In un momento nel quale pende sulla testa dell’Italia la spada della disoccupazione giovanile, è utile
analizzare l’esito del monitoraggio sull’andamento dell’alternanza scuola-lavoro nel nostro Paese
nell’anno 2012-13 diffuso il 10 ottobre dall’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ri-cerca educativa (INDIRE).
Questa indagine è stata anticipata il 22 marzo 2013 dalla consultazione online avviata dal MIUR
“Costruiamo insieme l’alternanza scuola-lavoro” e rivolta ai diversi soggetti che si occupano di al-ternanza all’interno delle scuole e a tutti i soggetti interessati. Essi dovevano rispondere entro il 25
luglio 2013 alla domanda: “Come diffondere e rafforzare la cultura del lavoro all’interno dei per-corsi scolastici?”. I risultati di tale consultazione verranno analizzati e considerati nella programma-zione delle indicazioni nazionali previste dall’art. 3 comma 3 del d.lgs. n. 77/2005. Pertanto una ul-teriore valutazione dei dati del monitoraggio INDIRE per l’anno 2012/2013 potrà essere effettuata
alla luce dei risultati della consultazione conclusasi in estate.
L’argomento è certamente “caldo”. Un nuovo appello all’importanza dell’alternanza, soprattutto
nella forma dell’apprendistato, e alla sua funzione di attenuante nei confronti della dispersione sco-lastica è stato lanciato da diverse associazioni cattoliche (Acli, Cdo e Salesiani) nel recentissimo
documento dall’eloquente titolo Perché nessuno si perda che propone dieci punti relativi
«all’istruzione e formazione professionale risorsa strategica per combattere gli abbandoni scolastici
e aiutare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro».
Tornando al monitoraggio INDIRE: è importante sottolineare che, a partire dall’introduzione nel
nostro Paese dell’alternanza scuola-lavoro, ossia da quando a questa “modalità di apprendimento” è
stata data una struttura normativa mediante la l. n. 77 del 15 aprile 2005, i dati segnalano un costan-te, anche se timido, aumento dell’utilizzo. Nell’anno scolastico 2012/2013 sono stati l’8,7% (circa
227.000) gli studenti italiani che hanno seguito percorsi di alternanza, a fronte del 7,5% dell’anno
2011/2012 e del 5% del 2010/2011. Timidi aumenti che segnalano però la corrispondenza tra la
forma educativa offerta e il bisogno formativo di parte degli studenti italiani, in particolar modo di
quelli che sono iscritti a istituti professionali (che seguono percorsi di alternanza in una percentuale
del 28,3%). Un ulteriore dato che contribuisce a considerare positiva la sua introduzione è quello
relativo al numero di istituti scolastici che l’hanno adottata all’interno della propria offerta formati-va. I percorsi di alternanza sono infatti attivati dal 45,6% degli istituti. In particolare istituti profes-sionali (il 44,4% del totale), seguiti dagli istituti tecnici (34,2%) e da circa un quinto dei licei. Il d a-to degli istituti professionali, se affiancato alla percentuale degli studenti di tali istituti che freque n-tano percorsi di alternanza, mostra come tale modalità educativa possa essere ulteriormente incre-mentata. Se andiamo ad analizzare i dati relativi agli istituti tecnici, il fatto che solo il 6,3% degli
studenti iscritti segua questi percorsi induce a pensare che ancora non sia compresa e accettat a
l’utilità dell’alternanza. In questo senso deve ancora essere ben recepito il messaggio contenuto nel
d.P.R. n. 88 del 15 marzo 2010, nel quale si è scritto chiaramente che, nell’ambito del percorsoformativo degli istituti tecnici, “stage, tirocini e alternanza scuola-lavoro sono strumenti didattici
per la realizzazione dei percorsi di studio”.
Rimane, infine, una questione aperta l’analisi di come vengono organizzati i percorsi di alternanza.
Questi sono spesso poco uniformi tra loro e tendono a ridursi a brevi periodi di stage piuttosto che
esperienze organizzate ed organiche, che potrebbero essere vera occasione formativa.
Esiste una relazione tra lo sviluppo dell’alternanza e la diminuzione del tasso di disoccupazione
giovanile, come hanno recentemente affermato le associazioni cattoliche nel loro documento? Come
primo dato bisogna sottolineare come solo il 58,2% delle strutture che ospitano e consentono tali
percorsi sono imprese. Questa percentuale mostra come le aziende non abbiano ancora pienamente
colto il vantaggio di collaborare con percorsi di alternanza. I dati elaborati da INDIRE ci dicono che
su 8.863 studenti diplomati che hanno seguito un percorso di alternanza vi è un aumento del numero
di studenti lavoratori rispetto ai diplomati dell’anno precedente dell’11,5%, così come un aumento
del 37,5% degli studenti che intraprendono un corso universitario (smentendo la voce secondo la
quale l’alternanza porti ad escludere la scelta dell’istruzione universitaria, bensì si presti ad un mero
“addestramento professionale”). Interessante è anche la percentuale di coloro che sono inoccupati o
disoccupati, pari al 19,2%. Pur essendo quest’ultimo un dato in grande aumento rispetto all’anno
scorso, complice la situazione economica e industriale, esso resta ancora ben sotto la media della
disoccupazione giovanile italiana, ossia il 40,1% secondo gli ultimi dati Istat, e anche al di sotto
della media dei cosiddetti Neet che, secondo l’ultimo rapporto annuale Istat corrisponde, per l’anno
2012, al 23,9% dei giovani tra i 15 e i 29 anni.
Quelli sopra elencati, insieme alle considerazioni effettuate, non vogliono essere certo la dimostra-zione che lo sviluppo dell’alternanza scuola-lavoro sia la soluzione a tutti i problemi formativi e oc-cupazionali dei giovani italiani; intendono semplicemente essere una provocazione, sulla base di
statistiche reali che vanno controcorrente rispetto allo scenario pessimistico dipinto spesso dai me-dia, secondo il quale non esiste nessuna soluzione ai problemi della disoccupazione giovanile che
non consista in incentivi economici. Questi dati ci dicono che prendere in considerazione il sistema
dell’alternanza può essere un buon punto di partenza, perché davvero “nessuno si perda”.
Francesco Seghezzi
ADAPT Junior Fellow
Alternanza scuola lavoro: a che punto siamo?