Il Parlamento UE promuove le ispezioni

La Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2014 sulle ispezioni sul lavoro «efficaci come strategia per migliorare le condizioni di lavoro in Europa» invita gli Stati dell’Unione a rafforzare i servizi ispettivi ed a incrementare le sanzioni per scoraggiare, tra le altre pratiche illecite, il lavoro sommerso, gli eventi infortunistici ed il falso lavoro autonomo.
Il documento consta di due parti, l’una rivolta alle autorità nazionali, affinché adottino efficaci strategie per valorizzare l’azione ispettiva, l’altra a quelle comunitarie – ed in particolar modo alla Commissione-, perché intraprendano opportune iniziative di direzione e coordinamento per creare un modello europeo di ispezione del lavoro.
 
Le raccomandazione agli Stati membri
 
Quello del Parlamento è un documento di ampio respiro, soprattutto nella parte riservata agli Stati membri, che coinvolge tutti i settori sensibili del panorama delle condizioni di lavoro, dal sommerso all’abuso delle forme contrattuali, dal lavoro degli immigrati e dei minori alle esternalizzazioni, per arrivare al lavoro domestico, al lavoro “mobile”, al telelavoro, e così via.
In questa sede, interessa focalizzare l’attenzione su taluni fenomeni particolarmente rilevanti anche sul piano nazionale. Naturalmente, in primo luogo rileva il lavoro sommerso, autentica emergenza anche europea: il Parlamento rammenta che l’entità del fenomeno nell’UE è pari al 18,8% del PIL e che in alcuni Stati – tra cui l’Italia – supera il 30%, con una tendenza all’aumento a causa del perdurare della crisi economica. È, peraltro, noto il nesso tra lavoro nero e precarie condizioni di sicurezza ed igiene del lavoro, ed a questo proposito il documento indica un’altra triste statistica: 168.000 cittadini europei muoiono ogni anno in incidenti o per malattie connesse al lavoro e 7 milioni rimangono feriti a causa di infortuni. A fronte di tali allarmanti dati, il Parlamento non esita a deplorare la scarsità di risorse umane e materiali in capo a molti dei servizi ispettivi dell’Unione, ed afferma che ragioni connesse all’attuale crisi del sistema economico non possono giustificare la carenza di mezzi che gli ispettorati sono costretti a subire. Sembra implicita nel ragionamento dell’organo sovranazionale l’osservazione che, semmai, tali ragioni dovrebbero, all’opposto, costituire occasione per rafforzare i sistemi di controllo su condotte illecite che proprio la crisi finanziaria sta incrementando. In questo quadro il Parlamento invita, pertanto, gli Stati membri ad accrescere le risorse umane e finanziarie per le ispezioni sul lavoro e a raggiungere l’obiettivo di un ispettore ogni 10.000 lavoratori. Oltremodo rilevante è l’affermazione secondo la quale tutte le categorie di lavoratori subordinati o autonomi, a prescindere dal loro status, rapporto di lavoro od origine, devono rientrare nella competenza delle autorità di controllo nazionali ed essere assoggettati allo stesso livello di protezione. Si noti, sul piano nazionale, come l’art. 7, comma 1 lett. a) del d.lgs. n. 124/2004 abbia già riscontrato l’invito dell’Assemblea comunitaria, stabilendo il potere di vigilanza degli ispettori del lavoro in relazione alla tutela dei rapporti di lavoro “ovunque sia prestata attività di lavoro a prescindere dallo schema contrattuale, tipico o atipico, di volta in volta utilizzato”. Ed in merito alle forme contrattuali, il Parlamento stigmatizza anche la situazione problematica causata dall’elevato, ed in costante aumento, numero di falsi lavoratori autonomi e raccomanda agli Stati membri di intraprendere azioni ispettive adeguate a contrastare il fenomeno. A tal proposito, si suggerisce di fissare criteri che consentano di stabilire cosa debba intendersi per “lavoro”, in modo che gli ispettori del lavoro possano distinguere i falsi lavoratori autonomi da quelli che operano legittimamente. Si può osservare come, in effetti, a livello normativo nazionale siano carenti criteri guida efficaci in tal senso, e come gli ispettori italiani siano costretti ad utilizzare i non sempre univoci indici giurisprudenziali e i mutevoli e contraddittori indirizzi ministeriali (cfr. circ. n. 4/2008, Direttiva del Ministro del settembre 2008, Nota del 3 dicembre 2008, circ. n. 29/2012, lettera circolare n. 10478/2013, ecc.).
Quanto al lavoro sommerso, il documento invita gli Stati a elaborare un piano di lotta contro il fenomeno che interessi tutte le forme di abuso nel quadro dei rapporti di lavoro subordinati e autonomi; infatti, il lavoro sommerso costituisce una grave minaccia per la capacità dell’UE di raggiungere i suoi obiettivi occupazionali e di rafforzamento della crescita economica.
Il Parlamento, poi, dedica un ampio capitolo all’aspetto sanzionatorio, esprimendo un orientamento rigoroso: le sanzioni potranno risultare efficaci, si legge nel documento, solo se ai datori di lavoro verrà preclusa la possibilità di realizzare utili con il lavoro sommerso. Pertanto, si sostiene l’inasprimento delle sanzioni a carico delle imprese che non rispettano i loro obblighi riguardo ai diritti fondamentali dei lavoratori, in modo tale che il loro effetto deterrente debba dissuaderle dal ricercare vantaggi attraverso l’elusione delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro e della salute. Di qui l’invito rivolto agli Stati membri a stabilire sanzioni proporzionate al danno arrecato ed a garantire che esse siano superiori ai profitti ottenuti mediante le condotte illecite. Come si può notare, l’impostazione del Consesso europeo è tutta improntata alla funzione di prevenzione generale della sanzione.
Preoccupa il Parlamento anche la situazione relativa alle c.d. esternalizzazioni, che può dar luogo a un aumento del precariato e a un ulteriore deterioramento dei già bassi livelli di tutela dei lavoratori non dichiarati. In tale situazione, si suggerisce una maggiore responsabilizzazione dell’appaltatore per migliorare l’osservanza delle norme del lavoro in tutto il processo produttivo; com’è noto, l’art. 29 del d.lgs. 276/2003 si muove proprio nella direzione auspicata dal Parlamento.
Il Consesso richiama anche l’attenzione sul problema dell’attuazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro nel caso dei lavoratori impegnati in attività non dichiarate, evidenziando che il diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro debba riguardare qualsiasi lavoratore, subordinato o autonomo, come peraltro previsto dall’ordinamento italiano (cfr. art. 2, comma 1, lett. a del d.lgs. n. 81/2008).
Il documento sottolinea, sul piano procedurale, che i risultati delle ispezioni devono essere elaborati entro un termine ben definito, onde impedire tempestivamente gli abusi e garantire prontamente la tutela all’interessato. In merito, si può segnalare come la normativa italiana esiga che le violazioni amministrative accertate debbano essere notificate entro il termine di 90 giorni dalla conclusione degli accertamenti (art. 14, comma 2 della l. 689/81); peraltro, non si riscontra analoga previsione per gli illeciti in materia contributiva, sicché la comunicazione delle risultanze delle ispezioni in tale settore è sostanzialmente lasciata alla discrezionalità del personale ispettivo.
 
Le esortazioni rivolte alle autorità comunitarie
 
La seconda parte dell’intervento dell’organo rappresentativo europeo riguarda l’ambito comunitario. In proposito, il Parlamento ritiene essenziale una buona cooperazione tra le autorità nazionali e le parti sociali per arginare il dumping sociale e garantire una concorrenza leale nel mercato interno ed accoglie con favore un’iniziativa della Commissione intesa a creare una piattaforma europea per gli ispettori del lavoro.
Nel documento si rivolgono una serie di raccomandazioni alla Commissione. Questa viene, in primis, invitata a istituire, all’interno di Eurofound (Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro), una Piattaforma europea per gli ispettori del lavoro sulla questione del lavoro sommerso con il compito di favorire lo scambio di informazioni, esperienze e buone pratiche. Inoltre, si raccomanda all’organo esecutivo di condurre, sul modello del già operante sistema europeo di allarme rapido per la protezione dei consumatori (RAPEX), un progetto pilota relativo a un meccanismo europeo di “allarme rapido” che segnali violazioni del diritto del lavoro e casi di lavoro sommerso ai fini di un rapido scambio di informazioni tra gli Stati membri e che preveda una lista nera.
Da evidenziare è il suggerimento a riesaminare e revisionare a fondo le attuali direttive in ambito socio-previdenziale e occupazionale, le quali effettivamente non tengono conto del rilevante ruolo delle ispezioni del lavoro. Quindi, l’aspetto dell’enforcement dovrebbe essere più ampiamente accolto nel diritto europeo del lavoro, ed in questo senso il Parlamento invita la Commissione a elaborare e fornire agli Stati membri linee guida sulle migliori pratiche e a favorirne la reciproca cooperazione e scambio di informazioni.
Infine, si chiede alla Commissione di proporre un libro verde che valorizzi il ruolo degli ispettori del lavoro e definisca norme europee uniformi in materia di ispezioni.
In sintesi, il Parlamento reclama una maggiore attenzione, da parte della Commissione, per il rilevante ruolo degli ispettori del lavoro; ciò non solo sul versante normativo, ma anche su quello pratico-operativo, nonché su quello dello studio e della documentazione.
 
Carmine Santoro
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@carminesantoro
 
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