Alcune novità sul divieto di assunzione di alcuni (ex) dipendenti pubblici

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Bollettino ADAPT 22 luglio 2024, n. 29

 

Fra le norme che tendono a garantire la correttezza dell’operato dei dipendenti pubblici la più antica, ed ancora vigente, è sicuramente quella che vieta al dipendente pubblico di svolgere altre attività senza il consenso dell’amministrazione di appartenenza (art. 53 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165). Per questo caso era prevista una sanzione pecuniaria, a carico del datore di lavoro o del committente, pari al doppio degli emolumenti corrisposti sotto qualsiasi forma; fermo restando il divieto, la sanzione è stata dichiarata incostituzionale nel 2015 (C. Cost. 5 giugno 2015, n. 98).

 

Per prevenire comportamenti scorretti più subdoli (pantouflage o revolving door) è stata introdotta nel 2012 una norma (art. 53, comma 16-ter del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165) per cui i dipendenti pubblici che negli ultimi tre anni di servizio hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali non possono svolgere nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego (il c.d. periodo di raffreddamento) attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.

 

I rischi per i privati derivanti dalla violazione della suddetta norma sono molteplici:

– i contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione sono nulli;

– è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni.

Con la legge 28 giugno 2024, n. 90 (Disposizioni in materia di personale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale) sono stati introdotti due nuovi limiti.

 

Il primo limite, previsto dall’art. 12, si riferisce al personale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale che abbia partecipato a specifici percorsi formativi di specializzazione: queste persone non possono lavorare presso privati nell’ambito della cybersicurezza per i due anni successivi. L’eventuale contratto stipulato in violazione del divieto è nullo. La disposizione sembra voler riservare all’Agenzia un vantaggio conoscitivo rispetto ai privati tramite una formulazione innovativa nell’ambito del pubblico impiego.

 

Il secondo limite, previsto dall’art. 13, si riferisce al personale degli organismi di informazione per la sicurezza (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza – DIS, Agenzia informazioni e sicurezza esterna – AISE, Agenzia informazioni e sicurezza interna – AISI). Da un lato, questo secondo limite è del tutto equivalente a quello previsto dall’articolo 12. Da un altro lato, alcune persone che hanno ricoperto incarichi di livello elevato non possono lavorare presso soggetti privati per due o tre anni, in alcuni casi con un divieto generale in altri casi con un divieto limitato a determinati committenti. Anche per il secondo limite l’eventuale contratto stipulato in violazione del divieto è nullo.

 

In questa sede di prima rapida analisi, ci limitiamo a rilevare che:

– la sanzione della nullità del contratto di lavoro va coordinata col dispositivo dell’articolo 2126 del codice civile per capire quali siano gli effetti concreti di tale sanzione;

– la mancata previsione di sanzioni dirette a carico del committente sembra rendere poco incisiva la nuova disposizione;

– il datore di lavoro, anche se solo in alcuni casi limitati, dovrà inserire una nuova verifica nelle procedure di assunzione dei dipendenti per evitare le violazioni sopra esposte.

 

 Ettore Scudeller 

Consulente del Lavoro

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