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Bollettino ADAPT 27 marzo 2023, n. 12
La contribuzione alla bilateralità e al fondo di assistenza sanitaria integrativa prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro dell’artigianato che erogano prestazioni a favore dei lavoratori dipendenti è obbligatoria. In assenza del versamento, il datore è tenuto a erogare un elemento aggiuntivo della retribuzione. È questa la posizione del Tribunale di Milano espressa nella sentenza del 13 febbraio 2023, n. 437, rispetto alla quale si riscontra un precedente similare nella giurisprudenza del Tribunale di Bergamo (sentenza del 12 dicembre 2014). A quanto emerge dalla ricostruzione dei fatti di causa, una lavoratrice impiegata come parrucchiera, con contratto a tempo determinato (poi trasformato in indeterminato) presso una impresa artigiana che applica il CCNL acconciatura estetica, aveva convenuto in giudizio il datore di lavoro affinché venisse accertata la mancata iscrizione agli enti bilaterali di settore e il relativo mancato versamento della contribuzione.
In particolare, la lavoratrice ha contestato:
a) l’omesso versamento della contribuzione dovuta ai fondi artigiani SAN.ARTI, W.I.L.A., così come previsto dall’art. 6-bis del CCNL applicato e dai relativi statuti istitutivi;
b) il parziale versamento della contribuzione, dovuta al fondo artigiano EBNA a far data da maggio 2020 e mancando invece il relativo trattamento sanzionatorio dovuto per il periodo precedente, così come previsto dall’art. 9 del CCNL applicato al rapporto di lavoro e dall’Accordo Interconfederale EBNA del 23 dicembre 2010.
Per queste ragioni, la lavoratrice ha chiesto la condanna del datore di lavoro al riconoscimento in suo favore di una somma di denaro a titolo risarcitorio per la mancata iscrizione ai diversi fondi.
Nelle more del processo, per ordine del giudice (art. 107 c.p.c.), sono stati uditi i rappresentanti dell’Ente bilaterale nazionale artigianato (EBNA), del Fondo di assistenza sanitaria integrativa per i lavoratori dell’artigianato e del Fondo welfare integrativo lombardo per l’artigianato, i quali hanno chiarito che: a) l’impresa è “vincolata al sistema contrattuale collettivo (il CCNL, doc. n. 3, sottoscritto da Confartigianato Imprese, CNA, Casartigiani, CLAAI, CGIL, CISL, UIL) e, di conseguenza, risulta vincolata a EBNA, SANARTI e WILA”; b) con riferimento ai versamenti a EBNA, questi risultano regolari solo per il periodo che va da maggio a novembre 2020, mentre i versamenti ai fondi SANARTI e WILA sono stati effettuati solo per il mese di gennaio 2021 (infatti, dalla documentazione allegata dalla lavoratrice ricorrente, risultava che il datore di lavoro non avesse mai provveduto a versare alcunché).
I rappresentanti, inoltre, hanno specificato che il sistema EBNA prevede che, in caso di mancato adempimento dell’obbligazione contributiva da parte dei datori di lavoro, questi ultimi devono essere sanzionati con l’obbligo di corrispondere ai dipendenti un elemento aggiuntivo retributivo (EAR) pari a Euro 25,00 lordi per 13 mensilità; allo stesso modo, l’inadempimento contributivo al fondo SANARTI determina l’obbligo per il datore di lavoro di erogare un importo forfettario EAR pari a Euro 25,00 lordi mensili per 13 mensilità, mentre l’inadempimento contributivo al fondo WILA determina l’obbligo per il datore di lavoro di erogare un importo forfettario pari a Euro 12,00 lordi mensili per 13 mensilità.
Il giudice ha così accertato l’inadempimento datoriale, ritenendo fondati i conteggi dei contributi omessi allegati dalla lavoratrice ricorrente. Pertanto, il ricorso è stato accolto e il datore di lavoro condannato al pagamento delle indennità risarcitorie e delle spese processuali.
In sintesi, dunque, la pronuncia del Tribunale di Milano si fonda sul presupposto che la contribuzione alla bilateralità e al fondo di assistenza sanitaria integrativa prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro dell’artigianato, che erogano prestazioni a favore dei lavoratori dipendenti, sia obbligatoria laddove si provi che l’impresa artigiana aderisca al sistema contrattuale dell’artigianato. A nostro avviso, tuttavia, l’impresa non aderente al sistema contrattuale non può dirsi priva comunque di alcuni obblighi.
È a molti noto che gli Enti bilaterali sono organismi paritetici che ai sensi dell’art. 2, lett. h), decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, hanno principalmente lo scopo di promuovere l’occupazione regolare e di qualità, le buone pratiche contro la discriminazione, sviluppare azioni a favore delle misure in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché eventuali altre attività contemplate dalla norma o assegnate dai contratti collettivi.
È altrettanto pacifico che l‘obbligo di iscrizione e contribuzione agli enti bilaterali sussiste solo per i datori di lavoro che aderiscono ad una delle associazioni stipulanti il contratto collettivo. Per tutti gli altri, non c’è obbligo di iscrizione.
Tuttavia, anche non essendone obbligato, il datore di lavoro che non aderisce volontariamente all’ente bilaterale, in alcuni casi, è tenuto a farsi carico di riconoscere al lavoratore degli emolumenti sostitutivi e/o di riconoscere a quest’ultimo delle equivalenti prestazioni di cui il lavoratore avrebbe potuto beneficiare attraverso il sistema della bilateralità. E sotto tale profilo, residuano pochi dubbi sul fatto che questi emolumenti rientrino nel trattamento economico-normativo e non sono riconducibili nella c.d. parte obbligatoria del contratto collettivo, che spiega efficacia solo nei confronti di chi aderisce volontariamente al sistema contrattuale.
Sul punto, un contributo decisivo è stato offerto dal Ministero del Lavoro, il quale nella circolare n. 43 del 15 dicembre 2010 focalizza la propria attenzione sul diritto del lavoratore, non già a ritrovarsi iscritto all’Ente Bilaterale, ma piuttosto a poter fruire, al pari degli altri lavoratori di settore, delle prestazioni fornite dal sistema della bilateralità, nazionale e regionale.
In questa prospettiva, il Dicastero chiarisce che l’omissione del versamento all’ente bilaterale obbliga il datore di lavoro, se espressamente previsto dal contratto collettivo, a corrispondere al lavoratore un elemento distinto della retribuzione, mediante il riconoscimento di una somma e/o di una prestazione equivalente a quella erogata dalla bilateralità; di conseguenza, mentre l’impresa che aderisce alla bilateralità assolve in tal modo ogni suo obbligo nei confronti del lavoratore versando la contribuzione all’ente, le imprese che invece decidono – nell’esercizio della loro libertà sindacale costituzionalmente tutelata ex art. 39 Cost. – di non aderire alla bilateralità, senza dunque versare il relativo contributo, non potranno però esimersi dal versare direttamente al lavoratore un elemento aggiuntivo di retribuzione quantificato forfettariamente dallo stesso contratto collettivo e di fornire una prestazione equivalente a quella erogata dal sistema bilaterale di riferimento ai diversi livelli, nei limiti ovviamente degli importi stabiliti dalla contrattazione collettiva. Questi emolumenti sostitutivi sono da ricondurre, secondo il Ministero del Lavoro, nell’alveo dell’art. 36 Cost., risultando a tutti gli effetti una voce della retribuzione.
Emerge, allora, come il datore di lavoro, per quanto libero di non aderire agli enti bilaterali istituti dalla contrattazione, non possa comunque sottrarsi all’obbligo di riconoscere al lavoratore una indennità sostitutiva, in quanto la mancata adesione e in particolare il mancato versamento dei contributi agli enti bilaterali, si tradurrebbe in minori prestazioni e, dunque, in uno svantaggio economico per il lavoratore non iscritto.
Diversamente, i Fondi di solidarietà, disciplinati dagli artt. 26, 27, 40, decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, si occupano di garantire ai lavoratori dipendenti un sistema di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro per gli eventi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa. In questo caso, a prescindere dall’adesione o meno al sistema contrattuale che istituisce il fondo, il versamento della contribuzione da parte del datore di lavoro è obbligatoria in quanto adempimento di un obbligo di legge e non di matrice contrattuale (Circ. INPS, 9 settembre 2016, n. 176).
Tuttavia, è doveroso evidenziare che il sistema di adesione e contribuzione alla bilateralità artigiana rappresenta una rarità nel sistema delle relazioni industriali italiane, poiché il versamento della contribuzione è unica per tutte le voci della bilateralità artigiana: in altri termini, il datore versa una cifra fissa all’EBNA ed è poi l’Ente a disporre la destinazione delle quote ai diversi fondi (inclusi quelli istituti ai sensi dell’art. 27, d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148). Questo meccanismo è stato ritenuto problematico dal Tribunale di Roma (cfr. sentenza 30 novembre 2021, n. 10087) poiché l’adempimento di un obbligo di legge (il versamento della contribuzione ai fondi di solidarietà ex art. 27, d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148) viene subordinato all’adesione ad un ente bilaterale che trova la sua fonte non già nella legge bensì nell’adesione dell’impresa alla contrattazione collettiva (cioè l’EBNA). In questa prospettiva, allora, l’impresa che decide di non aderire al sistema contrattuale dell’artigianato, dovrà comunque versare la contribuzione al fondo FSBA pur senza aderire all’EBNA. Questi recenti arresti giurisprudenziali delle corti di merito contribuiscono certamente a chiarire meglio come coordinare gli obblighi delle imprese aderenti e di quelle non aderenti al sistema contrattuale con l’intricato intreccio di fonti normative e contrattuali, che da sempre caratterizzano il sistema del diritto del lavoro.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena