Anni fa le grandi manifestazioni studentesche erano anticipate da più o meno affollate assemblee negli istituti ove i promotori della movimentazione esponevano le loro ragioni e provavano a coinvolgere i propri coetanei nella marcia di protesta o nell’occupazione, augurandosi un’adesione convinta e non giustificata dalla mera perdita delle ore di lezione. Capitava che in quelle assemblee qualcuno si alzasse e, coraggiosamente, presentasse contro-argomentazioni al pensiero dominante, aiutando tutti i presenti a riflettere in profondità e, soprattutto, con la propria testa e non con quella del partito, del sindacato o del parroco.
Non so se ancora esistano assemblee di questo genere, se siano partecipate e, soprattutto, se ci sia ancora qualcuno così razionalmente matto da prendere la parola per sviluppare ragionamenti disallineati. Certo, la piattaforma scritta dall’Unione degli studenti per proclamare lo “sciopero della alternanza” programmato per oggi su tutto il territorio nazionale bene si presterebbe a diventare campo di confronto tra ideologia e realismo.
Da una parte certamente, quella degli scioperanti, stanno le argomentazioni a favore di esperienze di alternanza pedagogicamente valide, integrate col piano di studi, sicure e realmente formative. È indubbio che l’improvviso obbligo all’alternanza tra scuola e lavoro introdotto ex lege da La Buona Scuola (che concretamente ha significato la moltiplicazione in due anni da 200.000 a 1.500.000 studenti in alternanza!) ha comportato una rincorsa al tirocinio curriculare caratterizzata da logiche “tanto al chilo” più che da finalità educative…
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