.ss., con il consenso del lavoratore (comma 4).
 
Da ultimo, viene poi stabilito un limite alla durata massima dell’orario settimanale che non può in ogni caso superare le 40 ore settimanali e le 8 ore giornaliere comprensiva delle ore di lavoro straordinario (comma 5). Nel caso dell’istituto della reperibilità è stabilito un limite giornaliero di 8 ore (comma 6). I lavoratori hanno diritto, per motivate esigenze, a regimi di flessibilità rispetto all’inizio e al termine della prestazione giornaliera, compatibilmente con le esigenze aziendali (comma 7).
 
L’indicazione nella proposta di legge di un limite alla durata giornaliera dell’orario di lavoro rappresenta un elemento di assoluta novità rispetto alla disciplina attualmente prevista dal decreto legislativo 66/2003 in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, in cui il limite alla durata massima dell’orario giornaliero si ricava dalla disciplina del riposo giornaliero (art. 7 d.lgs. 66/2003) la quale stabilisce che il riposo giornaliero è quantificato in 11 ore consecutive, ogni 24 ore, con la conseguenza che, nella disciplina vigente, al netto del limite settimanale di 40 (o 48 con straordinario), salvo quanto previsto dalla contrattazione, l’orario massimo giornaliero è di 13 ore. Sul punto, si precisa inoltre che l’art. 4, comma 2, parla di “durata media dell’orario di lavoro” che non può “in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di straordinario”.
 
In aggiunta, per quanto riguarda la durata massima dell’orario di lavoro, la proposta di legge, rispetto al d.lgs. 66/2003, non disciplina la possibilità di calcolare la durata massima della prestazione su base plurisettimanale.
 
A seguire l’art. 8, rubricato “Pause di lavoro e riposo giornaliero” prevede che qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda le 6 ore, il lavoratore ha diritto ad una pausa che viene stabilita dalla contrattazione collettiva. Il lavoratore ha comunque diritto, per ogni periodo giornaliero di lavoro eccedente le sei ore, a una sosta di durata non inferiore a quindici minuti per ogni ora aggiuntiva. Per quanto riguarda invece il riposo giornaliero la proposta di legge stabilisce che il lavoratore ha diritto ad almeno dodici ore consecutive di riposo nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore. Si osserva in fase di analisi che si tratta in entrambi i casi di disposizioni migliorative rispetto all’attuale disciplina dettata dall’art. 7 e dall’art. 8, comma 2, del d.lgs. 66/2003 che prevedono, rispettivamente, il diritto del lavoratore a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore (riposo giornaliero) e il diritto ad una pausa di durata non inferiore a dieci minuti (pause). In aggiunta, sempre in tema pause, l’art. 175 del d.lgs. 81/2008 prevede che il lavoratore che svolga attività lavorativa con videoterminali, in assenza di una disposizione contrattuale riguardante l’interruzione, ha diritto ad una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
 
L’art. 9, in materia di “Ferie annuali” stabilisce che i lavoratori hanno diritto a un periodo annuale di ferie, retribuito nella misura e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi nazionali di lavoro, compatibile con la modalità lavorativa utilizzata e, comunque, non inferiore a quattro settimane lavorative. È opportuno evidenziare che tale previsione si pone in continuità con quanto previsto dall’art. 10, comma 1, primo periodo, del d.lgs. 66/2003 e non rappresenta una novità in quanto anche quest’ultima disposizione stabilisce che il “prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane”.
 
Per le attività usuranti (art. 10) viene demandata alla contrattazione collettiva la definizione di un’ulteriore riduzione, pari ad almeno altre cinque ore settimanali, dell’orario normale di lavoro di cui all’articolo 1, comma 2, della presente legge (trentaquattro ore effettive a parità di retribuzione).
 
Per quanto riguarda la disciplina del lavoro straordinario, all’art. 11 viene precisato anzitutto che il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto e che non può essere richiesto al lavoratore lavoro straordinario eccedente il limite di due ore giornaliere e di sei ore settimanali, fatti salvi comunque i limiti annuali stabiliti dai contratti collettivi nazionali. Per quanto concerne invece il trattamento economico il comma 8, del medesimo art. 11, precisa che è demandata alla contrattazione collettiva nazionale la funzione di stabilire i criteri per la maggiorazione retributiva, in misura comunque non inferiore al 40% rispetto alla retribuzione di fatto del lavoro ordinario e non inferiore al 50% nel caso di lavoro festivo o notturno, fatte salve le migliori condizioni previste dai contratti collettivi, anche aziendali.
 
Per concludere l’analisi della proposta di legge n. 142, si nota come l’art. 12 stabilisce che l’orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore. Anche in questo caso, la disposizione è coerente con quanto già attualmente previsto dall’art. 13 del d.lgs. 66/2003 ma l’orario settimanale di riferimento è diverso perché è di 34 ore settimanali.
 
 
“Disposizioni sperimentali concernenti la riduzione dell’orario di lavoro mediante accordi definiti nell’ambito della contrattazione collettiva”, proposta n. 1000 presentata il 15 marzo 2023 dai Deputati Conte, Carotenuto e altri

 
Nelle premesse della proposta di legge n. 1000, i Deputati Conte,  Carotenuto e altri presentano una considerazione circa la riduzione dell’orario normale di lavoro, considerandola come una nuova  e diversa organizzazione del lavoro, in grado di rendere compatibili le esigenze dei lavoratori con quelle della produttività in modo cooperativo e innovativo, mediante il coinvolgimento dei lavoratori, delle organizzazioni sindacali, dei datori di lavoro e delle imprese, anche attraverso la contrattazione di prossimità.
 
La proposta di legge dei Deputati Conte-Carotenuto, quindi, non disciplina direttamente nella regolazione degli istituti attinenti alla organizzazione del lavoro, salvo intervenire, all’articolo 2, sull’articolazione settimanale delle prestazione che riconosce alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale nonché alle loro articolazioni territoriali o aziendali la facoltà di stipulare specifici contratti per la riduzione dell’orario di lavoro, fino alla misura di 32 ore settimanali, a parità di retribuzione.
 
Si precisa che la riduzione dell’orario normale di lavoro può riguardare sia l’orario giornaliero sia il numero delle giornate lavorative settimanali, fino a 4 giornate. In quest’ultimo caso, le ore di lavoro giornaliere eccedenti le 8 ore ordinarie non sono computate come lavoro straordinario.
 
In altre parole, in caso di riduzione su base settimanale, è possibile superare le 8 ore di lavoro giornaliero senza che le ore oltre l’ottava siano di lavoro straordinario, ipotesi questa peraltro già prevista per i contratti collettivi.
 
Il comma 3 dell’articolo 2 della proposta di legge, al fine di consentire la massima diffusione di forme ridotte dell’orario di lavoro e in considerazione della diversità che caratterizza il mondo del lavoro nel nostro Paese, prevede che, qualora manchi un contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative, almeno il 20 per cento dei lavoratori dipendenti della medesima impresa o unità produttiva o il datore di lavoro possono proporre un’ipotesi di accordo per la riduzione dell’orario di lavoro, fino a 32 ore settimanali, a parità di retribuzione, specificandone le modalità di attuazione.
 
 
“Agevolazione contributiva per favorire la stipulazione di contratti collettivi volti a sperimentare la progressiva riduzione dell’orario di lavoro”, proposta n. 1505 presentata il 20 ottobre 2023 dai Deputati Scotto, Schlein e altri
 
La proposta di legge n. 1505, presentata dai Deputati Scotto, Schlein e altri, non presenta una disciplina degli istituti relativi alla nuova organizzazione dell’orario di lavoro, se non limitandosi a considerare che la riduzione dell’orario di lavoro, a parità di salario, possa avvenire “anche nella forma di turni su quattro giorni settimana”. La scelta alla base della proposta di legge è quella di non disciplinare ex lege gli istituti attinenti alla organizzazione del lavoro, rinviando alla contrattazione collettiva. In altre parole, è lasciato alla contrattazione tra le parti sociali il compito di definire come implementare in concreto la settimana corta, la quale sarà quindi chiamata a regolare tutti gli istituti connessi alla organizzazione del lavoro.
 
 
Conclusioni
 
Come già evidenziato in altra sede, dalla lettura delle proposte di legge nella prospettiva della nuova organizzazione del lavoro si conferma l’emersione di due tendenze principali:

– alla legge viene riservata una posizione centrale nella regolazione degli istituti relativi alla organizzazione del lavoro, relegando in secondo piano la contrattazione collettiva (proposta Fratoianni-Mari);

– all’autonomia negoziale collettiva viene dato un ruolo principale nella adozione di soluzioni per disciplinare la nuova organizzazione del lavoro in regime di riduzione dell’orario di lavoro, limitando l’intervento della legislazione alle misure di incentivazione della riduzione dell’orario di lavoro (proposta Scotto-Schlein) o alla definizione del massimale orario o giornaliero della riduzione (proposta Conte-Carotenuto).
 
Nel primo caso, l’intento dei promotori dell’intervento appare essere quello di imporre ex lege i limiti e le condizioni per la realizzazione di una nuova organizzazione del lavoro in regime di riduzione dell’orario di lavoro, limitando il ruolo delle parti sociali (siano esse di livello nazionale o aziendale), o comunque riconoscendone un carattere meramente residuale, nella regolazione della nuova organizzazione del lavoro.
 
Si ritiene, inoltre, auspicabile che un intervento normativo in materia di organizzazione dell’orario di lavoro tenga conto e si raccordi con l’attuale disciplina prevista del d.lgs. 66/2003.
 
Laddove, invece, le proposte di legge valorizzano il ruolo della contrattazione collettiva, si intende riconoscere nel contratto collettivo lo strumento più idoneo a definire criteri e modalità di applicazione della riduzione oraria o giornaliera, essendo tale fonte difatti in grado di tener conto delle esigenze e delle peculiarità proprie dei settori produttivi o delle singole realtà organizzative.
 
Chiara Nardo

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@chiaranardo00
 
Alessandra Sannipoli

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@alesanni1310

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