Il virus della divisione a prescindere, della contrapposizione tra le fazioni di potere (e sottopotere), della guerra senza esclusione di colpi (e di offese), dell’interpretazione tendenziosa delle regole, si è fatto strada anche in Cgil? Io, sinceramente, non ci credo, malgrado quello che sostengono alcuni giornali. Perché la Cgil è cosa più ricca, complessa e diversa, più storicamente radicata di un qualsiasi partito della sinistra che si dilania sulle poltrone in assenza di una credibile strategia. Dopo il direttivo di sabato 27, penso che sarebbe molto opportuno fermare l’orologio della designazione del prossimo segretario generale (i cui tempi sono previsti per fine gennaio) e aprire un confronto franco sui contenuti programmatici della Cgil.
Perché oggi la priorità da condividere è quale sindacato e quale Cgil siano necessari al lavoro e al Paese. Alla luce delle trasformazioni sociali, economiche, soprattutto politiche e democratiche, intervenute in maniera più veloce e più imprevedibile di quanto scritto nel documento unitario “IL LAVORO è” che pure tutti abbiamo condiviso e sostenuto. Meglio prenderne atto e reagire ora, piuttosto che accorgercene improvvisamente dopo il Congresso…
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