A distanza di due anni dall’entrata in vigore della normativa Fornero sui tirocini, l’Italia presenta ancora una volta il suo colorito patchwork di casistiche.
Nonostante il 24 gennaio del 2013 l’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, abbia approvato le “Linee guida in materia di tirocini” in sede di Conferenza autonoma Stato-Regioni definendo i criteri per monitorarne l’andamento, sono solo cinque le Regioni che, a oggi, hanno messo in pratica la buona prassi.
A rilevarlo sono i ricercatori Umberto Buratti e Francesca Fazio di Adapt, l’associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali fondata da Marco Biagi e diretta da Michele Tiraboschi, da tempo attiva nel monitorare l’andamento del mercato del lavoro italiano.
Si scopre così che l’elenco delle regioni virtuose si compone (solo) di Piemonte, Toscana, Veneto, Provincia Autonoma di Bolzano e Friuli Venezia Giulia, ovvero le uniche a essersi dotate di un sistema di monitoraggio sui tirocini, fornendo analisi quali-quantitative sul ricorso a questo strumento e sul suo effetto in termini di ingresso nel mercato del lavoro.
E il responso delle regioni “open” appare chiaro, segnalando un netto aumento del ricorso allo strumento. In particolare: in Veneto, dove nel 2013 si sono contate quasi 25mila attivazioni (+50% rispetto al 2008), in Toscana, con oltre 10mila attivazioni (+13% rispetto al 2012) e nella provincia Autonoma di Trento, con oltre mille tirocini attivati sempre nel 2013, in netta controtendenza con gli anni precedenti quando questo strumento trovava mediamente realizzazione in poco più di un centinaio di tirocini annui.
Singolare il caso dell’Alto Adige, dove particolarmente utilizzati sono i tirocini estiviche nell’estate del 2014 hanno toccato per la prima volta quota 5mila, +16% rispetto al 2012. Record riconducibile a due cambiamenti: l’aumento da sei a dieci mesi della durata massima complessiva dei tirocini svolti per persona e la possibilità anche per le ditte senza dipendenti di assumere tirocinanti estivi.
Infine, i casi del Piemonte, con il report più recente (aggiornato a novembre 2014) in cui si conferma una tendenziale crescita del numero dei tirocini attivati: da 17mila nel 2012 a oltre 20mila nel 2014 (+12,3%) e del Friuli Venezia Giulia, unica regione a mostrare una leggera flessione, passando da più di 4.195 tirocini attivati nel 2011 a 3.914 del 2013 (ultimo dato disponibile).
Caso a sé la Lombardia, in cui all’interno dei report trimestrali e annuali è possibile trovare un generico richiamo ai tirocini, in una categoria simbolicamente denominata “altro”. In questo caso, il basso numero di attivazioni registrato per il 2014 (544 fino al III Trimestre) e il numero nullo di attivazioni per il 2013 fa presumere che il dato non sia completo.
Ma non è tutto: le ricerche di Adapt evidenziano anche lo stato di “avanzamento dei lavori” per ogni singola realtà. Ecco dunque, la strada tutta in salita di Abruzzo, Valle d’Aosta, Lazio e Sicilia, regioni che hanno aderito alla normativa di monitoraggio dei tirocini senza mai avviarne i lavori o mostrarne i risultati.
Si tratta di casi nei quali non esiste alcun rapporto sul mercato del lavoro locale, né sull’andamento dei tirocini extracurricolari. Eppure, a leggere il funzionigramma della Regione Sicilia, si apprende dell’esistenza di uno specifico servizio, il Servizio VIII “Iniziative per l’occupazione, l’orientamento, tirocini formativi, l’apprendistato” che avrebbe tra le sue funzioni proprio quella di produrre la statistica in materia di lavoro, ma sui siti regionali non risulta disponibile alcun accesso ai dati o ai rapporti di monitoraggio.
Di poco migliore la condizione di Basilicata, Calabria e Campania, che pur essendosi dotate di un’analisi sul mercato del lavoro regionale o non ne hanno curato gli aggiornamenti (l’ultimo rapporto annuale lucano risale al 2010, l’ultima nota statistica trimestrale al III trimestre del 2013) o non ne hanno ben definito i contorni (il sistema di estrazione dati online della Calabria riporta solo il numero di attivazioni e cessazioni dei tirocinio, non distinguendo in base alla tipologia e alle caratteristiche dei soggetti; né tantomeno esiste un monitoraggio relativo agli sbocchi occupazionali dei tirocinanti), mentre nel caso della Campania, i dati più recenti relativi ai tirocini risalgono al 2012.
Situazione precaria anche per Molise, Marche ed Emilia Romagna. Se nel primo caso, i report sarebbero relativi solo alla provincia di Campobasso e il Sistema informativo per il Lavoro sarebbe ancora in corso di attivazione, negli altri due casi, si riscontrerebbero problemi di accessibilità.
Nelle Marche non esiste un sistema di monitoraggio e l’Osservatorio del Mercato del lavoro regionale, pur avendo a disposizione i dati sulle attivazioni dei tirocini, afferma di non volerli rendere pubblici, mentre in Emilia Romagna, il Sistema Informativo registra tutti gli atti amministrativi relativi all’instaurazione, cessazione, proroga e trasformazione dei rapporti di lavoro, dei tirocini, e “parasubordinati”, ma la banca dati non è accessibile liberamente online e non risulta pubblicamente disponibile un monitoraggio sui tirocini.
Non esplicitano i dati sui tirocini, invece, in quanto non considerati come rapporti di lavoro veri e propri: Puglia, Sardegna, Umbria e Liguria, con l’importante eccezione delle ultime due regioni che promettono di mettere a punto un apposito sistema di monitoraggio nel corso del 2015.
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