Bollettino ADAPT 13 gennaio 2025 n. 2
Il tasso di disoccupazione ha toccato il livello più basso da quando esistono le serie storiche, scendendo al 5,7%. Si tratta di un dato indubbiamente positivo, tanto più che è ormai saldamente inferiore alla media europea e a paesi come la Francia, la Spagna, la Danimarca. Festeggiare questo dato non deve però distrarci, senza che questo appaia come benaltrismo, dal vero nodo critico italiano, che ci posiziona all’ultimo posto in Europa, ossia il tasso di occupazione. Questo, nonostante sia anch’esso a livelli record in questo momento (al 62,4%) ci colloca in fondo alla classifica comunitaria e ampiamente sotto la media del 71,1%. La distanza con i paesi che ci superano per disoccupazione è lampante. In Spagna il tasso di occupazione è del 66,6%, in Francia del 69,4%, in Danimarca del 77,3% ma anche la Grecia, da sempre pecora nera d’Europa negli ultimi trimestri ci ha superato di circa 1,5 punti percentuali.
Ma come stanno insieme un tasso di disoccupazione sotto la media europea e uno di occupazione all’ultimo posto? Il convitato di pietra di questa analisi è il numero di inattivi, ossia le persone che non solo sono senza lavoro ma che non lo cercano neanche. Un indicatore che ci vede al primo posto in Europa, con il 33,7% di persone inattive tra i 15 e i 64 anni rispetto a una media del 24,4%. Troppo spesso tendiamo a considerare il dato sulla disoccupazione senza metterlo in relazione con l’inattività e, così facendo, dimentichiamo che i disoccupati possono diminuire anche se diventano inattivi, non solo se trovano un lavoro. Ed è quello che è successo in Italia nell’ultimo anno, nel quale il tasso di disoccupazione è calato a vantaggio sia di quello di occupazione che di quello di inattività che, dopo un lungo calo negli ultimi anni, è ormai stabile dal gennaio del 2023. Nello specifico, poi, quello che preoccupa è soprattutto l’andamento della fascia d’età 25-34 anni. Considerando, infatti, gli ultimi dodici mesi vediamo come il numero di occupati sia diminuito di 38 mila unità, quello dei disoccupati di 76 mila ma quello degli inattivi è invece aumentato di ben 156 mila persone. E non è solo un tema demografico legato alla riduzione della popolazione in questa coorte anagrafica, lo dimostra il fatto che il tasso di occupazione è calato di 1,1 punti mentre quello di inattività è cresciuto di 2,3 punti.
È importante considerare nel loro insieme tutti questi dati, e non per sminuire i buoni risultati del mercato del lavoro italiano che indubbiamente mostra una tendenza positiva a partire almeno dal 2021. Quanto per evitare di guardare al dito e non alla luna, che ci presenta uno scenario molto più critico. Se prendiamo l’ultimo anno possiamo vedere come, in numeri assoluti, gli inattivi siano cresciuti tanto quanto gli occupati mentre se consideriamo la crescita percentuale gli inattivi crescono quasi il doppio. In questi dati si annidano i primi segnali del rallentamento economico che soprattutto il settore industriale sta vivendo, con l’aumento dei lavoratori in cassa integrazione, persone che vengono considerate inattive da Istat a partire dal terzo mese in questa condizione.
Francesco Seghezzi
Presidente ADAPT
@francescoseghezz
*pubblicato anche su Domani, 7 gennaio 2025