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L’accordo territoriale sottoscritto da Confimi Apindustria Bergamo con le federazioni Fim-Cisl e Uilm-Uil della bergamasca rappresenta un unicum nel panorama della contrattazione collettiva nel settore metalmeccanico in Italia e non solo. Si tratta invero di una sperimentazione che interessa un livello di confronto negoziale – il territorio, qui identificato dalla provincia di Bergamo – tradizionalmente escluso dalle dinamiche di relazioni industriali nel settore manifatturiero. Un tabù, quello della contrattazione territoriale, da sempre giustificato da motivazioni che questa intesa oggi contribuisce a sfatare: su tutte, la inopportunità di definire un ulteriore livello negoziale aggiuntivo al nazionale e all’aziendale e la impossibilità di misurare la produttività aggregata a livello territoriale. Al pari di quanto previsto nelle intese territoriali di altri settori produttivi, l’accordo tra Confimi Apindustria Bergamo e i metalmeccanici di Cisl e Uil chiarisce, infatti, che le relative previsioni sono ad adesione volontaria da parte delle aziende associate e, comunque, restano alternative a eventuali accordi di livello aziendale che laddove esistenti prevalgono.
Le parti hanno dato prova della possibilità di costruire un modello di rappresentanza sul territorio moderno, capace di spingersi oltre la prassi della “contrattazione” fotocopia per l’accesso ai benefici della detassazione, realizzando un vero scambio contrattuale tra flessibilità e nuove poste sociali in termini di incrementi retributivi, misure di welfare e partecipazione. Le clausole normative ed economiche dell’accordo non tradiscono l’intento delle parti di favorire obiettivi di sviluppo e crescita per le imprese e i lavoratori del territorio. E ciò con particolare riferimento alla possibilità di introdurre misure specifiche per migliorare la competitività, la flessibilità organizzativa e l’ottimizzazione dei costi, l’ampliamento delle figure professionali da inserire nel sistema, garantendo al tempo stesso il coinvolgimento dei lavoratori, attraverso un miglioramento del trattamento economico individuale, nonché l’utilizzo degli strumenti incentivanti previsti dalla normative, anche territoriali, definiti anche allo scopo di favorire la formazione professionale e l’occupazione.
L’idea di favorire un modello di “impresa partecipata” prende forma all’articolo 1 dell’intesa in cui le parti istituiscono un sistema di analisi dei modelli partecipativi nelle aziende del territorio, all’esito del quale saranno promosse specifiche iniziative formative e assembleari volte a diffondere la cultura della partecipazione nel territorio. Partecipato è altresì il modello di relazioni industriali, il cui perno è rappresentato dalla commissione territoriale cui vengono affidate importanti funzioni di attuazione dell’accordo.
Di particolare interesse è il pacchetto di misure volte a definire un sistema di welfare locale integrato con le previsioni del CCNL che, in questo contesto negoziale e in connessione con la istituzione di un premio di risultato di ambito territoriale, ha rappresentato la contropartita rispetto a importanti misure di flessibilità per la promozione della competitività delle imprese metalmeccaniche della provincia rappresentate dalla Confimi Apindustria Bergamo. A partire dalla disposizione, ancora dal tenore programmatico, in forza della quale al fine di favorire investimenti a beneficio delle imprese che svolgono un ruolo sociale in termini di mantenimento e sviluppo occupazionale, nonché di radicamento nel territorio, la commissione territoriale istituita dall’accordo si attiverà per promuovere incontri con le istituzioni locali finalizzati a garantire agevolazioni, anche attraverso lo sviluppo e la realizzazione sinergica di contrattazione sociale.
In tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, l’accordo prevede la possibilità per le aziende di individuare aree e mansioni alle quali applicare la flessibilità in entrata/uscita giornaliera di massimo 30 minuti nonché schemi di lavoro agile. Le parti concordano altresì che, in deroga al CCNL, le percentuali relative alla richiesta di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale sono innalzate di un punto percentuale (5%). Pertanto, le imprese con almeno 100 dipendenti accoglieranno le richieste di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale nell’ambito della percentuale del 5% della forza lavoro. Laddove sia stata raggiunta la percentuale del 5%, le aziende accoglieranno, fino al 6% del personale in forza, le richieste motivate e debitamente documentate dalla necessità di assistere i genitori, il coniuge o il convivente more uxorio, i figli e gli altri familiari conviventi, senza alcuna possibilità alternativa di assistenza, gravemente ammalati o portatori di handicap.
Le parti stabiliscono l’istituzione di un premio di risultato territoriale di natura sperimentale e di importo variabile per ogni annata di vigenza dell’accordo, proporzionale alla variazione grezza della produzione media – relativa al settore di appartenenza dell’azienda in questione (siderurgico, minerali non metalliferi e meccanico) – della provincia di Bergamo, riscontrata nel triennio precedente a quello di maturazione del premio. L’intesa prevede altresì un correttivo che ridimensiona l’entità del premio nel caso in cui il margine operativo lordo della singola azienda, relativo all’anno di maturazione del premio, fosse inferiore a quello medio del triennio precedente, nonché un correttivo che ne decurta l’ammontare, per singolo lavoratore, in proporzione al relativo tasso di assenteismo. Si stabilisce che i dati utilizzati per la verifica della maturazione del premio saranno quelli pubblicati trimestralmente dalla Camera di Commercio di Bergamo.
Al fine di attuare la facoltà riconosciuta, a ciascun lavoratore, dall’articolo 1, comma 184 della Legge n. 208/2015 (c.d. Legge di Stabilità 2016), si riconosce infine la possibilità di convertire, in tutto o in parte, in prestazioni di welfare la quota di premio di risultato maturata. Al lavoratore che opterà per la conversione totale del premio verrà riconosciuto un ulteriore valore economico pari al 10% del valore del premio maturato. In aggiunta, l’intesa prevede il riconoscimento da parte dell’azienda, a titolo di welfare, di 100 euro lordi all’anno per ciascun lavoratore, investendo la commissione territoriale dell’impegno a promuovere la realizzazione di una piattaforma da mettere a disposizione delle aziende, integrata con le varie opportunità previste dalla normativa di riferimento, ivi compresi i servizi declinati da specifiche convenzioni promosse a livello territoriale tra cui figurano, a titolo esemplificativo e non esaustivo: servizi di cura, assistenza, educativi ecc.
Tra i contenuti di maggiore innovazione si segnalano, di fianco alle misure di flessibilità nell’utilizzo delle tipologie contrattuali, le previsioni riguardanti il “laboratorio scuola” (per la promozione dei percorsi di alternanza nelle aziende del territorio), la “rete di lavoro” (un sistema di intermediazione domanda-offerta mediato dalle parti firmatarie dell’accordo), il piano di riqualificazione professionale e le linee guida per la definizione di un sistema di inquadramento professionale che consenta di realizzare una maggiore linearità tra responsabilità, mansioni, competenze e risultati.
La conclusione che può trarsi all’esito della lettura dei contenuti dell’accordo Confimi Apindustria Bergamo, Fim-Cisl, Uilm-Uil, è che si tratta di un esempio virtuoso di contrattazione territoriale. Al punto da candidarsi a svolgere il ruolo di apripista per accordi di simile portata anche in altri contesti associativi e territoriali. È questo un auspicio non più eludibile perché è oramai chiaro che le molteplici contraddizioni che contraddistinguono il sistema contrattuale e di rappresentanza italiano possono essere governate e risolte attraverso un decentramento geografico della contrattazione collettiva. E ciò, in sintesi, per tre ordini di motivi tra loro concatenati. In primo luogo, il territorio evoca un solco della cultura e della storia politica, economica e sociale dell’Italia di cui è necessario tenere conto nei processi normativi, pena la ineffettività o comunque l’applicazione differenziata delle regole e dunque delle politiche stabilite a livello centrale. In secondo luogo, se per un verso la centralizzazione geografica e merceologica degli assetti contrattuali amplia le possibilità di coordinamento orizzontale, dall’altro riduce la probabilità che quanto stabilito a livello centrale venga concretamente attuato (coordinamento verticale; effettività; esigibilità), giacché decresce il coinvolgimento dei destinatari delle politiche contrattuali nei processi decisionali. In terzo luogo, nella nuova geografia del lavoro e alla luce delle prospettive aperte da Industria 4.0, le articolazioni territoriali di ambito provinciale e regionale tenderanno sempre di più ad affermarsi quali luoghi privilegiati per la regolazione di mercati del lavoro policentrici, ma in forte coordinamento federativo con altri territori, col livello nazionale e con lo spazio economico globale.
ADAPT Research Fellow