Il cantiere è la massima espressione della fase realizzativa di un’opera che, in precedenza, è stata concepita, ideata e progettata e che, in seguito, dovrà essere manutenuta e, soprattutto, fruita (le Operations).
Solitamente alla fase ideativa è attribuita la maggiore importanza (ad esempio, in termini architettonici), mentre alle Operations & Maintenance si associa la maggiore incidenza per quanto inerisce ai costi nel ciclo di vita.
Nelle Scuole di Architettura e di Ingegneria, la progettazione, coi suoi artefici, è immediatamente posta come prioritaria e la manutenzione/fruizione come innovativa, mentre la esecuzione, e i suoi protagonisti, sono percepiti come marginali.
Tutto il racconto, in buona parte ovviamente retorico, incentrato sulla cosiddetta centralità del progetto ha, infatti, riguardato il bisogno di sottrarre agli esecutori (e al cantiere) qualsiasi discrezionalità e autorialità sugli aspetti creativi e ideativi: la razionalizzazione e l’ottimizzazione dei processi produttivi è avvertita, almeno nella cultura architettonica, come finalizzata alla mediocre ripetizione (di cui la prefabbricazione degli Anni Sessanta e Settanta è emblematica) e, pertanto, di ostacolo all’unicità delle soluzioni progettuali che, peraltro, nella conservazione (programmata) è tale per definizione, in quanto il decorrere temporale differenzia, comunque, gli elementi originariamente identici.
Anche quando si parla dell’edilizia risalente all’intervallo intercorso tra gli Anni Cinquanta e gli Anni Duemila, quella dell’innovazione parziale e incrementale contrapposta all’industrializzazione, il senso è di biasimarne la cattiva qualità esecutiva, non certo di sottolinearne la discutibile qualità ideativa.
D’altra parte, il Computational Design, anche quando la Forma segue la Prestazione, si concentra sui parametri relativi all’edificio da progettare, non su quelli inerenti alla sua erezione.
Il cantiere è, invece, un luogo in cui non si decidono solo le modalità esecutive, ma, in una certa misura, anche quelle progettuali, tanto più che i quadri contrattuali che prevedono, a carico dell’impresa di costruzioni, la sola realizzazione non possono certo esaurire in precedenza la progettazione.
Il cantiere, al contrario del progetto e della manutenzione, nella considerazione generale, costituisce, in fondo, il luogo degli impedimenti: in tema di tempi, di costi, di infortuni, ecc.: laddove le buone intenzioni progettuali potrebbero essere vanificate e le ottime esigenze manutentive o fruitive potrebbero, a loro volta, essere compromesse.
Il cantiere, oltre a risultare centrale nell’immaginario infantile, è, però, ma anche perciò, uno dei luoghi in cui Complessità e Rischio si manifestano nelle loro forme più eclatanti: esso è anche il maggiore riflesso della frammentazione e della articolazione dell’intero Settore delle Costruzioni, in quanto l’unicità decisionale, spesso retta da formule contrattuali antagonistiche, deve confrontarsi con una molteplicità di livelli di fornitura e di subappalto che ne ostacolano lo svolgimento sia sotto il profilo del coordinamento sia sotto la specie della natura societaria.
Nel cantiere si registrano, altresì, molto spesso condizioni di irregolarità e di insicurezza dei lavoratori, oltre che elevati gradi di improduttività e di inefficienza.
L’impresa di costruzioni, ormai affiancata da quella di installazione degli impianti, soffre della concorrenza sleale di coloro che ricorrono ad altri contratti collettivi nazionali di lavoro e al caporalato, stenta a ottenere il riconoscimento economico per il lavoro svolto, è percepita come agente prima della corruzione, è penalizzata dalla fiscalità e dal credito.
Il cantiere, e con esso l’impresa di costruzioni, diventano le icone della marginalità nei contesti manifatturieri.
Il cantiere è, purtuttavia, un luogo di produzione che, pur con le proprie specificità, può ricadere ampiamente nell’ambito della Quarta Rivoluzione Industriale, restituendo al Comparto una dignità industriale e una attrattività sociale che ha, purtroppo, perduto, qualora si sia in grado di focalizzare l’attenzione non sull’automazione del macchinario, bensì sul rapporto tra operatori, macchinari e componenti, anche allorché, specie per la nuova edificazione, si rinunci a considerarlo solo imperniato sull’Off Site.
Proviamo, infatti, a immaginare di considerare due differenti, se non antitetiche, tipologie di cantiere: quella relativa a una nuova costruzione realizzata, principalmente, con elementi prefabbricati in conglomerato cementizio armato; quella relativa alla conservazione di un edificio di culto ottocentesco sottoposto a tutela.
Naturalmente il ragionamento varrebbe pure se il primo caso concernesse il ricorso a sistemi costruttivi a secco e il secondo interventi di riqualificazione relativamente poco distruttivi.
E’ palese che, nel primo caso, la produzione consiste nel produrre e/o nell’assemblare in loco parti dell’organismo edilizio, mentre nella seconda situazione essa si concreta nel pulire, nel consolidare, nel risarcire, e così via, i manufatti esistenti, cosicché il valore aggiunto, in termini di produzione appare assai meno visibile, assai meno palpabile. Anzi, se lo fosse, vorrebbe dire che la sofisticazione dell’intervento sarebbe stata compromessa.
Per prima cosa, occorre, quindi, definire il cantiere come il luogo produttivo (laddove la nozione stessa di produzione differisce radicalmente per i due casi citati, al netto di eventuali addizioni nel caso del bene culturale immobiliare) che si estende territorialmente all’intera catena di fornitura (includendo fabbriche dell’indotto, centri di distribuzione, centrali di preconfezionamento, discariche, ecc.), quale espressione geo-spaziale.
Il cantiere è, allora, sempre una intrapresa territoriale, che deve avere natura sistemica, anzitutto perché è la digitalizzazione che promette di commetterne i vari luoghi.
Il cantiere interconnesso è, pertanto, una vasta entità territoriale che, in alcuni casi può essere circoscritta a un distretto urbano (per la gestione del calore o per la conservazione programmata), mentre in altri può rivestire, addirittura, dimensioni intercontinentali: in questo, esso è autenticamente iscritto nella Quarta Rivoluzione Industriale, in quanto è espressione di un Sistema Integrato, di una Rete di Transazioni regolate dalla Interconnessione.
Per questa ragione, a prescindere dalla natura circoscritta o dilatata del cantiere edile o infrastrutturale, puntuale o lineare, esso non può che interpretarsi quale sistema di sistemi in cui le relazioni tangibili tra questi ultimi sono date dai flussi veicolari di trasporto delle risorse umane e strumentali (materiali e macchinari), spinti dai processi intangibili di approvvigionamento (dai flussi commerciali).
D’altra parte, sia all’interno del cantiere propriamente inteso sia al suo esterno, nel cantiere dilatato, il Location Based Management System (LBMS) impone un rigoroso bilanciamento dei flussi di risorse che, in base a un monitoraggio in tempo reale della disponibilità effettiva delle risorse medesime, possa tempestivamente allocarle (destinarle, appunto, nelle localizzazioni specifiche) opportunamente, evitando soluzioni di continuità (sprechi) nel loro operare.
Sotto questa luce, i dati in tempo reale che concernono la posizione di ogni risorsa sono tesi a fare sì che essa si trovi nelle massime condizioni di incolumità e di produttività, secondo i dettami della Lean Construction.
Ovviamente il tracciamento degli operatori pone perplessità in merito alla tutela dei diritti dei lavoratori, ma la sfida globale investe la produttività del lavoro umano e la sue eventuale sostituzione con il lavoro automatizzato: anche negli ambiti della conservazione programmata, per quanto ciò appaia apparentemente improbabile.
Ciò dimostra come, in definitiva, la pianificazione e la programmazione dei lavori in cantiere assumano una veste che, ancor prima che temporale, diviene spaziale, proprio in virtù del fatto che le risorse impegnate sono geo-localizzabili e sono interconnesse: non è questa una osservazione scontata, come testimonia il fatto che una usuale programmazione dei lavori dia per scontata la disponibilità delle risorse che le attività consumano e trascuri le limitazioni spaziali che derivano anche dalla segregazione delle aree interne al cantiere (per motivi di sicurezza come di produttività). All’inverso, ciascuna risorsa diviene localizzabile e si relaziona colle altre.
La digitalizzazione irrompe, del resto, nella Lean Construction (si pensi, ad esempio, al Last Planner System) in due separate fasi temporali:
– nella mobilitazione;
– nella esecuzione.
In primo luogo, l’intento è quello di introdurre la simulazione nella configurazione della organizzazione e nella programmazione dei lavori: ovviamente, a partire dal cosiddetto Modello Informativo 4D, si cerca di definire la sequenza operativa ottimale, visualizzata in modo tale che una disarticolazione coerente delle Entità presenti nel Modello Informativo (la cosiddetta granularità dello stesso) sia collegata a una scansione temporale corrispondente.
Tra l’altro, il Livello di Definizione della Modellazione Informativa 4D si esplicita in tutta la fase della mobilitazione, fungendo da strumento di supporto alle decisioni attraverso un rigoroso protocollo che intende definire gradualmente le scelte organizzative, eventualmente riconfigurando un Modello Informativo fornito dal committente non adeguato per le esigenze del processo costruttivo.
Naturalmente, la prima, rozza, rudimentale, versione della visualizzazione diacronica, che si basava su oggetti tridimensionali CAD, privi di qualsiasi corredo alfanumerico, è stata sostituita successivamente da oggetti BIM: ma, in realtà, una prima svolta nel senso del Visual Site Construction Management, è stata offerta dalla possibilità di visualizzare interamente tutti i parametri derivati dall’ambiente di programmazione economico-temporale (a iniziare dalle curve a S dell’Earned Value Management e dell’Earned Scheduling).
In questo senso, gli oggetti del cantiere che sono visualizzati individuano direttamente le ragioni degli indicatori SPI, CPI, SV e CV, così da identificare immediatamente scostamenti temporali o deviazioni economiche.
Il passaggio decisivo è, però, stato inverato dalla coniugazione dell’Earned Value nei termini, appunto, del Location-Based, agendo sul principio del Before-the-Fact, estraneo alle tradizionali metodologie dell’Activity Based Management System (CPM, PERT, ecc.).
Il che dimostra come la gestione strategica della catena di fornitura sia il portato principale della Modellazione Informativa e del Cantiere Connesso, in quanto tutto ciò che accade nel cantiere, per come si è soliti definirlo, è fortemente condizionato da quello che accade al di fuori di esso, prima che le lavorazioni abbiano inizio.
Alla stessa modalità con cui la digitalizzazione impone una coerenza tra le informazioni progettuali (e i loro artefici), essa richiede che vi sia una consequenzialità tra ordini, produzione, consegna, stoccaggio e messa in opera: in attesa, peraltro, che il componente incorporato inizi a trasmettere al suo produttore periodicamente dati relativi allo stato di buon funzionamento e alle necessità di ispezione/riparazione/ sostituzione.
Tutto questo, tuttavia, attiene, nella fase di mobilitazione, a una mera visualizzazione che acquisisce, comunque, connotati ben più pregnanti allorché la stessa diviene simulazione all’interno di ambienti immersivi, come i CAVE, i Computer Assisted Virtual Environment, di cui i wearable device (si pensi al casco Daqri) ne saranno, successivamente, in sede cantieristica l’appendice in materia di realtà aumentata, così come, più trivialmente, lo saranno i BIM Kiosk disseminati per il cantiere.
In modi differenti, il Modello Informativo 4D viene trasferito letteralmente in sito, non nel senso delle baracche di cantiere, bensì proprio sulla specifica location, come ubiquitous e pervasive, laddove essa sta a significare che un oggetto contenuto nel Modello stesso è interpretato, col Modello Informativo 5D, come allocazione di risorse umane e strumentali che, appunto, devono visitare la localizzazione per poter dare vita alla lavorazione.
Nella programmazione temporale convenzionale l’oggetto della attenzione sono le attività corrispondenti alle lavorazioni, raggruppate secondo le Breakdown Structure, principalmente WBS, OBS, CBS, a cui sono aggregate le risorse, i loro costi, i loro tassi di produttività, la loro numerosità.
In questo caso, invece, la visualizzazione fa sì che ciascuna risorsa debba essere programmata separatamente, che letteralmente debba essere pressoché estrapolata dalla attività: contemporaneamente, però, ogni risorsa possiede spazi operativi che ne impediscono un contatto, anche indiretto, con alcune altre: esattamente come, poi, avverrà nella realtà quando i sensori posti sui DPI dell’operatore, illuminandosi o vibrando, ne segnaleranno una eccessiva prossimità ad altre risorse, potenzialmente raffigurate come agenti dannosi.
Come si vede, un oggetto analogico, una parte dell’edificio o della infrastruttura da realizzare, è corrispondente a un suo doppio digitale, sia pure in termini di modellistica, e, per essere assemblato o trattato necessita di risorse che, geo-spazialmente, lo raggiungono, di flussi informativi e fisici: cyber-physical.
Si tratta, in buona sostanza, di mettere preventivamente a confronto l’esperienza analogica dei responsabili del cantiere e della commessa con differenti situazioni ipotizzabili a livello della virtualità, al fine di delineare strategie adeguate di mitigazione del rischio del tipo what-if.
A questo fine, la simulazione può essere rafforzata da tecniche di gamification, che rendano interattivi gli scenari presumibili, consentendo di migliorare le strategie preventive e reattive, allo scopo di anticipare i possibili scenari evolutivi più critici.
Sotto questo profilo, è stato detto molte volte che la Modellazione Informativa consente di anticipare digitalmente la realizzazione dell’intervento analogico: più correttamente, si tratta, inoltre, di simulare le possibili alternative (di cui una parte non si verificherà realmente), donde il fatto che la simulazione consente di realizzare, in realtà, più modalità esecutive di un’opera, almeno virtualmente.
Da questa ottica, le sequenze simulate dovrebbero essere dotate di automatismi che ne rivelino i potenziali conflitti interferenziali in tema di produttività e di sicurezza: cosa che sinora è giunta solo a stati sperimentali: alla stessa stregua, le nuvole di punti che restituiranno, magari attraverso droni trasportanti scanner o camere, saranno sovrapposte alle scene originali al fine di valutare gli stati di avanzamento dei lavori e di segnalare le interferenze non previste inizialmente nella Modellazione Informativa 4D.
Sinora, però, la visualizzazione diacronica (4D) è rimasta confinata nell’area interna al cantiere tradizionale, ampliandola, talvolta, all’immediato dintorno, tanto per cogliere alcune problematiche legate all’occupazione temporanea del suolo pubblico o a ostacoli evidenti che si presentassero nei tragitti finali verso il cantiere.
L’ipotesi, al contrario, è quella di allargarla all’intera catena di fornitura, mettendo a sistema Expediting, Delivering e Construction: ciò significa dispiegare, entro una medesima piattaforma, BIM, GIS, Fleet Management.
Al di là della simulazione, che inerisce alla fase di mobilitazione, è l’Interconnessione che conta, nella fase della realizzazione.
In questo caso, naturalmente, sarebbe, almeno nel caso della nuova costruzione o in quello della riqualificazione, è possibile che, nel futuro, anche sulla scorta del Design for Manufacturing and Assembly (DfMA), sia letteralmente riproducibile il paradigma della fabbrica 4.0 offerto, tra gli altri, dalla Bosch Rexroth a Homburg.
A questo proposito, si ricordano alcuni tratti significativi di questa esperienza:
– digital connection between operator, product and work station;
– integration in virtual world of order planning and production control systems;
– quick adaptation to new requirements ( e.g. new products with new operations and changing quantities of products);
– transparent overview for the production planner about the capabilities of lines;
– easiness to handle changes of user interface for the operator;
– operator recognition with bluetooth tag;
– precise product identification via RFID, Work instruction synchronization, individual assembly steps.
Gli aspetti elencati da Bosch sono ovviamente coerenti con i principali tratti del 4.0:
– Cloud computing e Cyber Security;
– Advanced Industrial Analytics e Big Data;
– Intelligenza Artificiale e Machine Learning;
– IoT;
– Automazione avanzata e Robotica;
– Prototipazione rapida e 3D Printing;
– Interfaccia uomo-macchina.
A prescindere da ciò, la fabbrica sensorizzata e connessa, da un lato, è relazionata in tempo reale al cantiere di destinazione, potendo calibrare l’oggetto della produzione con ciò che è rilevato come As Built attraverso nuvole di punti, mentre, da un altro lato, il componente stesso, edilizio o impiantistico, sensorizzato a sua volta, può trasmettere flussi informativi dal momento in cui sia caricato sul vettore.
A questo punto, si instaura una relazione sistemica tra il componente sensorizzato (ad esempio, in merito alle condizioni del packaging), il veicolo geo-localizzato che lo trasporta (al momento non ancora divenuto autonomo), la rete stradale o ferroviaria che lo ospita e, infine, il cantiere di destinazione.
L’idea è, quindi, quella che la produzione dei pezzi unici (la mass customization) in fabbrica possa avvenire in sincronia con le condizioni effettivamente rilevate sul cantiere di destinazione per quanto concerne le lavorazioni che sequenzialmente precedono.
Per questa ragione, una possibile concomitanza tra quanto avviene in cantiere e quanto si riscontra nella fabbrica dimostra definitivamente come il primo davvero sia ormai esteso spazialmente e temporalmente.
Al momento della consegna, ottimizzando le condizioni del percorso, la connessione dovrebbe facilitare il controllo qualitativo e quantitativo della fornitura, dello stoccaggio e della messa in opera.
Tanto per quanto riguarda il contratto di fornitura quanto per quello di appalto o di subappalto, la sua formulazione nelle modalità della semantica computazionale (Smart Contracting) facilita, semi automatizzandole, l’ accertamento delle condizioni di conformità (sia grazie alla sensoristica sia tramite il monitoraggio basato su nuvole di punti con laser scanning o digital imaging), avviando la procedura, block-chained, di pagamento.
Il che significa che le clausole di acquisto sono precisate in termini computazionali, sono misurabili telemetricamente e assicurano, alla fine, una certezza del pagamento.
Naturalmente, la messa in opera, vale a dire, i flussi fisici delle risorse, tracciabili, all’interno del cantiere vero e proprio, saranno disciplinati in tempo reale da apparati sensoristici, da implementazione manuale e strumentale di dati sul terreno, ecc. che confluiscano nell’ecosistema digitale e, in particolare, entro il Modello Informativo, riproducendo la tematica dell’interazione tra l’operatore e i macchinari sui temi del controllo dei tempi, dei costi, della qualità, della salute, della sicurezza, dell’ambiente.
Stesso ragionamento vale per i flussi in uscita dal cantiere tradizionale.
L’elemento caratterizzante le attività logistiche ed esecutive (ma anche quelle manutentive) è, però, consistente nel Cognitive Computing che consenta, anche in remoto, di inferire dalle grandi moli di dati che sono generati tramite i sensori presso i componenti da assemblare, i luoghi di produzione e gli operatori, i fenomeni e le tendenze (Business Intelligence).
E’ evidente, quindi, che una parte delle lavorazioni potrebbero essere automatizzate e robotizzate, in vista della diminuzione dell’intensità di lavoro (più difficilmente nel caso della conservazione programmata), ma non sembra essere questa la posta in palio, bensì la capacità di conferire valore aggiunto al rapporto tra operatori, materiali e macchinari grazie al Machine Learning.
Non pare, in effetti, che la manifattura additiva di componenti o la robotizzazione di trattamenti possa approssimare la Costruzione alla Manifattura più di quanto non lo possa fare l’Autonomization: la sfida è, infatti, quella di definire interazioni tra operatori e macchinari in cui i primi siano supportati da algoritmi che facilitino, per i secondo, l’autoapprendimento, generando sistemi in cui l’autonomia decisionale degli apparati sia accresciuta.
Autonomization è, infatti, una locuzione che restituisce efficacemente la dimensione cyber-physical, in cui, appunto, la interazione tra gli uomini e gli apparati produttivi assume tratti inediti: la teoria del 4.0 recita: “the pervasive networking of people, things, and machines will create completely new production environments”.
Di conseguenza, appaiono espressioni quali Data-Driven Self Organizing and Cognitive Construction Site.
La traduzione culturale del 4.0 è sicuramente preferibile a una trasposizione pedissequa, ma indica che nel cantiere il fabbisogno di manodopera generica potrebbe diminuire drasticamente, mentre quello di operatori altamente qualificati nella System Integration potrebbe aumentare straordinariamente.
La riflessione, ovviamente, può presentare una conclusione più rassicurante: grazie al Modello Informativo 2D/3D gli operatori tradizionali predisporranno un Modello Informativo 4D che in cantiere sarà utilizzato, assieme agli strumenti del Field BIM, per affrontare meglio i processi tradizionali di pianificazione, di programmazione, di monitoraggio, di controllo.
Il BIM non è forse un affinamento del passaggio dal tecnigrafo al CAD?
Come sempre, le spiegazioni auto-consolatorie sono di facile comunicazione: ma dicono poco o niente sul fatto che la digitalizzazione riduce il lavoro convenzionale e disintermedia servizi a elevato costo e a scarso valore aggiunto.
Angelo Luigi Camillo Ciribini
DICATAM
Università degli Studi di Brescia