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Bollettino ADAPT 14 ottobre 2024, n. 36
Ha suscitato pareri discordanti la proposta, avanzata dal Governo spagnolo, di introdurre la cosiddetta baja laboral flexible, un’iniziativa che mira – come sostenuto dalla sua promotrice Elma Saiz, Ministro dell’inclusione, della sicurezza sociale e della migrazione – a modernizzare e rendere più agile il sistema delle incapacità temporanee al lavoro.
L’intento esplicito è quello di spezzare la dicotomia “essere al lavoro” vs “essere in malattia”, e aprire, così, la strada ad uno stato intermedio che consenta, tenuto conto delle circostanze del caso e nel rispetto di determinate condizioni, il ritorno al lavoro in modo progressivo e graduale.
La pandemia da Covid-19, d’altra parte, non ha lasciato come retaggio soltanto la declinazione agile del lavoro come realtà ormai assodata, ma ha altresì evidenziato, più in generale, la necessità di assicurare sistemi lavorativi più flessibili, che siano in grado rispondere a situazioni eccezionali senza compromettere né la salute dei dipendenti né la produttività delle aziende.
Così, in un contesto in cui malattie croniche, disturbi mentali ed altre condizioni di salute richiedono interventi sempre più personalizzati, con questo nuovo sistema di “congedo flessibile” ci si propone di modulare la durata delle assenze per malattia in funzione dell’evoluzione reale della salute del lavoratore, superando il meccanismo dei periodi fissi, che può essere congeniale in alcune situazioni, ma non in altre.
Un ritorno progressivo al lavoro consentirebbe al lavoratore di reintegrarsi gradualmente, combinando giorni di attività con giorni di riposo o, in alternativa, riducendo temporaneamente l’orario di lavoro. Il tutto, promuovendo una maggiore comunicazione tra datore di lavoro, medico e lavoratore, allo scopo di creare un canale diretto tra i soggetti coinvolti che permetta di adattare le condizioni di lavoro alle esigenze di recupero.
Tra le principali modalità in cui può avvenire il rientro graduale al lavoro vengono menzionate, da un lato, il tempo parziale, sia esso orizzontale o verticale, con la possibilità di lavorare mezza giornata o a giorni alterni dedicando il resto del tempo ai trattamenti medici, alla riabilitazione o al riposo; dall’altro, il telelavoro, ove la natura delle mansioni che si è chiamati svolgere lo consenta.
A parere dei proponenti, questa iniziativa gioverebbe tanto ai lavoratori quanto ai datori di lavoro. Rispetto ai primi, un rientro meno brusco favorirebbe un recupero più graduale, riducendo il rischio di ricadute e agevolando la gestione dei trattamenti medici e terapeutici senza perdere il legame con il lavoro. È importante considerare, difatti, anche l’aspetto psicologico, giacché il fatto di poter riprendere a lavorare in maniera graduale riduce, da un lato, il rischio di isolamento, e, dall’altro, lo stress che può essere legato all’ansia di non riuscire a soddisfare le esigenze lavorative.
I datori di lavoro, dal canto loro, trarrebbero vantaggio da una simile misura in termini non solo di riduzione dell’assenteismo, visto che un rientro progressivo può portare ad una riduzione delle assenze prolungate, ma anche di maggiore produttività a lungo termine se si considera che i lavoratori cui si concede maggiore flessibilità rientrano in condizioni migliori e, di conseguenza, commettono meno errori in quanto più efficienti e motivati.
Vanno considerate, ad ogni modo, le implicazioni molteplici che l’implementazione di una tale misura comporterebbe a livello di modifiche normative, coordinamento con la sicurezza sociale e con i servizi di prevenzione e protezione sul lavoro.
A livello normativo, sarà necessario intervenire sul testo dell’Estatuto de los Trabajadores introducendo modifiche che chiariscano come calcolare e remunerare le ore lavorate nell’ambito di questo “congedo flessibile”, garantendo, altresì, che l’adesione a tale modalità non inciderà in alcun modo sui diritti dei lavoratori in termini di condizioni di lavoro e retributive.
A livello di coordinamento con la sicurezza sociale, si renderà necessario adattare i sistemi per adeguare in misura proporzionale le prestazioni economiche in base alle ore lavorate e alle ore di assenza, semplificando, altresì, il più possibile le procedure, affinché medici e lavoratori possano richiedere e gestire le assenze nell’ambito di questa flessibilità senza incorrere in eccessivi ostacoli burocratici.
A livello, infine, di coordinamento tra le aziende e i propri servizi di prevenzione e protezione, si richiederà una più stretta collaborazione, da un alto, in termini di valutazione dei rischi allo scopo di assicurare che un ritorno graduale non metta a rischio la salute del lavoratore o la sicurezza sul luogo lavoro, e, dall’altro, in termini di adattamento del posto di lavoro, effettuando, ove necessario, adeguamenti ergonomici o anche di mansioni in funzione delle esigenze specifiche del dipendente.
Nonostante i vantaggi descritti, la misura proposta suscita, al tempo stesso, preoccupazioni di non poco conto. Tra queste, ad esempio, il rischio che alcuni datori di lavoro possano fare pressioni sui lavoratori affinché tornino al lavoro prima che il recupero sia completo, o che si creino disuguaglianze tra lavoratori che possono o meno usufruire di tale misura. A ciò si aggiunga un aggravio della complessità amministrativa nella gestione dell’orario e delle retribuzioni, nonché nel controllo e monitoraggio da parte di medici e responsabili delle risorse umane.
Ed è proprio facendo leva su queste preoccupazioni che l’annuncio da parte del Ministro Saiz ha generato malumore in particolar modo tra i sindacati, che immediatamente hanno espresso le loro perplessità al riguardo. Dopo le parole di Saiz, la Confederación Sindical de Comisiones Obreras (CCOO) – la più importante centrale sindacale in Spagna, nonché la prima per numero di iscritti e di delegati – ha dichiarato, attraverso il suo segretario con delega alla protezione sociale e alle politiche pubbliche, che «nessuno deve rimanere in malattia un giorno in più del necessario, ma neanche un giorno in meno». Sulla stessa linea, la Unión General de Trabajadores (UGT) ha osservato, nelle parole di Cristina Estévez, segretaria con delega alle politiche istituzionali e territoriali, come questa modifica susciti «molti dubbi», soprattutto con riferimento al rischio di perdere di vista la priorità, che è quella di assicurare ai lavoratori le cure e l’assistenza medica di cui hanno bisogno nel momento opportuno.
Di tali preoccupazioni e perplessità si avrà certamente modo di dibattere nell’ambito del gruppo di lavoro che il Ministro Saiz ha annunciato di voler creare affinché questa sia una riforma basata sul consenso e venga adottata all’insegna del dialogo sociale. A tal fine, ha altresì precisato, da un lato, che il ricorso a questa misura di flessibilità debba avere carattere “volontario”, nel senso che il lavoratore che preferisca aspettare di essere completamente recuperato secondo il parere del medico può continuare a seguire il modello “tradizionale”, e, dall’altro lato, che non si tratta di una «questione economica», ma che, al contrario, l’obiettivo sotteso alla riforma è quello di «ampliare i diritti dei lavoratori».
Si tratta, in buona sostanza, di una proposta che è figlia della tendenza del mercato del lavoro spagnolo a sperimentare cambiamenti anche significativi per adattarsi alle nuove realtà sociali ed economiche. Se approvata, affinché funzioni, ci sarà bisogno di un’efficace campagna di sensibilizzazione e formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori circa il funzionamento della misura e i rispettivi diritti ed obblighi, nonché un’importante operazione di aggiornamento da parte di avvocati e consulenti del lavoro, indispensabile per poter consigliare adeguatamente i propri clienti.
Lavinia Serrani
Ricercatrice ADAPT
Responsabile Area Ispanofona