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Bollettino ADAPT 16 gennaio 2023, n. 2
Quello dell’apprendistato è un tema molto discusso perché, se pensato ed impiegato nel migliore dei modi, può essere uno strumento utile a superare i problemi di disallineamento di competenze e la mancanza di lavoratori qualificati. L’apprendistato può quindi essere una leva valida nella transizione dei giovani dalla scuola al mondo del lavoro. Ma, ancora oggi, in Italia come altrove, questi obiettivi – ambiziosi – non sempre sono raggiunti, e perdurano criticità che limitano le potenzialità di questo strumento.
In diversi Paesi, l’apprendistato è stato oggetto di differenti riforme, e, alla luce di questo, è interessante vedere come l’Inghilterra, tra i paesi che di più hanno riformato l’apprendistato, si sia mosso negli ultimi anni. Utile, in questo senso, è la pubblicazione del Reasearch Paper: The Recent Evolution of Apprenticeships: Participation and Pathways di Chiara Cavaglia, Sandra McNally e Gabriele Ventura che, considerando il periodo tra agosto 2014 e luglio 2020, evidenzia come si sono evoluti gli apprendistati (sia in termini quantitativi, che qualitativi) e come sono cambiate le caratteristiche dell’apprendista-tipo. Fin da subito è necessario considerare che a differenza di ciò che accade in altri Paesi, l’apprendistato in Inghilterra può essere attivato anche nei confronti di coloro che sono già occupati e già inseriti nel mercato del lavoro, diventando quindi uno strumento per l’upskilling dei dipendenti.
Una prima evidenza che il paper evidenzia è che il numero degli avviamenti in apprendistato registra un drastico declino. La causa primaria ed evidente che ha fatto registrato un forte calo è stata, comprensibilmente, la prima ondata di COVID-19. Nel rapporto però si rileva anche che la diminuzione non è distribuita ugualmente su tutto il territorio, ma ha interessato le zone più svantaggiate dove la quota degli avviamenti in apprendistato è diminuita dal 26% al 20%. Diminuzione solo in parte compensata da un contestuale aumento delle quote nelle aree meno svantaggiate (dal 14% al 18%).
Cambia anche la diffusione delle diverse tipologie – o meglio, livelli – di apprendistato. Per comprendere questa evoluzione si consideri che in Inghilterra ci sono attualmente quattro livelli di apprendistato: Intermediate, Advanced, Higher, Degree. Prevedono tutti un programma di apprendimento on the job e off the job e portano a qualifiche riconosciute a livello nazionale.
– Gli Intermediate Apprenticeships sono qualifiche di Livello 2 e sono equivalenti agli esami General Certificate of Secondary Education.
– Gli Advanced Apprenticeships sono qualifiche di Livello 3 e sono equivalenti agli esami A Level (anche noti come General Certificate of Education Advanced Level)
– Gli Higher Apprenticeships portano a qualifiche di Livello 4 e superiore e sono equivalenti ad un certificato di istruzione superiore, un diploma di istruzione superiore o un Foundation Degree (il primo anno di una laurea).
– I Degree Apprenticeships portano a qualifiche di Livello 6 o superiore ed equivalgono al conseguimento di un diploma universitario o un master (Livello 7).
Con il cambio di composizione negli avviamenti in apprendistato si intende, quindi, che si è visto un progressivo diminuire di quelli Intermediate, che portano a qualifiche professionali e tecniche, e una crescita degli avviamenti in apprendistato delle tipologie Higher Apprenticeships e Degree Apprenticeships che invece mirano all’ottenimento di un titolo secondario superiore o terziario. Questi ultimi, da numero veramente esiguo nel 2015, contano al 2020 il 16% ed il 10% sul totale, mentre l’Intermediate Level si attesta al 30% sul totale registrando un grave calo rispetto al 2015. Ad essere rimasto costante nel periodo fino ad affermarsi come livello di apprendistato più prevalente è l’Advanced Apprenticeship (44%).
A fronte dei cambiamenti appena visti nella composizione degli avviamenti in apprendistato sorge spontanea la domanda: perché si è verificato un incremento di apprendistati di Livello 4 o superiore e un calo del Livello 2? Per rispondere si deve considerare che nel periodo in analisi diverse sono state le politiche che hanno interessato gli apprendistati:
– L’introduzione dell’Apprenticeship Levy da aprile 2017. La tassa è un prelievo pari allo 0,5 per cento della fattura salariale delle imprese che superano i 3 milioni di sterline all’anno. I fondi, versati su un conto digitale, possono essere utilizzati dai datori di lavoro per finanziare nuovi apprendistati a diversi livelli. Ne deriva che i datori di lavoro che pagano il prelievo saranno più propensi ad assumere apprendisti di Livello 4 e superiore per migliorare le competenze o facilitare la progressione del loro personale quindi, in questo caso, punteranno ad un “upskilling” interno piuttosto che all’inserimento di giovani. I datori di lavori che invece non pagano il prelievo, trattasi di piccole e medie imprese, si ipotizza abbiano avuto problemi ad avviare i livelli di apprendistato desiderati (Intermediate e Advanced Apprenticeship) per un calo di fondi.
– La graduale introduzione degli Apprenticeship Standards dal 2014/2015. Gli standards sono stati gradualmente introdotti per sostituire i vecchi frameworks e aumentare la qualità degli apprendistati. Gli standards, sviluppati in collaborazione con i datori di lavoro, sostanzialmente indicano cosa farà l’apprendista e le competenze richieste in base al ruolo. Gli standards fanno sì che gli apprendistati siano molto più focalizzati sulla figura occupazionale rispetto ai frameworks incentrati, invece, su singole qualificazioni (e quindi richiedano standard formativi più elevati). Questa politica ha determinato una crescente disponibilità di apprendistati erogati come standards, in maggior misura apprendistati di livello superiore, rispetto agli apprendistati erogati come frameworks.
– L’introduzione di una soglia minima legale del 20% di formazione fuori dal lavoro ciò significa che gli apprendisti sono tenuti a dedicare il 20% almeno del loro monte orario di lavoro alla formazione off the job. Un monte ore sicuramente adatto ai livelli di apprendistato più alti, ma inadatto per altri livelli come quelli professionali e richiedenti limitate competenze, che non hanno necessità di un monte ore formativo fuori dal lavoro così ampio.
– Una politica del 2012 che riguarda la durata minima della formazione in apprendistato fissata a 12 mesi. L’effetto di questa riforma aveva modificato specialmente la durata degli Intermediate Apprenticeship in molti settori, poiché altri livelli avevano già superato la durata minima. Seppure questa politica non abbia implicazioni esclusivamente nel periodo in analisi, ha contribuito, temporalmente prima delle riforme viste sopra, alla riduzione gli avviamenti in apprendistato di Livello 2, nonché al relativo aumento dei tassi di abbandono e alla riduzione del conseguimento della qualifica.
Altra evoluzione da tenere in considerazione è data dal fato che coloro in età dai 25 anni in su rappresentano nel 2020 più del 40% di tutti gli avviamenti in apprendistato mentre coloro in età tra i 16 e i 18 anni contano poco più del 20%. Gli individui con più di 25 anni contano un’ampia maggioranza tra gli Higher Apprenticeships e i Degree Apprenticeships mentre coloro in età 19- 24 sono particolarmente sottorappresentati tra coloro che iniziano un Higher Apprenticeship.
Più è alto il livello di competenze da raggiungere grazie all’apprendistato, più l’età media si innalza. Se poi si considera che la maggior parte di questi apprendistati altamente formativi sono concentrati in settori e mestieri che richiedono un elevato numero di competenze, si può quindi concludere che molti apprendistati dal livello 3 in su siano stati attivati a favore di dipendenti di grandi aziende con l’intento di formare i dipendenti senior verso ruoli manageriali.
Per quanto concerne invece la differenza di genere negli avviamenti in apprendistato non risulta un grosso grado di ineguaglianza, ma la differenza più marcata però la si ritrova negli Higher Apprenticeships dove le donne costituiscono, seppur in calo rispetto al 2015, il 57%. Altra differenza di genere degna di nota risulta quando si tratta la distribuzione per età degli apprendisti: i maschi sono la maggioranza tra i gruppi più giovani e la minoranza tra i più adulti. Ancora più evidente è poi l’ineguale distribuzione di genere tra i settori che negli anni è rimasta costante. Mentre le donne primeggiano nei settori Impresa e amministrazione, Legge, Sanità, Servizi pubblici e Assistenza, gli uomini rappresentano la maggioranza per Ingegneria e Produzione ma sono anche ben rappresentati nei settori in crescita (Information and Communication Technologies e Edilizia).
Trattando infine le differenze etniche si può dire che complessivamente gli individui britannici bianchi rappresentano l’81% degli avviamenti in apprendistato nel 2020, un dato costante nel tempo, ma ai livelli superiori aumenta regolarmente la partecipazione di persone appartenenti a minoranze etniche. Considerando l’età lavorativa della popolazione, le minoranze etniche sono maggiormente sottorappresentate per i gruppi di età più giovani e leggermente sovra rappresentate tra i gruppi di età più adulta, mentre il contrario vale per i bianchi britannici.
Quando si tratta il background socioeconomico degli apprendisti quello che risulta è che il numero di avviamenti in apprendistato è diminuito in modo particolarmente marcato tra gli apprendisti provenienti dalle aree più svantaggiate. Gli individui proventi da ambienti poveri sono generalmente sottorappresentati a tutti i livelli, ma tra i livelli stessi vi è una notevole differenza. Sebbene la loro rappresentanza non sia troppo lontana dalla media nazionale nell’apprendistato di Livello 2 in cui sono il 13%, essa diventa sempre più negativamente marcata ad ogni livello di apprendistato successivo: 9% al Livello 3; 7% ai Livelli 4 e 5 (Higher Apprenticeships) e 5% al Livello 6 (Degree Apprenticeships) nel 2020. Se si guarda poi ai settori in cui si distribuiscono coloro in situazione più svantaggiata, in termini generali, la rappresentanza più ampia la si registra in settori quali Sanità, Sevizi pubblici e Assistenza a tutti i livelli. Al contrario, molto poco rappresentati, soprattutto agli alti livelli, sono nei settori Ingegneria e Produzione dove, tra l’altro, i payoff sono più alti rispetto a quelli di altri settori.
Quanti completano il proprio apprendistato? In linea generale si può affermare che a tutti i livelli di apprendistato i tassi di completamento sono compresi tra il 63% ed il 71%. Una percentuale bassa e, più basso ancora, è il tasso di completamento tra gli apprendisti in età più avanzata a tutti i livelli. I livelli di apprendistato che primeggiano per tasso di abbandono sono i Degree Apprenticeship dove è del 15% tra i giovani 16-18 anni, del 11% tra i 19-24enni e del 20% tra gli over 25 anni. Per comprendere l’entità di questo tasso basti notare che il tasso di abbandono dell’università è del 6,7% che risulta essere, a confronto, molto più basso. Si potrebbe imputare la causa di questi tassi elevati alle politiche sull’apprendistato, in particolare, la politica citata sopra che nel 2012 ha portato ad aumentare la durata degli apprendistati. C’è da riconoscere, tuttavia, che se da un lato quella politica può aver provocato un innalzamento del tasso di abbandono, dall’altro ha aumentato la qualità degli apprendistati visto che, a seguito della sua entrata in vigore, si è registrato migliori risultati sul mercato del lavoro per gli studenti. Ciononostante, resta di fatto alto il tasso di abbandono e non ci si può limitare a credere che sia così a causa di altre opportunità sopraggiunte agli apprendisti. Per esempio, la differenza tra completamento e abbandono può essere legata anche ai requisiti di accesso ai diversi settori. Se un settore, infatti, richiede una qualifica per l’accesso è naturale che la posta in gioco del mancato completamento dell’apprendistato aumenta, di conseguenza il tasso di abbandono scende.
Concludendo si potrebbe dire, in linea di massima e con sguardo positivo, che i cambiamenti degli ultimi anni siano una conseguenza del fatto che si volesse puntare alla qualità più che alla quantità degli avviamenti in apprendistato. Ma diversi sono i punti critici:
– Il numero complessivo e la composizione degli avviamenti in apprendistato registra un drastico declino con un cambio di composizione dai livelli inferiori a quelli superiori;
– Aumenta l’età media degli apprendisti: gli individui di età superiore ai 25 anni rappresentano la maggioranza di tutti gli apprendisti e sono ancor più rappresentati tra coloro che iniziano un apprendistato di livello superiore;
– Le donne e le minoranze etniche sono sottorappresentate tra i giovani che iniziano un apprendistato;
– Gli individui provenienti da contesti socioeconomici poveri sono sottorappresentati a tutti i livelli di apprendistato, maggiormente però ai livelli elevati;
– Per tutti i tipi di apprendistato, i tassi di abbandono sono relativamente alti.
Si è detto che le persone con più di 25 anni rappresentano la stragrande maggioranza di coloro che intraprendono gli Advanced Apprenticeships e oltre la metà di coloro che intraprendono i Degree Apprenticeships, per contro, i più giovani non sono stati i principali beneficiari della maggiore disponibilità di apprendistato di grado superiore. Quali le implicazioni? Anche se in linea teorica il potenziamento degli apprendistati “superiori” potrebbe aprire nuovi percorsi di successo nel mercato del lavoro per i più giovani, finora ha avvantaggiato in modo sproporzionato i dipendenti più adulti (25 anni e più) e quelli provenienti da contesti più avvantaggiati.
Altro punto allarmante è rappresentato dal fatto che le aree svantaggiate hanno risentito maggiormente del calo degli apprendistati di secondo livello (dove sono solitamente più rappresentati) mentre le aree più prospere abbiano beneficiato dell’espansione degli apprendistati superiori. Dunque, è difficile vedere gli apprendistati superiori e di laurea come un percorso per ampliare le opportunità per le persone provenienti da contesti più poveri. In più, gli individui proveniente da situazioni svantaggiate tendono ad essere più rappresentati a tutti i livelli nei settori con payoff più bassi rispetto agli altri settori. Infine, oltre alla situazione di svantaggio e all’età c’è da rimarcare anche che le minoranze etniche sono poco rappresentate tra i giovani apprendisti e che la distribuzione di genere tra i settori risulta ancora gravemente ineguale.
Dalla lettura del Research Report emerge, quindi, che l’apprendistato in Inghilterra, nonostante delle migliorie qualitative, non sia ancora concepito (o quantomeno concretamente utilizzato) come uno strumento di mobilità sociale capace di garantire ai giovani un modo per accedere, con tutte le qualifiche necessarie, al mercato del lavoro. Sembra invece che la tendenza sia quella di utilizzare l’apprendistato come leva per la promozione dell’upskilling degli occupati o per la costruzione di professionalità particolarmente innovative.
Camilla De Meneghi
ADAPT Junior Fellow