Condannata Renault España al risarcimento di 61.000 euro in favore del dipendente licenziato: non tutte le attività svolte durante un congedo per malattia costituiscono violazione del dovere di lealtà
| di Lavinia Serrani
Bollettino ADAPT 14 aprile 2025, n. 15
Il Tribunal Superior de Justicia di Castiglia e León ha condannato, con la recente sentenza n. 159 del 3 febbraio 2025, la società Renault España per aver licenziato in modo illegittimo un dipendente in congedo per malattia. L’azienda dovrà ora reintegrarlo o risarcirlo con oltre 61.000 euro.
Il caso riguarda un lavoratore in servizio presso la Renault da oltre 20 anni, il quale, nel giugno del 2023, era entrato in congedo per incapacità temporanea dovuta ad una lombalgia acuta. Per tale discopatia lombare e cervicale, nel trattamento medico, gli era stata raccomandata la realizzazione di esercizi per la schiena volti a rafforzare la colonna vertebrale, come pilates, camminate, nuoto terapeutico o yoga, tra gli altri. Inoltre, nel referto dell’unità di fisioterapia si suggeriva di svolgere attività quotidiane della vita di tutti i giorni, come passeggiate di media durata, facendo delle pause quando necessario. Per quanto riguarda la guida, il rapporto stabiliva che esisteva una controindicazione a guidare se non venivano effettuate soste regolari.
Durante il periodo di malattia, la casa automobilistica ha incaricato un investigatore privato di sorvegliare il dipendente, con l’obiettivo di accertare eventuali comportamenti contrari allo stato di salute dichiarato.
Secondo i rapporti forniti dai detective, l’uomo sarebbe stato osservato mentre camminava, guidava per brevi tragitti, lavava l’auto con una pompa a getto, riempiva una caraffa d’acqua di 5 litri – sebbene seduto su una sedia portatile – e trasportava uno zaino contenente un furetto di circa 400 grammi.
Tali attività, secondo le argomentazioni dell’azienda, avrebbero compromesso la credibilità del lavoratore e giustificato, ai sensi dell’articolo 54.2.d Estatuto de los Trabajadores, il licenziamento per violazione della buona fede contrattuale, notificato il 6 giugno 2024.
Contro tale provvedimento, il lavoratore, tuttavia, ha presentato ricorso, sostenendo che detti comportamenti non rappresentassero un rischio per la sua salute né interferissero con il recupero prescrittogli. I certificati medici, difatti, indicavano espressamente che era autorizzato a svolgere attività fisiche leggere, purché con pause regolari e a proseguire con le proprie attività quotidiane, purché non implicassero sforzi eccessivi.
Il tribunale di prima istanza, il Juzgado de lo Social n. 1 di Valladolid, ha dato ragione al lavoratore, dichiarando il licenziamento illegittimo e condannando Renault a scegliere tra la reintegrazione del dipendente alle stesse condizioni precedenti oltre al pagamento delle retribuzioni arretrate dal momento del licenziamento, o il pagamento di un’indennità pari a 61.632,55 euro.
E alle stesse conclusioni è altresì giunto il giudice d’appello, invocato dall’azienda con un ricorso rigettato dal Tribunal Superior de Justicia di Castiglia e León, il quale ha confermato che le attività svolte durante il congedo non fossero da ritenersi incompatibili con le indicazioni mediche, né potessero considerarsi tali da configurare una simulazione della malattia, posto che l’interessato stava ancora seguendo un trattamento medico e un percorso di riabilitazione.
I giudici hanno ricordato, in tal senso, che non ogni attività svolta durante un periodo di incapacità temporanea sia di per sé suscettibile di configurare una violazione della buona fede contrattuale, «a meno che le attività compiute non evidenzino l’idoneità al lavoro, oppure siano di tale natura da impedire o ritardare la guarigione o risultino incompatibili con la stessa situazione di incapacità temporanea».
«Nessuna di queste circostanze si verifica nel caso in esame, poiché le attività descritte nel rapporto dell’investigatore privato possono essere qualificate come proprie della vita quotidiana (peraltro raccomandate dall’unità di fisioterapia), giacché non risulta che il lavoratore abbia sollevato carichi pesanti in modo reiterato, né assunto posture forzate della colonna vertebrale in maniera continuativa, né che sia rimasto in piedi o abbia camminato a lungo senza interruzione», si legge nella sentenza.
L’organo giudicante ha inoltre sottolineato che i rapporti degli investigatori privati non hanno valore probatorio tale da poter modificare i fatti accertati in primo grado, in linea con la giurisprudenza consolidata del Tribunal Supremo.
Quel che, dunque, emerge dal caso in esame è che, salvo casi di evidente simulazione, non tutte le attività svolte dal dipendente durante una malattia costituiscono violazione del dovere di lealtà, soprattutto quando si tratta di comportamenti legati alla vita quotidiana. La sentenza è ora definitiva, e Renault dovrà adempiere alle disposizioni previste, scegliendo tra reintegrazione o risarcimento, oltre al pagamento degli onorari dell’avvocato del lavoratore.
Ricercatrice ADAPT
Responsabile Area Ispanofona
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