A proposito di Primo Maggio: oggi sul Sole si dà conto dell’avvio di una sperimentazione che di fatto raccorda ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro per evitare licenziamenti collettivi. Si tratta della circolare che prevede che l’attivazione dell’aiuto alla ricollocazione, che si sostanzia in un assegno erogato non al lavoratore ma all’agenzia che ne cura l’outplacement, possa scattare già in caso di messa in cassa integrazione straordinaria e non, come accade ora, dopo almeno quattro mesi di disoccupazione. Nel complesso, sono sostegni piuttosto generosi ma con una specifica che lascia perplessi.
Nel pezzo di Claudio Tucci si spiega che:
[…] l’interessato, entro 30 giorni dalla chiusura dell’accordo, potrà attivare il percorso di ricollocazione anticipata: l’assegno, che non intasca direttamente lui ma è speso per “acquistare” i servizi per il lavoro, dalla formazione alla riqualificazione fino all’accompagnamento verso il nuovo impiego, può arrivare fino a 5mila euro (a seconda della profilazione). L’assistenza intensiva alla ricerca del posto durerà almeno sei mesi, ma può essere prorogata di ulteriori 12 (in totale, quindi, 18 mesi) se non è stato utilizzato l’intero ammontare della “dote” assegnata.
Decorso questo arco temporale, si torna in Cigs sino ad esaurimento della medesima, e dopo il licenziamento si entra in regime di Naspi. Perché il percorso è da considerare “generoso”?…
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