Ferie in regalo. Il dono di un giorno di permesso retribuito può risultare, in caso di malattie in famiglia, un nuovo modo di interpretare e intendere il welfare . L’idea di una colletta da parte dei colleghi di lavoro per consentire a un padre o a una madre di restare a casa, ad assistere un figlio malato, è in via di approvazione e verrà recepito nel disegno di legge delega sul lavoro, il cosiddetto Jobs act. Il provvedimento nei prossimi giorni passerà al vaglio della commissione lavoro al Senato.
Siccome è una novità a costo zero per il bilancio dello Stato tutto lascia presumere che la proposta, presentata dalla senatrice Emanuela Munerato della Lega Nord, verrà adottata, come conferma il relatore di maggioranza Maurizio Sacconi. Replicando così il contenuto di una norma approvata dall’Assemblea Nazionale parigina e ribattezzata «legge Mathys», in nome di un bambino di 10 anni la cui vicenda ha molto colpito l’opinione pubblica francese. La storia non ha un lieto fine, ma la solidarietà che ha circondato Christophe Germain, un lavoratore dello stabilimento Badoit di Saint Galmier, è servita a trasformare un atto di generosità in una legge. Mathis, il figlio di Christophe Germain, era una bambino malato di tumore. Nel 2009, dopo l’ennesima ricaduta, il padre si è trovato nell’impossibilità di continuare ad assisterlo poiché aveva utilizzato tutti i giorni di vacanza e di permesso a sua disposizione. È nata così l’iniziativa, concordata tra l’azienda e i suoi colleghi, di poter rinunciare ai giorni di permesso retribuito e trasferirli a Christophe per consentirgli di restare vicino al piccolo Mathis. Un tempo prezioso, che ha permesso al padre di essere a fianco del figlio fino all’ultimo giorno di vita. «Un grande gesto di solidarietà che attraverso una legge fissa la possibilità di cedere le ferie a colleghi in grave difficoltà», spiega Munerato.
In Italia si potrà, insomma, prevedere la possibilità da parte di un dipendente (sia pubblico che privato) di rinunciare a uno o più giorni di ferie per farne «regalo» a un collega di ufficio o di reparto che abbia specifiche esigenze familiari. In dettaglio, nell’emendamento alla norma del Jobs act che tratta «di maternità e conciliazione dei tempi di vita e lavoro» si è stabilito, per ora, di garantire questa possibilità in caso di figli minori affetti da gravi malattie, patologie, handicap o vittime di incidenti che necessitino di presenza fisica e cure. Maurizio Sacconi, ex ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e attuale presidente della commissione lavoro del Senato e relatore di maggioranza, ritiene che la proposta verrà approvata e aggiunge che così facendo «si concepisce l’azienda come una comunità di persone nella quale dotarsi di servizi solidali». Una buona prassi per un modello di welfare avanzato che in Italia è già stato declinato pur in assenza di una legge.
Nei mesi scorsi il giornale «Il Tirreno» ha raccontato la storia di Rossella Cionini, autista di autobus in provincia di Pisa, che ha affrontato il calvario di una malattia senza perdere neanche un giorno di stipendio. Dopo una serie di interventi e terapie Cionini, dipendente dell’azienda dei trasporti locali Ctt Nord, si è trovata a un bivio: continuare le cure senza disporre più di ferie e permessi retribuiti. C’era il rischio cioè di perdere lo stipendio necessario a vivere. La vicenda ha trovato soluzione grazie all’azienda che ha acconsentito che i dipendenti di Ctt Nord rinunciassero a un giorno di ferie per donarlo a Rossella. In tutto le sono state regalate oltre 250 giornate retribuite (non tutte da lei utilizzate) che le hanno permesso di proseguire le cure fino alla data del suo rientro, nella primavera scorsa. L’esperimento è riuscito e, tra l’altro, è stato deciso di lasciare i giorni non utilizzati in una sorta di «fondo» aziendale da cui attingere in caso di vicende analoghe. «Nel Jobs act questa possibilità non è prevista, ma alcune ulteriori modifiche potrebbero essere adottate allargando la casistica a cui applicare questi atti di solidarietà», conclude Munerato.
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Le ferie in regalo a chi ne ha bisogno. L’Italia segue il modello francese