L’Italia nel 2023: economia, lavoro e politiche sociali tra inflazione, riforme e nuovi conflitti sindacali

Bollettino ADAPT 7 gennaio 2025 , n. 1
 
Lo scorso 26 luglio 2024 è stato pubblicato da Eurofound un report in merito agli sviluppi della vita lavorativa in Italia nel corso del 2023, ponendo particolare attenzione al tema dell’inflazione, alle misure messe in capo dal governo per contrastarne gli effetti e i contrasti scaturiti sia in ambito strettamente politico che a livello delle relazioni sindacali.
 
I principali dati economici del 2023
 
Nel 2023, l’Italia ha registrato una crescita economica moderata, con un incremento del PIL dello 0,7% nel corso del 2023. Per quanto riguarda l’andamento del mercato del lavoro, il rapporto evidenzia un aumento degli occupati (+65.000), trainato principalmente dalla crescita dei lavoratori a tempo indeterminato e autonomi, accompagnato da una riduzione dei contratti a termine. Di conseguenza, il tasso di occupazione è salito rispetto all’anno precedente al 61,5%, mentre quello di disoccupazione è rimasto stabile al 7,6%.
 
Come anticipato, un focus particolare è stato dedicato all’inflazione, che, dopo i picchi registrati nel corso del 2022, ha subito un rallentamento significativo nel 2023 grazie principalmente alla riduzione dei prezzi dell’energia. Secondo quanto riportato dall’ISTAT a dicembre 2023, l’incremento dell’indice dei prezzi al consumo è stato pari al 5,7%, dato in calo rispetto all’8,1% registrato l’anno precedente.
 
Contrattazione collettiva e salario minimo legale
 

In Italia, dal punto di vista normativo, non è presente un salario minimo legale, di conseguenza la risposta agli effetti dell’inflazione, al fine di difendere il potere d’acquisto dei lavoratori, è demandata alla contrattazione collettiva che determina, per ogni settore, gli importi minimi a livello nazionale, seppur nei contratti collettivi esistono dei meccanismi che adeguano i minimi contrattuali a seconda degli aumenti dell’indice IPCA e quindi dell’inflazione. Nonostante il tasso di copertura della contrattazione collettiva sia superiore alla soglia prevista dalla direttiva europea sul salario minimo (80%), la forte impennata dell’inflazione nel corso del 2022 ha generato un calo nel 2023 del livello dei salari negoziati, in valori reali, di quasi il 3%, come riportato sempre da Eurofound. Tale problematica è accentuata anche dai mancati rinnovi di alcuni CCNL scaduti, tanto che, come riporta il CNEL al 1° settembre 2023, ben il 54% dei lavoratori risultava coperto da CCNL non rinnovati, dati in linea anche con quanto riportato dal Rapporto ISTAT pubblicato nel dicembre 2023.
 
A tal proposito, nel 2023, i partiti di opposizione hanno depositato una proposta di legge al fine di introdurre un salario minimo legale, pari a 9 euro l’ora. Tale proposta, però, è stata stravolta da un emendamento discusso nel mese di ottobre 2023 che, una volta approvato, ha delegato al Governo il compito di intervenire al fine di rafforzare la contrattazione collettiva. Su questo tema, la spaccatura non riguarda, come visto, solo i partiti politici, ma esiste una divergenza di idee anche tra le parti sociali, con CGIL e UIL che sono più aperte all’introduzione del salario minimo, mentre la CISL e le organizzazioni datoriali spingono per rafforzare la contrattazione collettiva.
 

Gli interventi normativi del Governo

 
Sul tema dell’inflazione e la difesa del potere d’acquisto per i lavoratori il Governo è intervenuto direttamente tramite la Legge di Bilancio 2023 (legge n. 197/2022) che ha previsto l’estensione della riduzione del cuneo fiscale del 3% per i redditi fino ai 25.000 euro e del 2% per i redditi compresi tra i 25.000 e i 35.000 euro. A ciò si aggiunge anche la riduzione dell’aliquota applicata ai premi di produzione, che è passata dal 10% al 5%. Infine, sono stati previsti degli incentivi fiscali per favorire l’assunzione a tempo indeterminato di giovani under 35 e donne da parte delle aziende.
 
Per far fronte all’incremento dei prezzi dell’energia, invece, il governo ha aumentato il numero di beneficiari idonei per il bonus sociale elettricità e gas, alzando la soglia di reddito da 12.000 a 15.000 euro oltre ad aver esteso il credito d’imposta per le imprese che acquistano elettricità e gas naturale.
 
Oltre a quanto previsto dalla Legge di Bilancio, bisogna ricordare anche gli interventi introdotti dal Decreto Lavoro (legge n. 48 del 2023). In primo luogo, è stato semplificato l’uso dei contratti a termine, rendendone sia più flessibile il rinnovo che l’estensione dei contratti oltre i 12 mesi, mentre ha escluso alcune categorie di lavoratori dai limiti sui contratti di somministrazione a tempo indeterminato. È stata inoltre adottata una misura per ridurre il divario retributivo di genere, con incentivi per le assunzioni in settori con disparità superiori al 25%.
 
Un’altra importante novità, riguardante famiglie che versano in situazioni di difficolta socioeconomiche, è senza dubbio l’abolizione del Reddito di Cittadinanza, sostituito con l’Assegno di Inclusione (c.d. ADI). In particolare, l’ADI può essere richiesto dai nuclei familiari con ISEE inferiore a 9.360 euro e un reddito famigliare non superiore a 6.000 euro, all’interno dei quali vi siano persone affette da disabilità, minori, persone con età superiore ai 60 anni o in condizioni svantaggiate e facenti parte di programmi di cura e assistenza. L’importo massimo erogabile è pari a 600 euro mensili, innalzabile a 630 euro al mese per nuclei familiari con componenti con disabilità o di età superiore a 67 anni, inoltre nel caso in cui il nucleo familiare viva in affitto è previsto un ulteriore importo pari a 230 euro.
 
Rispetto al Reddito di Cittadinanza, l’ADI coinvolge un numero inferiore di famiglie, con criteri di età ed economici più rigorosi, conseguentemente la platea di possibili beneficiari si è ridotta, secondo le stime di circa 900.000 unità familiari.
 
Gli scioperi nel corso del 2023

 
Nel corso dell’anno in merito alle tematiche sopra citate si è sviluppato un confronto acceso sia a livello politico che sindacale tanto che nel corso del 2023 sono stati proclamati oltre 1.400 scioperi, tra cui occorre ricordare lo sciopero generale nazionale indetto per il 17 novembre, con l’obiettivo di esprimere un forte dissenso sia nei confronti della Legge di Bilancio che sul mancato rinnovo dei CCNL scaduti.
 
A livello nazionale, lo sciopero si è articolato tramite una manifestazione principale svolta a Roma e una serie di dimostrazioni anche in molte altre città del centro Italia. Inoltre, le organizzazioni sindacali si sono scontrate con il Vicepremier e Ministro dei Trasporti Matteo Salvini che ha più volte chiesto di ridurre l’orario dello sciopero per i servizi pubblici a 4 ore. A seguito del rifiuto dei sindacati, fatta eccezione per il trasporto aereo, il Ministro ha firmato un’ordinanza di precettazione che ha limitato l’orario dello sciopero alla fascia tra le 9 e le 13.
 
Un altro sciopero diffuso, organizzato dai sindacati FILCAMS-CGIL, FISASCAT-CISL e UILTUCS, ha coinvolto oltre cinque milioni di lavoratori in vari settori ed è stato indetto tre giorni prima di Natale con lo scopo di chiedere il rinnovo di contratti scaduti da circa tre anni ma anche aumenti salariali necessari per contrastare l’impatto dell’inflazione, che ha eroso significativamente salari già bassi. Questa protesta, durata 24 ore, ha visto manifestazioni in cinque città italiane: Roma, Milano, Napoli, Cagliari e Palermo.

 
Valutazione d’insieme
 
In definitiva, dall’indagine Eurofound emerge chiaramente come il 2023 sia stato, per il nostro Paese, un anno caratterizzato da un aumento dell’occupazione, soprattutto a tempo indeterminato, che non è stata affiancata da una decisa crescita economica, con il PIL cresciuto meno dell’1%. In questo scenario economico la sfida più grande è stata senza dubbio la risposta al problema dell’inflazione e, di riflesso, della difesa del potere d’acquisto eroso nel corso dell’anno precedente.
 
A tale scopo è intervenuto direttamente il Governo che tramite la Legge di Bilancio e il Decreto Lavoro ha disposto alcuni interventi volti a ridurre il cuneo fiscale e sostenere attivamente il mercato del lavoro. Tra le soluzioni adottate però non figura, nonostante le indicazioni della Direttiva Europea, l’introduzione del salario minimo legale: a tal riguardo i partiti di maggioranza perseguono l’idea che la definizione di un salario adeguato debba rimanere in capo esclusivamente alla contrattazione collettiva, di fatto rigettando la proposta di un minimo salariale pari a 9 euro avanzata dalle opposizioni e sostenuta da alcune sigle sindacali. Tale scelta, come visto, ha acceso il dibattito politico e sociale, con diverse manifestazioni organizzate dalle sigle sindacali più rappresentative culminate con lo sciopero generale indetto nel novembre 2023.
 
Youri Giovannoni

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

@GiovannoniYouri

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