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Bollettino ADAPT 31 gennaio 2022, n. 4
Da anni si discute delle enormi potenzialità ma anche dei non pochi abusi che interessano il sempre più ampio ricorso ai tirocini di formazione e di orientamento al lavoro. A conferma che la via scelta dal decisore politico per regolare la materia, per quanto lastricata delle solite “buone intenzioni”, non ha mai raggiunto gli obiettivi annunciati contribuendo se mai, come segnalato dalla migliore dottrina, a una sorta di eterogenesi dei fini (P. Pascucci, L’evoluzione delle regole sui tirocini formativi e di orientamento: un’ipotesi di eterogenesi dei fini?, in GDLRI, 2013). Un crescendo di interventi normativi inadeguati e lontani della essenza e dalla prassi del fenomeno perché viziati da un grossolano equivoco di fondo. Quello di aver confuso un prezioso strumento di formazione e orientamento al lavoro basato sul metodo della alternanza formativa con un vero e proprio contratto di inserimento al lavoro giovanile (rinvio a M. Tiraboschi. “Garanzia Giovani”: le illusioni della politica sono una insidiosa trappola per il sindacato, in Bollettino ADAPT del 19 ottobre 2020, n. 38). Un tema ricorrente non solo nel dibattito pubblico ma anche in quello giuslavoristico se è vero che già un secolo fa Francesco Carnelutti denunciava le dannose conseguenze della impropria attrazione dei tirocini dentro gli schemi del lavoro produttivo e del sottosalario (F. Carnelutti, Infortuni sul lavoro, vol. I, Athenaeum, Roma, 1913, p. spec. pp. 97-98. Nella stessa prospettiva vedi anche L. Barassi, Il contratto di tirocinio, in L. Barassi, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, SEL, 1915, pp. 796-803).
Esattamente venticinque anni fa, con l’articolo 18 della legge Treu, si ponevano dettagliate condizioni per il loro utilizzo e con essi i primi argini alle possibili degenerazioni (per un approfondimento rinvio a M. Tiraboschi, Problemi e prospettive nella disciplina giuridica dei tirocini formativi e di orientamento, in DRI, 2001). Un ulteriore tentativo si è poi avuto con il protocollo tra Governo e parti sociali del 27 ottobre 2010, nell’ambito di un più ampio tentativo di razionalizzazione degli schemi giuridici dell’alternanza formativa e dell’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro con l’obiettivo di contenere l’uso dei tirocini a favore di un robusto rilancio dell’apprendistato nelle sue molteplici articolazioni. La relativa disciplina attuativa, contenuta nell’articolo 11 del decreto-legge 138 del 2011, è stata tuttavia dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale (sentenza n. 287 del 2012) perché ritenuta invasiva delle competenze assegnate alle Regioni dall’articolo 117, quarto comma, della Costituzione. Da qui il rischio di un pericoloso vuoto normativo, visto che l’intervento della Corte costituzionale travolgeva anche l’articolo 18 della legge Treu (richiamato in motivazione), e il conseguente l’impegno, da parte del legislatore nazionale, di concorrere comunque, almeno indirettamente, a una normazione possibilmente omogenea a livello regionale mediante linee guida da definirsi in Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano. Questo era l’obiettivo dei commi 34, 35 e 36 dell’art. 1 della legge n. 92 del 2012 (legge Fornero) e delle relative linee guida, approvate nel 2013 e poi significativamente modificate nel 2017 (per una ricostruzione si veda A. Battaglia, Le nuove guida in materia di tirocini, in Bollettino ADAPT del 12 giugno 2017, n. 22), che comunque, come abbiamo avuto modo di documentare più volte, non è stato raggiunto a partire dall’ammontare dell’indennizzo da riconoscere al tirocinio extracurriculare che varia notevolmente, anche a parità di attività, tra le diverse Regioni (sul punto vedi AA.VV., La regolazione dei tirocini formativi in Italia dopo la legge Fornero L’attuazione a livello regionale delle Linee-guida 24 gennaio 2013: mappatura e primo bilancio, ADAPT Labour Studies e-Book series n. 16/2013. Più recentemente, A. Corbo, F. D’Addio, L. Maria Pelusi, M. Tiraboschi, Tirocini extracurricolari: i primi recepimenti regionali delle linee guida del 25 maggio 2017, ADAPT Labour Studies e-Book series n. 69/2017).
Sulla materia interviene ora, in modo del tutto inaspettato, la legge di bilancio per il 2022 (art. 1, commi 720-726, legge n. 234 del 2021) che prospetta l’ennesimo giro di vite in materia di utilizzo dei tirocini. Avremo modo già nei prossimi mesi di valutare la portata della revisione, per ora solo vagamente annunciata, visto che la previsione normativa ha concesso al Governo e alle Regioni centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, per pervenire, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, a «un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini diversi da quelli curriculari». L’impressione, comunque, è che il legislatore abbia finito ancora una volta per mettere il carro davanti ai buoi. È infatti del tutto mancato un percorso di analisi del fenomeno e dell’impatto della sua regolazione giuridica a partire dalle pessime linee guida del 2017 e dalla fallimentare esperienza di “Garanzia giovani” a cui non poco si deve l’incremento degli abusi, come non abbiamo mancato di segnalare, anno dopo anno (si veda: U. Buratti, C. Di Stani, Garanzia Giovani: prima analisi delle (poche) offerte di lavoro e tirocinio sul portale del Ministero, in Bollettino ADAPT del 14 luglio 2014; G. Rosolen, M. Tiraboschi, Garanzia giovani: un piano per l’occupabilità o incentivi di dubbia efficacia, in Bollettino ADAPT del 28 gennaio 2015; G. Rosolen, F. Seghezzi, Garanzia Giovani due anni dopo. Analisi e proposte, ADAPT Labour Studies e-Book series n. 55/2016). Così come non è emerso un minimo di dibattito pubblico alimentato da Governo e operatori su problemi, proposte e possibili soluzioni.
Non è questa la sede per avviare un confronto pubblico sull’uso e l’abuso dei tirocini extracurriculari. Confronto che abbiamo cercato di sviluppare in più di una occasione, fino al punto di prospettarne anche l’abrogazione (vedi C. Catalano, R. Fasola, D. Frisoni, T. Galeotto, G. Iacobellis, M. Sacconi, M. Tiraboschi, Abolire i tirocini extracurriculari, in Bollettino ADAPT del 6 dicembre 2021, n. 43). Rispetto alle oscure novità della legge di bilancio ci permettiamo tuttavia alcune indicazioni di merito anche per evitare che una approssimativa e del tutto improvvisata proposta normativa si ingarbugli ulteriormente e inutilmente già in sede di prima valutazione. Ciò al punto di incidere in modo negativo sul confronto tra Stato e Regioni, che ancora deve essere avviato in conferenza permanente, e nella prassi finendo anche in sede interpretativa per mettere maldestramente il carro davanti ai buoi.
Da questo punto di vista due sono le questioni principali da chiarire.
La prima è che è certamente vero che, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, sono abrogati i commi 34, 35 e 36 dell’articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92. Ma questo non al punto da travolgere le normative regionali vigenti o anche prospettare, nel vuoto normativo che si sarebbe creato, persino il ripristino dell’articolo 18 della legge Treu. Detto che il presunto problema della vigenza delle leggi regionali sarebbe già risolto applicando il principio secondo cui il tempo regge l’atto, resta la circostanza che le linee guida non sono fonti normative ma atti con una valenza meramente politica la cui operatività è poi rimessa alla libera determinazione di ciascuna Regione. Regioni che, come testualmente chiarito dalla Corte costituzionale (vedi la già ricordata sentenza n. 287 del 2012, redattore Sergio Mattarella), in materia di tirocini sono titolari di una competenza normativa residuale ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione. L’interpretazione della previsione in commento della legge di bilancio per il 2022 non può dunque indirizzarsi in una prospettiva operativa tale da dare luogo a “una indebita invasione dello Stato in una materia di competenza residuale delle Regioni” (Corte Cost., sentenza n. 287 del 2012).
La seconda questione è invece relativa alla portata della previsione di cui all’art. 1, commi 720-726, della legge n. 234 del 2021. Tra i primi commentatori v’è chi ha parlato, in proposito, di una imminente abolizione (o, comunque drastica restrizione) dei tirocini extracurriculari posto che, per espressa previsione legislativa, si prospetta una «revisione della disciplina, secondo criteri che ne circoscrivano l’applicazione in favore di soggetti con difficoltà di inclusione sociale». Ora, a prescindere dalla condivisibilità o meno di una siffatta linea di politica legislativa e del lavoro (cioè l’abolizione tout court dei tirocini extracurriculari), abbiamo già avuto modo di chiarire che, come confermato a più riprese dalla Corte costituzionale, il legislatore nazionale non ha alcuna competenza in materia e, dunque, non potrebbe stabilire in modo unilaterale un siffatto obiettivo. Se così sarà lo si dovrà a una intesa tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, nell’ambito di una decisione politica ancora tutta da adottare e che, per essere efficace sul piano giuridico, dovrà poi essere recepita Regione per Regione per essere realmente operativa.
Quel che è certo, allo stato, è che la legge di bilancio è intervenuta in una materia che non è di competenza del legislatore nazionale usando peraltro un linguaggio atecnico che fa genericamente riferimento a soggetti con difficoltà di inclusione sociale. E nessuno dubita che oggi, almeno in Italia, i giovani siano soggetti svantaggiati e che la loro difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro è fonte di gravi difficoltà di inclusione sociale senza per questo dover essere assimilati a persone estremamente fragili e prive di autonomia. Va del resto ricordato che i tirocini tecnicamente finalizzati alla “inclusione sociale” sono regolati non dalle linee guida del 2017 ma da quelle dall’accordo in Conferenza Stato Regioni del 22 gennaio 2015 che disciplina tutt’altro fenomeno e cioè interventi per la riabilitazione in favore di persone prese in carico dal servizio sociale professionale e/o dai servizi sanitari competenti.
Già con le linee guida del 2017 Governo e Regioni decisero in modo maldestro di sottoporre i giovani, anche se da poco neodiplomati o neolaureati (e cioè semplicemente inoccupati), alla gogna della condizione di disoccupazione ai sensi dell’articolo 19 del d.lgs. n. 150 del 2015 per poter accedere al tirocinio extracurriculare. Ci mancherebbe ora, sempre nella già ricordata eterogenesi dei fini che ha sin qui colpito i più recenti interventi in materia, una decisione politica in sede di Conferenza Stato Regioni che cancelli i tirocini extracurriculari per poi contestualmente ammetterne l’utilizzo per i nostri giovani nella forma del tirocinio di inclusione sociale. Oltre il danno sarebbe una beffa che non cambierà nulla nell’utilizzo dello strumento se non umiliare ancora di più i nostri giovani nel loro primo incontro col il mondo del lavoro.
Michele Tiraboschi
Ordinario di diritto del lavoro
Università di Modena e Reggio Emilia