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Bollettino ADAPT 23 novembre 2020, n. 43
“Mi scusi se la interrompo. Lei è in diretta sulla sua pagina facebook?”. Il breve scambio intercorso tra il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il segretario della UIL Pierpaolo Bombardieri durante la videoconferenza governo-sindacati svolta ieri per discutere della manovra di bilancio è molto più di un gustoso siparietto da soft-news pronto a diventare il prossimo tormentone dello sfottò politico.
All’origine di quella che appare una semplice scaramuccia la scelta dell’organizzazione guidata da Bombardieri di trasmettere su Facebook l’incontro. Scelta dichiarata in apertura, ma sconosciuta al premier, che scoprendolo d’un tratto proprio durante l’intervento del segretario UIL, ha malcelato l’irritazione. “Se lo avessimo saputo avremmo potuto trasmettere anche come Presidenza del Consiglio”. Assist per Bombardieri che a questo punto concorda. D’altronde “stiamo parlando di una manovra già approvata e commentata dal governo sui social. Rivendichiamo il diritto a comunicare sui social anche noi”.
Più che una candid-camera della politica, l’episodio andrebbe paragonato ad un esperimento di rottura sociale dal sapore ironico e che ricorda quanto distante sia ormai la stagione dell’ideologia dello streaming professata dal Movimento 5 Stelle. Ma soprattutto si è trattato di un incidente che ha reso lampante quanta contraddizione esista nel discorso politico e sindacale degli ultimi mesi, che si ripete scandito dagli innumerevoli appelli al patto sociale, financo ad evocare la democrazia negoziale, ma che si infrange poi contro la ferma negazione di una vera e propria concertazione.
D’altronde il banco di prova per la concertazione è storicamente quello della legge di bilancio. E la strategia della disintermediazione dell’epoca renziana (2014) era stata introdotta con la perentoria affermazione dell’allora Presidente del Consiglio in persona: “Se per anni si è pensato servisse il permesso dei sindacati per scrivere le leggi, si è sbagliato”. Ecco quindi che anche Giuseppe Conte ci tiene a rivendicare di essere sì il Presidente del Consiglio che “nella storia ha incontrato di più i sindacati”, come premessa però per chiarire di non avere mai parlato di “concertazione”. “La Uil in passato hai mai scritto una manovra con il Governo?”.
E chi la vuole la concertazione? E’ in sintesi la risposta di Bombardieri. Non ancora la concertazione, ma almeno non una discussione delle misure a giochi già fatti!
Il punto sollevato dal segretario della UIL è di tutto interesse. Anche senza entrare sul terreno della preferibilità politica dove sia da ritenere giusto o sbagliato il coinvolgimento delle parti sociali. L’episodio basta a sottolineare come il metodo adottato dal Governo nel rapporto con le parti sociali, con la sola eccezione del protocollo d’intesa sulla sicurezza e la salute sul lavoro firmato a marzo, sia ormai una prassi consolidata. Che vede una prima fuoriuscita delle possibili misura sotto forma di anticipazioni giornalistiche, alla quale segue la misura emergenziale di turno, eventualmente ritoccata con successivi interventi a seconda delle rimostranze avanzate dalle parti sociali, audite a quel punto non tanto per ricevere le loro proposte, ma quelle che sono ormai solo le loro opinioni (si veda al riguardo La comunicazione politica e istituzionale nella gestione della emergenza da Covid-19: una prospettiva di relazioni industriali).
Certo, anche la proroga del blocco dei licenziamenti e l’estensione della cassa integrazione sono passati alla cronaca come una convergenza con tra governo e sindacati, ma è proprio Conte suggerire che fossero i secondi ad essere d’accordo con il primo, e non il contrario.
L’impressione è allora che questo metodo, che certo permette una rapida taratura delle norme evitando le sedi ufficiali del confronto parlamentare, sia volta in fin dei conti ad individuare la più puntuale delle promesse politiche da avanzare all’elettorato. Vedi l’ultima apparizione delle politiche attivee che secondo il Premier contrassegneranno il 2021.
Forse non sarà vero che chi di social ferisce di social perisce, ma almeno in tema di politiche attive (e non solo di concertazione) l’esperienza del Governo Renzi dovrebbe aver insegnato qualcosa.
Assegnista di ricerca
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia