Cosa emerge dal Joint Statement sul Personal and Household Services Sector: le criticità di un settore dai confini indefiniti

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Bollettino ADAPT 28 ottobre 2024 n. 38
 
A ottobre 2024 è stata pubblicata una dichiarazione congiunta firmata da EFFAT, EFFE, EFSI e UNI Europa sulla carenza di lavoratori e competenze nel settore dei servizi alla persona e alle famiglie (Personal & Household Services – PHS). Il documento prende le mosse dalla lettera di incarico indirizzata alla nuova Commissaria europea per le competenze, le persone e la preparazione, che evidenzia la crescente scarsità di competenze e lavoratori in Europa.
 
L’obiettivo del documento è quello di individuare quale spazio e in quali modalità la rappresentanza, con il supporto formale e sostanziale dell’Unione Europea, possa contribuire a migliorare le generali condizioni di lavoro e di vita delle persone che operano nel settore dei servizi alla persona e alla casa, oltre alla qualità del servizio erogato a beneficio dei destinatari.
 
Il testo si basa sulle evidenze contenute nel Report 2024 Personal and Household Services Employment Monitor, la più grande survey mai realizzata in Europa sul settore PHS. Il report è l’elaborazione di una ricerca quali-quantitativa, che ha provato ad individuare le radici della crisi che colpisce il settore PHS. La survey ha coinvolto 4.000 lavoratori, 2.000 fra beneficiari e famiglie datrici di lavoro e 157 datori di lavoro di aziende o organizzazioni, provenienti da 27 Paesi europei.
 
L’elemento principale che emerge in modo trasversale dalle risposte raccolte è la mancanza di riconoscimento, tanto da un punto di vista formale e legislativo, quanto sul piano del valore sociale di questo settore.
 
Le maggiori criticità individuate dalla survey riguardano: l’incidenza del lavoro nero, la scarsità di attività di formazione e aggiornamento delle competenze dei lavoratori, la conseguente percezione diffusa di un settore low-qualified e le retribuzioni molto basse, che per il 67,5% delle persone che hanno pensato almeno una volta di lasciare il lavoro negli ultimi tre anni, è il motivo principale che determina l’insostenibilità di queste professioni sul lungo termine.
 
Ma quali sono queste professioni? Il documento sembra soffrire una fragilità strutturale legata all’individuazione dei confini del settore al quale vorrebbe rivolgersi: con l’espressione Personal and Household Services si intendono, stando ad una definizione presente in un documento dell’Unione Europea del 2015, «tutti quei servizi forniti da organizzazioni pubbliche o private, o dal terzo settore, che sostituiscono con lavoro retribuito […] lavoro che precedentemente veniva erogato gratuitamente nel contesto domestico» (Thematic review on personal and household services, Commissione Europea, 2015). Questa definizione, piuttosto generica, lascia intuire l’ampiezza del settore e l’estrema varietà che lo caratterizza sia in termini di professioni coinvolte, che di interessi in gioco.
 
Se poi si sposta l’attenzione sulle parti firmatarie, si può notare come l’ampiezza del settore PHS si confermi nella frammentarietà dei soggetti rappresentati. Lato sindacale, UNI Europa rappresenta i lavoratori dei servizi in modo esteso, 7 milioni di persone in 50 Paesi, e include, oltre ai settori assistenza privata e assicurazione sociale, anche molto altro, tra cui per esempio banche, giochi, grafica e imballaggi, parrucchieri e bellezza, intrattenimento e arti, servizi postali e logistica. EFFAT rappresenta 22 milioni di lavoratori che operano su tutta la filiera cibo, agricoltura e turismo. Questa disomogeneità complica notevolmente la possibilità delle parti sociali di esprimere effettivamente un interesse collettivo.
 
Anche sul fronte datoriale è evidente una certa discontinuità: le parti firmatarie rappresentano a loro volta soggetti di varia natura, portatori di interessi differenti: EFFE rappresenta stakeholder che operano nell’ambito dei rapporti di lavoro diretti (direct employment model) nel settore dei servizi domestici e di cura, mentre EFSI rappresenta organizzazioni e aziende che forniscono servizi nel settore della cura della persona e della casa. Difficile credere che le famiglie datrici di lavoro, le imprese e le organizzazioni no profit possano condividere le stesse esigenze.
 
La complessità nel delineare i confini del settore oggetto del Joint Statement e di individuare i lavoratori coinvolti porta ad interrogarsi sul percorso che ha condotto alla firma di questo documento e alla sua reale pregnanza. Quello che emerge è principalmente l’assenza di una logica classica di relazioni industriali: la rappresentanza sindacale presumibilmente fatica, infatti, a rispecchiare gli interessi di un gruppo di lavoratori così variegato, che non può certo manifestare caratteristiche ed esigenze affini. In questa prospettiva quindi il documento sembrerebbe essere costruito principalmente sulle esigenze della domanda di lavoro e non su quelle dell’offerta, come tradizionalmente avviene.
 
La produzione di una dichiarazione congiunta a livello europeo sul settore PHS è senz’altro un atto degno di nota e un segno positivo per un settore che, per quanto dai confini fumosi, si può dire coinvolga molti milioni di lavoratori e, con ogni probabilità, ne coinvolgerà sempre di più nei prossimi anni. Tuttavia, per comprendere come quanto dichiarato possa tradursi in azioni concrete di tutela e valorizzazione dei lavoratori di questo settore, servono criteri e strumenti preliminari per orientarsi all’interno del vasto mondo di professioni coinvolte. Una prima macro distinzione, indubbiamente complessa ma fondamentale, potrebbe essere quella fra ciò che è cura della persona e ciò che non lo è, a partire dall’osservazione, magari sul piano nazionale, degli attori della rappresentanza che guardano esplicitamente ai lavoratori della cura.
 
Giorgia Martini

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@martinigiorgia8

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