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Bollettino ADAPT 25 novembre 2024, n. 42
L’ultimo rapporto Inapp sull’apprendistato analizza la dimensione dei flussi in entrata e in uscita, tracciando assunzioni, trasformazioni e cessazioni contrattuali. I dati raccolti nel rapporto prendono in considerazione il triennio 2020–2022, tuttavia i sensibili aumenti osservabili nel periodo 2020–2021 riflettono con tutta probabilità il trend di ripresa della fase post-pandemica. Per valutare l’effettivo andamento dei flussi associati a questa tipologia contrattuale, è quindi opportuno considerare, sulla base dei dati elaborati da Inapp, soprattutto le variazioni intercorse nel biennio 2021–2022, periodo che riflette una fase post-pandemica più stabile e rappresentativa delle dinamiche del mercato del lavoro.
Secondo i dati Inps riportati nel rapporto, tra il 2021 e il 2022 il numero di assunzioni in apprendistato è aumentato di circa 42 mila unità, passando da 365.886 a 408.457 (+11,6%). L’incremento è stato più significativo per le donne (+15,7% contro il +9% registrato per gli uomini), sebbene, nel 2022, il numero di apprendisti uomini rimanga nettamente superiore rispetto a quello delle apprendiste donne (240.734 contro 167.723). Sempre con riferimento al 2022, più della metà dei contratti di apprendistato è stata attivata nell’area del Nord Italia (58,1%), seguita dal Centro (24,2%) e dal Mezzogiorno (17,7%). Sul biennio 2021–2022, la crescita maggiore si è registrata nelle regioni del Centro (+15,2%).
Per quanto riguarda i settori di attività economica con il maggior numero di apprendistati attivati nel 2022, si evidenziano: il comparto alberghiero e della ristorazione, con circa 102 mila contratti, e quello del commercio, con circa 64 mila contratti. In termini di crescita rispetto all’anno precedente, le variazioni più significative si sono registrate nel settore delle attività professionali e dei servizi di supporto alle imprese e nei servizi di alloggio e ristorazione (+20% e +18,2%, rispettivamente).
Dal punto di vista delle cessazioni contrattuali, si registra una crescita di circa 29 mila unità, da 192.570 a 222.314 (+15,4%). Il gruppo delle donne, che, come evidenziato, registra la crescita più significativa nel numero di rapporti attivati, è anche quello che mostra l’aumento maggiore nelle cessazioni (+17,2% rispetto al +14,4% degli uomini). In termini assoluti, l’incidenza delle cessazioni contrattuali tra gli apprendisti uomini è maggiore rispetto a quella delle apprendiste donne (60,5% contro 39,5%), vista la prevalenza maschile sul totale degli apprendisti. Rispetto al 2022, il settore dei servizi di alloggio e ristorazione è quello che ha registrato il maggior numero di cessazioni (48.256) ed è anche quello che, insieme al settore delle costruzioni, ha segnato la crescita maggiore sull’anno precedente (+18,1%). Nel 2022, le cessazioni più frequenti sono state per dimissioni, con un totale di 162.429 casi (73,1% sul totale delle cessazioni), in aumento rispetto al 2021 (+13,2%). Tuttavia, la crescita maggiore si è avuta nei licenziamenti, dove si è registrato un incremento pari al 31,3% (con 45.508 cessazioni complessive nel 2022, il 20,5% del totale). In particolare, il settore delle costruzioni ha visto il maggior incremento delle cessazioni per licenziamento (+55,4%), seguito dal comparto alberghiero e della ristorazione (+35,1%). Il comparto edilizio è anche quello associato alla crescita più significativa nel numero di cessazioni per dimissioni (+19,2%).
Per quanto riguarda le trasformazioni da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato, si osserva un lieve aumento di 4 mila unità nel periodo 2021–2022 (+4,4%), con un coinvolgimento più marcato della componente femminile (+5,8%). La crescita più significativa nel numero di trasformazioni è stata registrata nel Sud Italia (+16,9%), che però rappresenta solo il 17,7% delle trasformazioni totali registrate a livello nazionale (contro il 59% del Nord e il 23,3% del Centro). Dal punto di vista settoriale, nel 2022 il comparto della manifattura e quello del commercio hanno visto il maggior numero di trasformazioni (19.877 e 24.622, rispettivamente), mentre il segmento dei servizi di alloggio e ristorazione e quello delle costruzioni hanno registrato la crescita maggiore nel biennio 2021–2022 (+18,6% e +13,5%, rispettivamente).
Su questo tema, va segnalato come nei rapporti periodici Inapp sull’apprendistato non venga riportato il tasso di trasformazione contrattuale (che esprime il rapporto tra trasformazioni e contratti potenzialmente trasformabili), un indicatore che consentirebbe una valutazione più completa del fenomeno.
Il rapporto raccoglie alcune rilevazioni Inps sulla distribuzione percentuale per durata del rapporto di lavoro in apprendistato nella stessa azienda con riferimento a contratti attivati nel 2017 e nel 2020. Secondo le evidenze raccolte rispetto al 2017, la durata media di questi contratti è stata di 19,2 mesi. Un dato interessante riguarda il comparto dei servizi di alloggio e ristorazione, dove quasi la metà degli apprendisti (47,3%) ha avuto una permanenza inferiore ai 6 mesi nella stessa azienda, portando la durata media dei contratti in questo settore a soli 12 mesi. Per i contratti stipulati nel 2020, sempre nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione, quasi il 70% degli apprendisti non ha superato l’anno di permanenza. Un dato simile si osserva nel settore dei servizi sociali e alla persona, dove il 47,4% degli apprendisti lascia l’azienda entro il primo anno di contratto.
I dati relativi a comparti caratterizzati da un elevato turnover del personale, come quello dell’alloggio e della ristorazione, suggeriscono una probabile correlazione con l’incidenza della stagionalità sui settori in questione. Il CCNL Turismo consente infatti alle aziende di assumere apprendisti stagionali, purché si accerti, nel caso per esempio degli apprendisti di primo livello, la coerenza fra attività lavorative (ossia la figura contrattuale) e titolo di studio (la qualifica o il diploma). Tuttavia, proprio le esigenze legate alla stagionalità riducono probabilmente le possibilità di stabilizzazione del contratto di lavoro dell’apprendista, una volta terminata la “stagione” appunto. In situazioni di questo tipo, diventa ancora più importante garantire che l’applicazione del contratto di apprendistato sia pienamente coerente con le finalità proprie di questa tipologia contrattuale, finalità che si fondano in primo luogo sul valore formativo dell’esperienza di lavoro.
Il rapporto Inapp fornisce inoltre un approfondimento interessante sulla condizione occupazionale a fine 2022 di due coorti di apprendisti, assunti rispettivamente nel 2005 e nel 2010. Analizzando la condizione lavorativa complessiva, si rileva che per entrambe le coorti la quota di soggetti attivi è pari al 78,8%, mentre il 21,2% risulta in condizione di inattività. All’interno della popolazione attiva, la maggior parte degli individui risulta occupata come lavoratore dipendente (65,6% per la coorte 2005 e 67,2% per quella 2010), con situazioni diverse rispetto al tipo di contratto e all’azienda di impiego. In particolare, sul totale dei lavoratori dipendenti, solo una percentuale limitata mantiene un rapporto a tempo indeterminato con l’impresa dove ha svolto l’apprendistato (6,9% per la coorte 2005 e 12,1% per quella 2010), mentre quote ben più consistenti hanno un contratto a tempo indeterminato presso altre aziende (68,7% e 62,6%, rispettivamente). La restante parte (24,4% per la coorte 2005 e 25,3% per la coorte 2010) risulta impiegata con altre tipologie contrattuali rispetto al tempo indeterminato.
Un ultimo dato significativo emerso dal rapporto Inapp riguarda gli ex-apprendisti beneficiari di NASpI. Nel biennio 2021–2022, il numero di ex-apprendisti che hanno ricevuto l’indennità di disoccupazione è salito da 30.607 a 31.974 (+4,5%), con un incremento particolarmente marcato nel Mezzogiorno (+10,3%) e nel Centro (+9%). Per il 2022, la distribuzione territoriale evidenzia una netta prevalenza di beneficiari nel Nord (55,3% del totale), mentre dal punto di vista di genere si osserva una maggiore presenza femminile (55,3% rispetto al 44,7% degli uomini). Questi dati suggeriscono una crescente rilevanza dello strumento di sostegno al reddito anche per questa particolare categoria di lavoratori.
Nel complesso, i dati forniti dall’ultimo rapporto Inapp sull’apprendistato delineano un quadro di crescita contenuta (considerando il saldo tra nuove assunzioni e cessazioni per licenziamento e dimissioni). Il lieve incremento registrato ha riguardato tutto il territorio nazionale (+44 mila unità) e ha coinvolto in modo particolare la componente femminile, che ad oggi resta quella più svantaggiata nel mercato del lavoro. La parallela crescita delle cessazioni prima del termine, soprattutto per dimissioni ma anche per licenziamento (+30 mila unità), è forse il dato più rilevante, nella misura in cui questa tipologia contrattuale trova il suo senso principalmente nella dimensione formativa e l’interruzione precoce ha con tutta probabilità un impatto negativo sul percorso di crescita degli apprendisti. Un ultimo elemento su cui il rapporto insiste riguarda le prospettive degli apprendisti: dall’osservazione degli esiti occupazionali di chi è stato assunto in apprendistato nel 2005 e nel 2010 si nota la forte incidenza, ad oggi, dei contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, come già evidenziato in questo articolo, sarebbe indispensabile poter accedere a dati relativi al rapporto tra trasformazioni in contratti a tempo indeterminato e contratti potenzialmente trasformabili, affinché sia possibile restituire una ricostruzione più puntuale e veritiera delle effettive potenzialità e del grado di stabilità del contratto di apprendistato.
Michele Corti
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena
@michele_corti
Giorgia Martini
PhD Candidate ADAPT – Università di Siena
@martinigiorgia8
Jacopo Sala
Apprendista di ricerca ADAPT