L’apprendistato duale nell’ultimo rapporto Inapp-Inps: i principali dati ed evidenze

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Bollettino ADAPT 25 novembre 2024, n. 42
 
Con il XXII Rapporto di monitoraggio in tema di apprendistato, curato dall’INAPP in qualità di Organismo Intermedio del Programma Nazionale “Giovani, Donne e Lavoro” FSE+ 2021-2021, è stata pubblicata un’analisi dello stato dell’occupazione in apprendistato dai dati Inps 2020-2022 ed illustrati alcuni aspetti come le tipologie contrattuali, le caratteristiche anagrafiche dei lavoratori in apprendistato, il numero di rapporti di lavoro in apprendistato avviati e cessati nell’anno, la durata media dei contratti di apprendistato, la distribuzione per settori di attività economica. Sono di seguito analizzate due tipologie di apprendistato: l’apprendistato di primo livello – apprendistato di qualifica e diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e certificato di specializzazione tecnica superiore e l’apprendistato di terzo livello – apprendistato di alta formazione e ricerca. Due tipologie di apprendistato ancora assolutamente residuali, in Italia: “pesano” rispettivamente il 2,1% – circa 11.000 contratti – e lo 0,2% – con poco più di 1.000 contratti – sul totale degli apprendistati attivati. La pubblicazione del rapporto Inapp-Inps è quindi utile per approfondire l’effettiva diffusione dell’apprendistato “duale”, nelle sue due tipologie, e per verificare quali sono i “segnali di potenziamento” a cui fa riferimento il titolo del rapporto.
 
Andamento dei percorsi formativi di primo livello: crescita e tendenze
 
Dal XXII Rapporto di monitoraggio Inapp-Inps emerge un quadro positivo riguardo all’evoluzione dell’apprendistato di primo livello, evidenziando una crescita significativa rispetto ai dati del Rapporto 2020/2021. Nel biennio successivo, infatti, si è registrato un incremento costante del numero di percorsi formativi attivati. In particolare, nell’anno 2021/2022 sono stati avviati 8.890 percorsi di apprendistato di primo livello, con un aumento del 31,4% rispetto ai 6.764 percorsi attivati nell’anno precedente. La tendenza positiva è proseguita anche nell’anno 2022/2023, durante il quale si è osservato un ulteriore incremento del 7,8%, portando il totale dei percorsi attivati a 9.586.
 
Con riferimento all’anno 2022/2023, il rapporto Inapp-Inps analizza anche la suddivisione dei contratti di apprendistato di primo livello in base alla fonte di finanziamento. Si tratta, infatti, della prima annualità in cui è stato attivato il finanziamento del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) dedicato allo sviluppo del sistema duale, incluso l’apprendistato. Tuttavia, dall’analisi emerge che, tra i contratti attivati, poco meno del 30% degli apprendisti di primo livello ha seguito percorsi formativi finanziati dal PNRR, mentre il restante 70% ha usufruito di finanziamenti provenienti da fonti nazionali e comunitarie ordinarie. Significative differenze nell’utilizzo del finanziamento PNRR emergono a livello territoriale. Nel Nord-Ovest del Paese, il 76% degli apprendistati rientra nel piano PNRR, contro appena l’1% nel Nord-Est. Quest’ultimo dato risulta essere influenzato dall’esclusione di Trento e Bolzano dai destinatari delle misure previste dal PNRR. Percentuali modeste si registrano anche nel Mezzogiorno, dove solo il 3,2% dei percorsi è finanziato con risorse PNRR, mentre nel Centro la quota si attesta poco sotto il 18%. 
 
Ponendo il focus sulla distribuzione geografica, il dato che più facilmente risalta è la concentrazione degli apprendisti di primo livello nel Nord Italia, in cui sono formati quasi il 90% rispetto al totale, nuovamente in aumento rispetto al biennio 2021/2022 (86,73%), il quale aveva registrato un calo rispetto al biennio 2020/2021 (92,8%). Oltre alle percentuali specifiche per i relativi bienni, ciò che rileva è una tendenza alla concentrazione di tali apprendisti nelle regioni del Nord, in cui la capolista rimane la Provincia Autonoma di Bolzano, sebbene il divario con la Lombardia di circa 20 punti percentuali si sia notevolmente ridotto a partire dal biennio 2021/2022. Anche il Veneto registra un notevole aumento, diventando la terza regione per numero di apprendisti di primo livello.
 
Nel Centro-Sud, le variazioni registrate, in negativo o in positivo, risultano di poca ampiezza. Rimane, tuttavia, rilevante il dato della Sicilia, che nel biennio 2021/2022 era aumentato di circa 6 punti percentuali, registrando poi un lieve calo in quello successivo.  Si ascrive questo aumento all’influenza del PNRR che ha promosso lo sviluppo del sistema duale. Sebbene il divario geografico fra nord e altre regioni sia molto ampio, la presenza di percorsi formativi al Centro-Sud inizia a denotare una diversificazione geografica, la quale, tuttavia, non risulta uniforme, in quanto si registrano aumenti in alcune regioni e cali in altri. Bolzano rappresenta inoltre l’unico territorio in Italia in cui l’apprendistato di primo livello è più diffuso rispetto all’apprendistato professionalizzante.
 
Per quanto concerne la tipologia dei percorsi formativi seguiti, la maggior parte continuano ad essere utilizzati per ottenere la qualifica e il diploma professionale, i quali registrano un aumento rispetto all’anno precedente. Il peso percentuale rispetto alle altre tipologie, tuttavia, registra un calo a favore dei percorsi per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore e del certificato di specializzazione tecnica superiore – l’aumento significativo di quest’ultimo mostra valori più che triplicati. Nonostante l’incremento, queste due tipologie presentano in termini assoluti numeri ancora modesti. Ancora una volta gli aumenti non presentano uniformità geografica: il Nord Italia continua ad essere trainante per l’ottenimento della qualifica del diploma professionale. Anche per i percorsi IFTS il Nord Italia registra degli aumenti, ma si riscontrano dei dati positivi anche per la regione della Toscana; in calo invece le regioni del Sud Italia, in cui è determinante la contrazione dovuta alla riduzione del numero di iscritti in Puglia, ossia l’unica regione a proporre tali percorsi.
 
Per quanto concerne gli apprendisti minori, il numero, dopo aver registrato un calo nel biennio 2020/2021, ha subito un significativo aumento negli anni successivi. Analogamente a quanto già analizzato, sono le regioni del Nord Italia ad ospitare il numero più elevato di apprendisti, nello specifico in Lombardia – che ha superato la provincia Autonoma di Bolzano – ma anche in altre regioni, come il Veneto e il Piemonte. Nel Sud Italia, la tendenza è in calo, dove gli apprendisti rappresentano solo l’1,2% del totale del 2022/2023.
 
Andamento dei percorsi formativi di terzo livello: crescita e tendenze
 
Anche la partecipazione alla formazione per l’apprendistato di terzo livello registra una crescita positiva (+63,2%) rispetto alle annualità precedenti, registrando 1417 iscritti ai percorsi formativi e, come di consueto, gli apprendisti di terzo livello in formazione si concentrano nel Nord del Paese, che nel 2023 raccoglie un bacino d’utenza pari a 1085 unità (76,5% del totale degli iscritti), una quota comunque in significativa discesa rispetto a quella del 2022 (83,1%) e del 2021 (93,6%); significativa è anche la discrepanza tra il Nord-Ovest (60,6%) e il Mezzogiorno (7%), che addirittura nel 2021 non registra apprendisti in formazione. Un incremento rilevante è da segnalare tra gli apprendisti inseriti nei percorsi di alta specializzazione tecnica (erogati dagli Istituti Tecnologici Superiori-ITS Academy), grazie alla spinta della recente riforma del sistema di istruzione terziaria professionalizzante (non accademica) questi apprendisti da 68 nel 2021 aumentano a 422 nel 2022 e a 773 nel 2023. Anche nel 2023, come nelle annualità precedenti, la stragrande maggioranza degli apprendisti iscritti ai percorsi di master è inserita in master di I livello (25%); la parte restante partecipa, invece, a master di II livello (7,7%) e, in un solo caso, a master Afam. Meno numerosi, ma in aumento, gli apprendisti inseriti nei percorsi volti al conseguimento di una laurea (triennale o magistrale): sono 40 nel 2021, 45 nel 2022 e 115 nel 2023, rappresentando rispettivamente il 6,6%, il 5,2% e l’8,1% del totale.
 
L’apprendistato di terzo livello, più delle altre tipologie di apprendistato, non è ancora pienamente valorizzato sia dalle imprese che dagli studenti; questi ultimi nella scelta del percorso post-diploma sono orientati e proiettati maggiormente verso percorsi accademici già strutturati e consolidati. Il conseguimento della laurea sembra essere più versatile e lascia aperta allo studente la possibilità di candidarsi a diversi ruoli e di ambire ad uno status professionale più prestigioso; inoltre, la forte preferenza culturale per i percorsi universitari, considerati spesso come l’unica strada per il successo professionale, ha relegato l’apprendistato ad un canale formativo di “serie B”, influenzando negativamente la scelta degli studenti che percepiscono comunque i percorsi accademici come più prestigiosi. Ad ogni modo, le differenze territoriali sono molto influenti: più sono avanzati e collaborativi i sistemi di formazione e lavoro, maggiore è l’attenzione riposta dal legislatore pubblico nel promuovere questa tipologia di percorsi e di conseguenza, maggiore è l’attrattività di questo canale formativo sia per le imprese che per gli studenti. Attraverso interventi mirati, e supporto tecnico alle imprese, l’apprendistato duale potrebbe diventare una leva fondamentale per ridurre il c.d. mismatch tra formazione e mercato del lavoro, oltre che contribuire all’occupabilità e all’occupazione giovanile.
 
Uno sguardo d’insieme
 
Ciò che univocamente accomuna i trend per il primo e il terzo livello dell’apprendistato è da rinvenirsi nella componente degli iscritti ai percorsi, in larghissima maggioranza maschile e tra l’altro in aumento rispetto a quanto registrato nelle precedenti annualità.
 
I percorsi di apprendistato presentano, inoltre, numerose differenze e disomogeneità dovute al contesto geografico entro cui sono attivati. Di fatto, le regioni del Nord Italia e alcune regioni del Centro-Nord tendono ad avere programmi più strutturati grazie alla cospicua presenza di realtà aziendali di dimensioni tali da permettere loro di investire su questi strumenti formativi o comunque già storicamente in dialogo con i percorsi formativi locali, e di una fitta rete di collaborazione instaurata con gli enti di formazione del territorio. Questa collaborazione ha permesso ad alcune imprese e agli enti di formazione presenti sul territorio di lavorare in sinergia per implementare il canale dell’apprendistato e di programmare il piano dell’offerta formativa anche sulla base delle dinamiche della domanda occupazionale che insiste nei rispettivi territori.
 
Un ulteriore nodo è quello relativo alla temporaneità degli incentivi – quali sgravi fiscali, riduzione dei contributi previdenziali e di incentivi per la formazione –  concessi alle imprese che scelgono di investire nell’apprendistato fino al termine di copertura assicurata dai benefici, approfittando più dell’opportunità di risparmio che della possibilità di ritenere l’apprendista entro il contesto d’impresa, quale risorsa le cui competenze specialistiche sono state – tra l’altro – costruite su misura rispetto alle esigenze aziendali. In questi casi, la questione risulta complessa e richiede un equilibrio tra diversi elementi: occorre in primo luogo stimolare l’occupazione giovanile tramite incentivi all’assunzione; in secondo luogo, rendere attrattivi i percorsi in apprendistato ed incentivare le imprese sul lungo termine, oltre che offrire loro supporto tecnico per l’integrazione dei percorsi di apprendistato, affinché gli stessi percorsi siano effettivamente promossi e trovino continuità nel tempo. In quest’ultimo caso, molto più che le aziende di grandi dimensioni, potrebbero beneficiarne le piccole e medie imprese, che guarderebbero al “beneficio futuro” piuttosto che al “costo immediato” di un giovane apprendista; in ultimo è indispensabile monitorare l’efficacia degli incentivi, badando che vengano amministrati di modo che contribuiscano ad un aumento fattuale dell’occupazione giovanile.
 
Il successo concreto dello strumento deriva dalla collaborazione sinergica tra il settore pubblico, il sistema educativo e le imprese che lo adottano, creando un modello capace di valorizzare la qualità della formazione e promuovere lo sviluppo dei giovani talenti all’interno delle organizzazioni. Fondamentale sarebbe allora anche il monitoraggio della formazione interna per accertare che le aziende costruiscano percorsi di formazione di qualità, non limitandosi a impiegare apprendisti per lavori ripetitivi o a scarso valore aggiunto.
 
La chiave di volta è da rinvenirsi in un tipo di approccio integrato che sia in grado di orientare le politiche pubbliche, le imprese e le istituzioni educative e formative nella creazione di percorsi di apprendistato di qualità sia per i futuri lavoratori che per le imprese, assicurando percorsi di crescita professionale per gli apprendisti e lo sviluppo di competenze spendibili sia intra contesto, che a favore della mobilità e dell’apprendimento continuo – così come progettato a monte dal Framework for Quality and Effective Apprenticeship  europeo.
 
Solo attraverso un approccio sistemico e coordinato è possibile rendere il percorso di apprendistato una scelta privilegiata e non una soluzione economica di ripiego; questa può costituire, di fatto, un’opportunità di apprendimento per gli studenti e per le imprese un’occasione per investire sulla formazione delle competenze, quale motore di innovazione e sviluppo. 
 

Silvia Loponte

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@LoponteSilvia
 
Chiara Nardo

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@Chiaranardo00
 
Angela Zaniboni

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@AngZanib

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