Il mismatch tra domanda e offerta di professioni infermieristiche, un modello di analisi per una ecologia della attrattività*

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Bollettino ADAPT 15 luglio 2024, n. 28

 

Le ragioni di questo contributo

 

Ormai da tempo il tema del mismatch tra domanda e offerta di lavoro costituisce uno dei nodi cruciali del confronto tra esperti e stakeholder (sia a livello tecnico-scientifico, sia a livello socio-istituzionale).

 

Fattori demografici, organizzativi, tecnologici, economici, socio-culturali, vengono di volta in volta chiamati in causa quali variabili determinanti per contribuire a spiegare una situazione che sembra sfuggire ad ogni leggibilità e quindi programmabilità del rapporto tra:

– da un lato, quantità e qualità delle competenze e delle professionalità formate dal sistema di istruzione e formazione nelle sue diverse articolazioni

– dall’altro lato, motivazione e disponibilità delle persone (anche in modo sempre più indipendente dei vincoli di natura socio-economica) a corrispondere con i propri comportamenti e con le proprie scelte a tale offerta formativa ed occupazionale, aderendovi e successivamente confermando tale adesione con l’ingresso nel settore professionale corrispondente, e sviluppando il proprio percorso di carriera in tale ambito.

 

A fronte di ciò, anche con riferimento al sistema delle professioni infermieristiche sta emergendo in diversi ambiti (Ministero, Regioni, Aziende sanitarie, Università, Servizi per il lavoro e Agenzie pubbliche e private/accreditate di orientamento e supporto all’incontro tra domanda e offerta, etc.), tra i temi da fare oggetto di particolare attenzione e di intervento strategico, quello di se e come sia possibile riuscire ad influire sulle scelte/decisioni che le persone assumono (nello sviluppo del proprio percorso di vita, professionale, occupazionale), quando tali decisioni riguardano:

– l’intraprendere un percorso in questo ambito;

– l’intraprendere un percorso di studi con ciò coerente;

– l’inserirsi per la prima volta in un contesto organizzativo nel quale sperimentarsi professionalmente;

– l’optare tra diverse possibilità di sviluppo orizzontale e verticale eventualmente accessibili;

– il permanere o meno nel settore, continuando a sviluppare la propria competenza;

 

Rispetto alla esigenza di ‘influenzare’ questi diversi tipi e momenti di scelta, le modalità/strumenti più appropriati evocati nelle diverse occasioni sono essenzialmente due:

– da un lato, la realizzazione di una vera e propria campagna promozionale che attraverso un ‘moderno’ utilizzo dei social (e dei media più in generale) riesca a veicolare a livello di massa un’immagine più ‘attrattiva’ delle professioni infermieristiche, e quindi, preliminarmente e implicitamente, dei percorsi formativi che ad esse consentono l’accesso;

– dall’altro lato, il coinvolgimento dei servizi di orientamento ai vari livelli (nella scuola superiore, nella formazione post-diploma e nell’università; ma anche nei servizi per l’impiego) in un’attività di informazione, formazione e consulenza esplicitamente/intenzionalmente finalizzata ad evidenziare la quantità e qualità degli spazi professionali disponibili in questo ambito, e a favorire il massimo matching possibile tra le caratteristiche dei giovani che usufruiscono delle attività di orientamento da un lato, e dall’altro le esigenze di programmazione e sviluppo dell’economia e del mercato del lavoro (locale, regionale, nazionale) a livello socio-istituzionale e di sistema.

 
 

Cambiare sguardo: per una strategia all’altezza della complessità del problema

 

Sappiamo però, per esperienza concreta, che una prospettiva di questo tipo, per quanto ‘generosa e ben intenzionata’ è in realtà troppo parziale, e che è quindi destinata al fallimento, qualora ci si limiti ad essa.

 

Oltretutto, come mi sforzerò di argomentare nella parte successiva di questo contributo, tale prospettiva è incompleta e poco ‘consistente’ anche dal punto di vista teorico.

 

In altre parole: le decisioni e le scelte che le persone assumono in relazione ai propri percorsi di vita, formativi e professionali sono sempre multi-causate (frutto di una molteplicità di fattori interagenti), e quindi occorre necessariamente pensare a una strategia che intervenga su molteplici livelli tra loro integrati, se si intende influire sul ‘risultato finale’ (e cioè sulle scelte concrete che le persone operano, sul piano formativo, professionale, occupazionale).

 

Naturalmente (e come rappresentato in modo sintetico nello schema seguente) proprio il riconoscimento del fatto che le variabili che ‘in qualche modo’ influiscono sulle decisioni/scelte degli individui nei momenti di transizione sono molto numerose, di diversa natura, e di diversa permeabilità all’azione intenzionale dei soggetti socio-istituzionali e professionali, deve indurre al contestuale riconoscimento che, su alcune di queste in particolare, tale intervento si potrà configurare soltanto come ‘di lungo periodo e di incerto risultato.

 

Sarà necessario quindi, al termine della analisi qui proposta, valutare quali siano, tra le tante dimensioni/variabili influenti che lo schema consente di evidenziare, quelle più efficacemente attivabili nel breve/medio periodo per procedere nella direzione ‘strategica’ auspicata, e quali invece possano/debbano essere realizzate in tempi più lunghi.

 
 

Il processo di scelta (formativa, professionale, occupazionale) delle persone: una tipologia di variabili influenti

 

Venendo dunque allo schema, cerco di seguito di argomentarne il senso e la struttura.

 

Il punto di partenza della riflessione sono i processi di scelta operati dall’individuo nel corso della propria esistenza, qui convenzionalmente e collocati in corrispondenza di tre step ‘tipici’ ed emblematici (che nello schema sono rappresentati nella prima colonna a sinistra):

Prima scelta. La decisione di formarsi alle professioni infermieristiche.

Seconda scelta. La decisione di entrare ‘professionalmente – occupazionalmente nel settore infermieristico e nelle sue articolazioni organizzative.

Terza scelta. La decisione di perseguire/proseguire il proprio sviluppo professionale nell’ambito del settore.

Le prossime considerazioni si riferiscono in particolare alla parte dello schema evidenziata in azzurro (cfr. di seguito)

 
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Occorre quindi chiedersi, considerando la natura delle variabili in gioco nei percorsi di vita delle persone e nelle diverse transizioni (formative, professionali, occupazionali), quali siano tra esse quelle che maggiormente influiscono sull’esito delle scelte corrispondenti.

 

Nel primo caso (scelta 1) la decisione sarà il risultato dell’interazione tra almeno due diversi tipi di variabili:

– da un lato, l’esperienza complessiva che le persone vivono (nella famiglia; col gruppo dei pari; tramite i messaggi dei diversi tipi di media e dei social; tramite l’influenza di figure particolarmente significative; in interazione con la cultura e i valori della comunità e del contesto locale; etc.). In questo senso, si può davvero dire che, sempre e per ciascuno, ‘vivere è orientarsi’ e che quindi l’orientamento che ciascuno assume è in (buona) parte il risultato inconsapevole del proprio percorso esistenziale.

– dall’altro lato, le eventuali esperienze specifiche di orientamento intenzionale (non ‘implicito’, come nel caso precedente) che le stesse persone attraversano nell’ambito di attività progettate da soggetti diversi, che hanno l’esplicita finalità di influire sulle scelte individuali. In questo caso, ai fini del risultato di questa attività di orientamento intenzionale ciò che risulta rilevante è la qualità dei tipici interventi di orientamento: informazione, formazione orientativa, accompagnamento, consulenza, esperienze di contatto con il mondo del lavoro, comunicazione e marketing, etc.

 

Le variabili specifiche che influenzano le scelte nei processi di transizione formativa, professionale, occupazionale

 

Se quelle indicate fino a ora (che si trovano nella parte superiore della seconda e della terza colonna dello schema) sono le dimensioni/variabili che hanno maggiore rilevanza ai fini della scelta/decisione dell’individuo di dedicarsi alle professioni infermieristiche (scelta 1), resta ora da svolgere un’analoga considerazione rispetto alle dimensioni/variabili più rilevanti per far sì che, successivamente, un individuo:

– porti a termine il percorso formativo intrapreso;

– decida di inserirsi nelle organizzazioni del settore;

– sperimenti positivamente tale inserimento;

– anche in ragione di ciò, scelga/decida di seguire/proseguire il proprio sviluppo professionale nell’ambito del settore (decidendo se e quale tipo di ‘carriera’ intraprendere in tale ambito).

 

In questa parte del contributo svilupperò alcune considerazioni relative in particolare alla parte dello schema evidenziata in giallo (cfr. di seguito).

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Come indicato nella parte inferiore della seconda e della terza colonna dello schema, ai fini di tali scelte risulta decisiva la qualità ‘intrinseca’ di una serie di elementi dell’offerta formativa (docenti/esperti e testimoni, didattica, stage/tirocinio, tutorato e accompagnamento, feedback, etc.); ma anche altri elementi (fruibilità di servizi di conciliazione, etc.) risultano essenziali, ed assumono una grande rilevanza al fine di evitare quell’effetto di dispersione che ancora troppo spesso caratterizza i processi formativi del nostro Paese.

 

Nelle fasi di inserimento al lavoro e di socializzazione organizzativa (scelta 2), invece, i fattori particolarmente rilevanti per la positività dell’esperienza dal punto di vista del soggetto sono elementi quali: la qualità dell’affiancamento (mentorship, etc.); il livello di coinvolgimento sul lavoro e di responsabilizzazione rispetto ai compiti; il tipo di riconoscimento del contributo fornito; ma anche il tipo di clima, la cultura organizzativa e lo stile di management; etc.

 

Nella fase di gestione del proprio percorso professionale e della propria carriera lavorativa (scelta 3), infine, l’impatto positivo sull’individuo è funzione di una serie di altri elementi indicati nello schema: la configurazione di ruoli specifici nell’ambito della professione; il mercato del lavoro interno (la mobilità orizzontale e lo sviluppo professionale concretamente disponibili); le opportunità e vincoli presenti nella normativa contrattuale; il mercato del lavoro esterno, sia pubblico che privato; il tipo e il livello di coinvolgimento sul lavoro, di responsabilizzazione rispetto al ruolo, di riconoscimento al contributo fornito; di cultura organizzativa e di stile di management; la qualità del sistema di welfare aziendale; etc.

 
 

Le ‘condizioni’ come sfondo che esercita una influenza generale di lungo periodo

 

Se le considerazioni svolte finora avevano la finalità di argomentare le tre colonne a sinistra (quindi in sostanza la prima metà) dello schema, in questa seconda e conclusiva parte del contributo intendo sottolineare quelle che sono in tale contesto definite condizioni (che in alcuni casi rappresentano risorse, in altri casi vincoli): condizioni la cui rappresentazione costituisce sempre, per l’individuo, lo sfondo significativo rispetto al quale valutare le informazioni raccolte e i consigli ricevuti, formarsi le proprie opinioni/propensioni, elaborare le proprie scelte. Ciò significa che queste condizioni (nella loro oggettività, ma soprattutto nella rappresentazione che se ne fa ciascun soggetto) intervengono a loro volta in maniera ‘potente’ a orientare, filtrare, influenzare addirittura il modo di pensare alla situazione e alle soluzioni possibili, prima ancora che alla decisione da assumere al riguardo. In altre parole, la percezione che le persone sviluppano di tali condizioni (risorse e vincoli) influenzano non solo il problem solving, ma prima ancora il problem setting.

 

In questa sezione del contributo, infine, svilupperò alcune considerazioni relative in particolare alla parte dello schema evidenziata in verde (cfr. di seguito).

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Quali sono allora queste dimensioni/variabili, così ‘potenti’ da riuscire a influenzare ciascuna delle fasi e ciascuno dei tipi di esperienza presentati nella prima parte dello schema? Ne ripropongo l’elenco (rappresentato nella seconda parte dello schema, quella a destra):

– reputazione della professione, e relativo confronto sociale

– posizionamento contrattuale

– gamma dei ruoli professionali

– tipologia dei rapporti di lavoro accessibili

– livello di retribuzione

– organizzazione temporale del lavoro

– sistema di welfare aziendale

– qualità della organizzazione del lavoro

– stile di management

– opportunità di mobilità orizzontale

– possibilità di sviluppo di carriera

– opportunità di formazione e crescita professionale

– livello di autonomia/discrezionalità esercitabile sul lavoro

– natura del contesto istituzionale (pubblico o privato)

– livello di distintività del contributo professionale (fungibilità vs infungibilità)

– ……..

 

 

E quindi? Conseguenze e implicazioni per una ‘ecologia della attrattività’

 

A questo punto della riflessione siamo probabilmente in grado di comprendere meglio quale sia la effettiva varietà e complessità del sistema di variabili in grado influenzare (come affermato all’inizio) le decisioni che gli individui assumono nelle fasi di transizione del proprio percorso formativo e professionale.

 

E siamo anche in grado di distinguere tra:

– variabili che esercitano la loro influenza contingentemente, in corrispondenza di una fase/transizione specifica (quelle indicate nello schema come ‘scelta 1’, ‘scelta 2’, ‘scelta 3’);

– variabili che esercitano invece la loro influenza in modo continuativo, durante tutto l’arco della vita e in relazione a tutte le fasi, e che ne costituiscono una sorta di sfondo permanente, di lunga durata (quelle che sono indicate nello schema da un lato come ‘orientamento implicito’ e dall’altro come ‘condizioni’).

Se si conviene che il sistema complesso delle variabili influenti è quello indicato nello schema (e più ampiamente argomentato in questo contributo), e se si intende intervenire in modo attivo ed efficace per orientare/riorientare le scelte dei giovani, dei nuovi assunti e degli infermieri in servizio in merito al proprio futuro, occorre quindi definire una strategia che sia allo stesso tempo:

– da un lato all’altezza di tale complessità, dal punto di vista quantitativo e qualitativo (ponendosi l’obiettivo di agire su più variabili, e di diversa natura);

– dall’altro lato in grado di distinguere tra variabili ‘generali’ di lunga durata (orientamento implicito; condizioni di esercizio) e variabili ‘specifiche’ per singola fase (qualità della formazione; qualità dell’esperienza di inserimento e socializzazione professionale e organizzativa; qualità del percorso professionale concretamente agìto);

– dall’altro, infine, distribuita su una prospettiva temporale coerente con la natura delle variabili stesse (variabili sulle quali si può intervenire da subito; variabili sulle quali si può intervenire solo nel medio-lungo periodo).

 

Su ‘chi potrebbe/dovrebbe fare cosa’ a questo riguardo nelle diverse fasi di transizione specifiche e a livello più generale; su quale potrebbe essere il ruolo dei diversi soggetti/attori socio-istituzionali per una iniziativa autonoma; e su quali potrebbero essere invece le partnership da promuovere, oppure le iniziative da rivendicare da parte di specifici stakeholder: su tutto questo ritengo che una discussione collettiva (qui e ora, contingentemente; ma anche in futuro, in modo permanente) costituisca un compito essenziale, se si intende ottenere quel risultato ‘di  prodotto’ (una strategia efficace) e ‘di processo’ (groupthinking, condivisione, sensemaking) che costituiscono l’esito possibile (non garantito, ma probabile: il che occorre riconoscere che è già tanto) dell’investimento di tempo, di intelligenza e di energia che tale discussione richiede.

Ed è anche uno dei pochi modi che io conosca per rispettare e valorizzare l’esperienza delle persone, ed apprendere da essa: compito etico, oltre che funzionale-strumentale.

 

Pier Giovanni Bresciani 

Professore di Psicologia del lavoro

Università degli studi di Urbino

 

* pubblicato anche su Rivista L’Infermiere n° 2/2024

Il mismatch tra domanda e offerta di professioni infermieristiche, un modello di analisi per una ecologia della attrattività*