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Bollettino ADAPT 28 novembre 2022, n. 41
Nel rispondere ad un quesito interpretativo presentato dalle organizzazioni sindacali confederali, il Ministero del lavoro, con il recente interpello n. 1/2022, ha chiarito la portata applicativa dell’ultimo innesto normativo, per effetto dell’articolo 37-bis, d.l. 36/2022, conv. in l. 79/2022, riferito ai servizi di logistica integrata: in particolare, il dubbio ermeneutico sottoposto ha riguardato il regime di responsabilità solidale valevole per le fattispecie negoziali in parola, afferenti a prestazioni di ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione e trasferimento da un luogo ad un altro della merce.
Infatti, la novella ha stabilito che «Se l’appalto ha per oggetto, congiuntamente, la prestazione di due o più servizi di logistica relativi alle attività di ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni di un altro soggetto, alle attività di trasferimento di cose da un luogo ad un altro si applicano le norme relative al contratto di trasporto, in quanto compatibili», non fornendo ulteriori dettagli a riguardo.
Di qui la richiesta di chiarimento ad opera delle associazioni sindacali e la conseguente risposta ministeriale, la quale, nel confermare quanto già precisato nella circolare n. 17/2012, ha sostenuto che i servizi di logistica integrata sono soggetti, quanto al profilo della responsabilità solidale per crediti retributivi e contributivi eventualmente non onorati dal datore di lavoro, al regime dell’appalto di cui all’articolo 29, comma 2, d.lgs. 276/2003, posto che la sfera applicativa introdotta dal diritto positivo è sottoposta alla condizione di compatibilità, la quale «comunque deve tenere conto del fatto che il contratto di servizi oggetto dell’articolo 1677-bis c.c. rientra nel genus dei contratti di appalto ed è, quindi, regolato in via principale dalla relativa disciplina».
Due sono gli argomenti principali utilizzati dal Ministero del lavoro a sostegno dell’esposta opzione interpretativa: sotto un profilo sistematico, l’interpello rileva come la nuova tipologia negoziale appartenga in ogni caso alla categoria dell’appalto, restandone pertanto assoggettata alla relativa regolamentazione in caso di incompatibilità della disciplina del contratto di trasporto ai servizi di logistica integrata; a livello sotto il profilo pratico, invece, l’interpello prospetta la necessità di assicurare il medesimo sistema di tutele alla totalità dei lavoratori coinvolti nei fenomeni di disintegrazione verticale dell’impresa, in virtù dell’appartenenza della nuova fattispecie normativa al modello dell’appalto, appunto. In particolare, viene evidenziato che il legislatore ha inteso tipizzare una diffusa prassi commerciale, ravvisabile nel contratto di (diversi) servizi di logistica, integrando la sezione del codice civile riferita all’appalto, a conferma della medesima struttura esistente tra quest’ultimo ed i primi, a giustificarne l’applicazione della disciplina comune per quanto attiene alla responsabilità solidale.
Imputata a tale orientamento di prassi l’esigenza protettiva dei crediti dei lavoratori e dello Stato, è nondimeno opportuno svolgere qualche breve osservazione.
Innanzitutto, per quanto ristretta alla sola ipotesi del vincolo giuridico solidale – perché questo era l’oggetto del quesito – la posizione assunta dal Ministero rischia di suggerire un’interpretazione nei fatti abrogante della novella legislativa, individuando nel criterio di compatibilità di disciplina il presupposto selettivo della regola applicabile al caso di specie.
Tuttavia, proprio in ragione di quanto stabilito dalla nuova disposizione, sarebbe stata preferibile ed opportuna un’illustrazione più compiuta delle criticità attribuibili ad una disciplina già esistente – prevista per il contratto di trasporto – risultanti ostative alla nuova fattispecie. Ciò tanto più ove venga considerato che anche il contratto di trasporto, al pari di quello di nuova tipizzazione normativa, è una fattispecie negoziale assimilabile alla categoria della locatio operis, cui appartiene l’appalto.
Peraltro, l’interpretazione suggerita della novella non proviene dall’organo amministrativo deputato ad invocare la responsabilità solidale nel caso concreto – ovverosia, INAIL, INPS, enti titolari del credito pubblico eventualmente non onorato dal datore di lavoro, o il medesimo INL, cui spetta l’adozione della diffida accertativa per la tutela dei crediti dei lavoratori – bensì da un organo di indirizzo politico, pur se posto in teorica supremazia gerarchica rispetto ai soggetti amministrativi cui è affidata la declinazione tecnica dei precetti di legge.
Non da ultimo, un’interpretazione fondata sull’esigenza di evitare una potenziale disparità di trattamento tra i lavoratori impiegati nei vari processi di terziarizzazione produttiva (in questo caso: appalto, trasporto, logistica), con preferenza per la solidarietà prevista per l’appalto a discapito di quella contemplata per il trasporto, potrebbe indurre a ritenere inferiore la protezione dei lavoratori assicurata dalla responsabilità solidale prevista per il trasporto rispetto all’omologa assegnata all’appalto: tuttavia, tale circostanza, concessane pure l’esistenza in via ipotetica, apparterrebbe alle prerogative del legislatore, cui solo spetta il potere, e l’onere, di ritornare sulle proprie determinazioni, senza poter esser messa in discussione da fonti inferiori.
In ragione della complessità e delicatezza della questione, non è da escludere un ulteriore intervento chiarificatore ad opera del diritto positivo, ribadendo la posizione già espressa un decennio addietro dal Ministero del lavoro con la circolare 17/2012 e confermata con il recente interpello, ovvero modificandola in favore di una diversa soluzione.
Invero, proprio con riferimento alla responsabilità solidale – per quanto il ragionamento possa esser esteso all’intero diritto del lavoro–, è riscontrabile una tendenza della prassi amministrativa a prospettare la regolazione di un determinato aspetto che in seguito è diventata fonte del diritto primario, in un’originale inversione del sistema gerarchico delle fonti del diritto.
Gli esempi che tornano alla memoria – pur mal contati – afferiscono all’interpello n. 33/2010 in cui il Ministero del lavoro, preconizzando di un decennio l’intervento del legislatore (articolo 12 bis, d.l. 76/2020 conv. in l. 120/2020), ha sostenuto la notificabilità della diffida accertativa – indirizzabile all’epoca soltanto al «datore di lavoro», ovverosia al distaccante straniero – anche all’impresa italiana committente una prestazione transnazionale di servizi, in ragione del vincolo solidale, assurto in seguito a fondamento della nuova formulazione del precetto di legge.
Del pari, il Dicastero di Via Veneto, nel cd. Vademecum legge Fornero (la 92/2012), ha contemplato la responsabilità solidale negli appalti anche per i crediti dei lavoratori parasubordinati, anticipando e vedendosi confermare tale inclusione applicativa dall’articolo 29, comma 2, d.lgs. 276/2003, come emerso dalle modifiche introdotte dal cd. decreto del fare dell’anno successivo (il d.l. 76/2013, conv. in l. 98/2013).
Se è vero che «la “complessità normativa” non è sempre mero difetto di redazione di un testo di legge o di una circolare, quanto il punto di compromesso tra interessi nella regolazione di questioni altamente complesse e in continua trasformazione che nel processo parlamentare passano di mano in mano e che poi trovano applicazione in una tale varietà di casi che spesso non rientrano nelle ipotesi astratte contemplate dal legislatore» (M. Tiraboschi, Competenza tecnica e rappresentanza: riflessioni sul futuro delle politiche sociali e del lavoro dopo la nomina di Marina Calderone, in Bollettino ADAPT 24 ottobre 2022, n. 36), è del pari innegabile che l’intervento della prassi, nell’assolvere una preziosa funzione regolatoria della complessità esistente in assenza di una disciplina specifica, al cospetto di quest’ultima dovrebbe poi cedere il passo.
Anche perché, benché sia la lodevole esigenza protettiva dei lavoratori a motivare interpretazioni normative non sempre ortodosse, assecondando le meritevoli aspettative di soggetti ritenuti deboli (i lavoratori, appunto) – applicando, in sedicesimi, al rapporto tra prassi e legge quanto elaborato con riferimento alla relazione tra diritto e politica –, l’allargamento della sfera del diritto appare inevitabile, a causa di due fattori che il giurista Jonathan Sumption ha individuato nel «crescente assolutismo morale e sociale che guarda al diritto per produrre conformità sociale e morale» e nella «ricerca continua di maggiore sicurezza e minor rischio» (J. Sumption, L’impero del diritto. Una sfida per lo Stato e per la politica, Rubettino, 2022, p. 11), con conseguente compressione della sfera d’azione personale.
La quale, se può apparire preoccupante nel rapporto tra diritto e politica, non può non ricoprire, a maggior ragione, una sua rilevanza nell’attuazione delle leggi ad opera delle fonti amministrative inferiori (circolari, interpelli, pareri).
Giovanna Carosielli
Funzionario ispettivo ITL Bologna*
@GiovCarosielli
*Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.