Nell’ambito del primo congresso unificato dei Consulenti del Lavoro della Lombardia, tenutosi il 19 maggio scorso alla Fiera di Milano-Rho, è stato presentato un lavoro di ricerca effettuato raccogliendo ed organizzando idee e proposte pervenute da colleghi di tutte le province e volto a disegnare proposte complessive ed organiche di riforma del mercato del lavoro sotto molteplici aspetti.
Il documento che ne è scaturito è stato offerto anzitutto ai rappresentanti nazionali come contributo alle riflessioni che si stanno elaborando in seno alla categoria. Visto tuttavia l’interesse con cui è stato accolto, si è ritenuto di condividerlo anche pubblicamente nella forma (voluta) di materiale grezzo e multiforme: chi avrà la bontà di leggerlo troverà infatti differenti registri espositivi, che vanno dallo spunto accennato alla vera e propria stesura normativa, ma ciò non toglie che le proposte si inseriscano tutte in un quadro organico e coeso, dotato di una certa completezza e coerenza.
Quelli che seguono sono solo spunti per una guida (ed un invito) alla lettura.
Il superamento di un mercato del lavoro “dopato”
Una considerazione sotto gli occhi di ogni operatore è che il mercato del lavoro italiano sia drogato da una serie di elementi: contratti farraginosi, soggetti spuri, false esternalizzazioni, e così via. Le cause sono sostanzialmente da ricercarsi in una ormai insostenibile rigidità ed antistoricità delle norme “protezionistiche” sul lavoro, unita ad una decisa e mai sopita tendenza al ricorso a pratiche elusive. L’atteggiamento passato del legislatore è stato spesso quello di non affrontare direttamente ed organicamente queste problematiche, per prese di posizione ideologiche ed interessi di parte; ma ciò ha prodotto legislazioni “parallele” e blandamente riparatorie, con il risultato di alimentare confusione ed incertezza, senza (quel che è peggio) riuscire ad intercettare le numerose “furbizie”, che trovavano autogiustificazione nelle predette rigidità.
Sotto questo profilo, il progetto adotta (pagg. 1 e 2) un orientamento di assoluto rigore, riportando nell’alveo del lavoro subordinato tutto il lavoro non autenticamente imprenditoriale, con un netto aut-aut.
Questo porta anzitutto ad una calibrazione del lavoro subordinato (pagg. 24-28) in termini di maggiore flessibilità, senza l’assillo di dover arrivare a condensare tutto in un’unica forma contrattuale ed anzi proponendo alcune novità (ad esempio il “lavoro condiviso”, pag. 26) o rivisitando il lavoro intermittente ed il job-sharing (pagg. 25-26).
Un impulso in tal senso, con un’apertura verso forme di maggiore flessibilità (rispetto alle quali si è voluti far emergere il concetto di cooperazione – ovvero la condivisione di una comune “avventura” fra imprenditore e lavoratore) può inoltre essere dato da contrattazioni individuali certificate (pag. 23) in grado di calibrare – rimanendo però nel lavoro subordinato, e senza inseguire fattispecie improbabili – anche fenomeni attualmente confinati nel lavoro parasubordinato (e sovente abusati) o ancora, per particolari tipologie, con il rimando normativo alla contrattazione collettiva (maggiormente rappresentativa) di peculiari settori (cfr. pag. 24).
In aggiunta, si è intravista ulteriormente la necessità di calibrare le fattispecie di lavoro personale (volontario, dei soci, della collaborazione familiare, cfr. pagg. 4-5) con norme ad hoc che prevengano abusi e dettino regole il più possibile omogenee, chiare ed incontrovertibili.
La collaborazione ora coordinata e continuativa (ridenominata “lavoro indipendente”, pag. 2) è stata prevista solo per le figure e funzioni gestorie e parasociali, comuni nelle imprese, con un trattamento fisco-previdenziale (e conseguenti prestazioni) del tutto parificato a quello del lavoro subordinato, a meno che non riguardino il lavoro riconducibile al socio-imprenditore, nel qual caso eventuali compensi previsti (aggiuntivi rispetto alla divisione secondo la quota sociale) vengono fatti ricadere nella fattispecie fisco-previdenziale di reddito di impresa.
Il lavoro occasionale per mezzo di voucher (pag. 3) diventa la fascia omnicomprensiva di assorbimento di tutti i piccoli lavori occasionali o ai margini del mercato del lavoro, senza distinzioni ed equivoci oggi esistenti. Le proposte sulla rivisitazione degli importi netti ed il contingentamento dell’utilizzo sono rivolte a limitare la concorrenza di questa fattispecie (riservata, per definizione e finalità, a prestazioni di scarsa consistenza) rispetto al normale lavoro subordinato, nell’intento di prevenire l’effetto distorsivo sul mercato del lavoro osservato in altri Paesi europei riguardo ai “minijobs”.
Il piccolo e micro imprenditore
Nelle riforme sin qui succedutesi, è mancata una calibrata attenzione del lavoro piccolo imprenditoriale, schiacciato da una parte su regole antielusive ( verso il lavoro dipendente) e dall’altra parte disperso in un orizzonte macroeconomico, senza alcuna tipizzazione della piccola e microimpresa, ancorchè esse costituiscano un asse importante (e forse fondamentale) nell’economia italiana.
Annullando completamente la contribuzione alla Gestione Separata (definita finanche dalla Cassazione “una tassa”) , si riequilibria con un’unica e comune aliquota di versamento previdenziale (cfr. pag. 7) tutto il mondo del piccolo imprenditore (fino a 50 collaboratori) , con un’ulteriore attenzione per figure del microimprenditore (fino a 10 collaboratori) e del microimprenditore individuale senza collaboratori (cfr. pagg. 6 e 7) . In questo ampio settore si ritrovano gli attuali piccoli industriali, gli artigiani , i commercianti ed i professionisti senza cassa. La peculiarità di tali tipologie fa individuare tutele e prestazioni che arrivano fino all’Aspi in caso di perdita del lavoro e forme di semplificazione fiscale ed amministrativa nonché di facilitazione gestionale (cfr. pag. 12, “varie”), in particolare legate alle assunzioni obbligatorie (poco gestibili nelle piccole imprese, ma con un’attenzione – che guarda anche in chiave europea – a raggio illimitato sulla promozione dell’occupazione dei disabili) e alla non applicabilità del d.lgs. n. 231/2001 alle imprese in questione, connotate da una dimensione personale dell’imprenditore.
Innovativa anche la possibilità di una concertazione collettiva sottoposta a certificazione (cfr. pag. 23, “patto di collaborazione collettivo”) direttamente realizzata fra imprenditore e lavoratori; a tale proposito, nessuna esclusione o marginalizzazione delle Parti Sociali (al contrario, la bilateralità esce infatti generalizzata e razionalizzata – pag. 10) ma solo il riconoscimento che vi sono fette non piccole del Paese produttivo che non vengono (o non ritengono di essere) assistite e a cui risulta inutile, se non dannosa, una rappresentatività solo formale, imposta e posticcia (peraltro, di nessun valore aggiunto in termini di relazioni industriali) .
Viene ideato un regime di presunzioni (pag 11) e sanzioni (vedi “sanzioni per abuso della forma contrattuale”, sempre a pag. 11) volte a limitare il ricorso scorretto alla fattispecie microimprenditoriale per nascondere rapporti di fatto dipendenti.
Infine, si è pensata una particolare calibrazione, rispetto alla consistenza occupazionale, degli oneri legati alla flessibilità in uscita (pag. 16)
Il lavoro e la pubblica amministrazione
Nell’ambito di alcune riflessioni su un più razionale ed economico funzionamento della macchina pubblica, tema verso il quale sembra anche emergere un interesse dell’attuale Esecutivo, l’attenzione si è concentrata anzitutto sull’esigenza di una unica Agenzia coordinata (pag. 13) per le attività di vigilanza, sotto l’egida del Ministero del Lavoro, a cui affidare anche la parte interpretativa e di prassi (pag. 14-15) effettivamente cogente per tutto il resto della P.A. lavoristica.
D’altro canto, si è voluto razionalizzare anche l’impianto assicurativo con una rivisitazione della normativa contributiva (omologando settori e prestazioni, verso il superamento di distinzioni che hanno poco senso di sussistere, pag. 10) ed infortunistica (pag. 8 e 9), di cui si è sottolineata l’importanza di allineare calcoli e versamenti al sistema previdenziale, con enormi semplificazioni operative e concettuali (ma senza disperdere il patrimonio di competenze ed iniziative specifiche).
Sempre in ottica di semplificazione, la destinazione (pag. 13) delle comunicazioni preventive (ora Unilav) ad Inps, permetterebbe di avere una uniformità di gestione sul territorio nazionale e di realizzare forme di economia fra le varie comunicazioni, lasciando ai Centri Impiego il ruolo più proprio di promozione occupazionale, sburocratizzandone l’operatività.
La proposta di sospensione (reciproca, di utenza e Amministrazioni) di particolari attività amministrative nel periodo feriale (1.8-15.9) sulla falsariga della sospensione procedurale in ambito legale, consentirebbe di affrontare con maggiore lucidità le incombenze cadenti in un periodo di (obiettiva) scarsa attività (cfr. pag. 14).
Anche sul versante sanzioni (pagg. 10-12) oltre a quella già ricordate, viene proposta una particolare estensione della maxi-sanzione sul lavoro nero, cercando di intercettare una vasta area di comportamenti scorretti ed elusivi, quali la denuncia “minimale” di lavoro. Inoltre, viene sottolineata l’esigenza di circoscrivere l’attività di soggetti spuri e a vario titolo fittiziamente operanti , con varie semplificazioni ed agevolazioni , sotto le mentite spoglie di interessi pubblici o mutualistici (pag. 23-24)
Nessun cedimento, quindi, nella semplificazione, rispetto all’esigenza (fortemente sentita da ciascun operatore serio) di ridurre, e tendenzialmente eliminare, dal mercato del lavoro vaste aree di scorrettezza, in concorrenza sleale con la parte economica che opera in maniera sana e regolare.
La flessibilità in entrata ed in uscita
L’argomento (pagg. 16-17) viene proposto radicalizzando l’inizio di riforma operato con la L. n. 92/2012 e quindi ipotizzando un regime di tutela unicamente obbligatoria in caso di licenziamento (con l’esclusione del solo licenziamento discriminatorio o nullo, ancora sottoposti a tutela reale).
Sono proposte regole volte a facilitare la riduzione del contenzioso e la promozione di pratiche conciliative. Anche le dimissioni e il recesso nel contratto a termine vengono letti come fatti normali, semplificando le regole sulla convalida ed intercettando qualche comportamento scorretto anche da parte del lavoratore.
Ancora, viene esteso e generalizzato il periodo di prova (pag. 24) e viene significativamente ridotta la portata del contratto a termine (solo legato a vere contingenze), non più così “necessario” nel rinnovato panorama normativo ipotizzato.
Si è pertanto agito in maniera opposta al recentissimo indirizzo normativo, proponendo regole radicalmente più chiare e che permettano di coniugare in modo serio e sistematico i reciproci interessi delle imprese e dei lavoratori.
Le esternalizzazioni
Un ampio capitolo è stato dedicato al tema delle esternalizzazioni (pagg. 18-22), arrivando addirittura alla proposta di un articolato normativo.
Riconoscendo nel meccanismo della responsabilità solidale un efficace deterrente alla possibile perdita di tutele economiche e giuridiche nelle catene esternalizzanti, si è ritenuto (pag. 20, punto 8) di ridurne la durata temporale ma di ampliarne la portata a parecchie fattispecie contigue all’appalto e sempre più frequenti, escludendola però (anche a fini semplificatori) per gli appalti meramente “esterni” e per quelli di importo infimo (pag. 19, punto 4), nonché di promuovere efficaci buone prassi, che stanno peraltro già emergendo nel panorama nazionale.
Sono stati individuati due consistenti ambiti normativamente scoperti, cioè privi di efficace regolazione, quali le operazioni nel cambio di appalto (previste solo da qualche Ccnl ma con scarsa applicabilità ed efficacia) e il distacco transnazionale; per la prima fattispecie è stata proposta una procedura obbligatoria (pag. 19-20, punto 7) , mentre per la seconda sono state individuate regole più stringenti ed antielusive.
A corollario di tutto ciò vi è comunque la proposta di una comunicazione preventiva dell’inizio di un appalto (cfr. pag. 21), in grado di assorbire tutte le attuali comunicazioni in merito e di fornire una tracciabilità dei fenomeni aperti sul territorio (quindi con una duplice funzione, semplificatoria e di trasparenza).
Anche le norme sul distacco (pagg. 21-22) prevedono una maggiore calibrazione della fattispecie, prevedendo in via normativa il contingentamento (superabile tramite contratto certificato) per prevenire abusi della fattispecie, non infrequenti.
Un commento finale
Non è certo possibile racchiudere in queste poche righe tutti gli argomenti affrontati da una relazione così ampia ed articolata.
Chi scrive, direttamente ed in prima persona coinvolto nel lavoro qui presentato (lavoro collettivo, si ricordi, che ha coinvolto quasi un centinaio di consulenti del lavoro lombardi) , ritiene che esso – a dispetto dell’estensione dei temi toccati e alla decisa direzione di certi indirizzi intrapresi – sia anzitutto privo di qualsiasi “presunzione”: vi è la chiara consapevolezza che non vi sono “ricette magiche” normative e che queste idee non assorbono certo ogni aspetto, senza contare che qualsiasi riforma del lavoro rischia di incontrare pesanti difficoltà, politico-ideologiche e pratiche, nonché attuative.
Tuttavia, nel momento presente operatori qualificati hanno voluto formulare alcune proposte, la cui forma è volutamente stata resa in modalità minimale, per rappresentare appunto il desiderio di partecipare utilmente al dibattito in corso, senza alcuna pretesa ma con la convinzione di possedere un buon punto di osservazione, anche sotto un profilo squisitamente operativo (il documento contiene numerosi tecnicismi che, da soli, potrebbero risultare più efficaci parecchie pseudo-semplificazioni) e rispetto al versante del “mondo piccolo” (quando troppe riforme sembrano invece calibrate solo sulle grandi imprese). Nessuna di questa proposte manca tuttavia di organicità (rispetto alle altre) e di concretezza, talché (se condivise) in un tempo ragionevolmente breve esse potrebbero essere trasposte in articolati normativi, con tanto di abrogazioni, modifiche e regole transitorie.
Sotto questo aspetto, il lavoro qui presentato si pone in modo trasversale rispetto agli interessanti progetti di riforma annunciati o elaborati ad oggi, pronto ad essere, se lo si ritiene, utilizzato, integrato (o anche solo “saccheggiato”) da chiunque ne riscontri l’opportunità.
Il lavoro di ricerca prosegue (avendo ritenuto che l’ampiezza delle proposte qui elaborate fosse già enorme, quasi altrettante intuizioni non sono state sviluppate – ma sono ugualmente a disposizione) e saranno gradite tutte le osservazioni e gli scambi critici che permetteranno di completare ed arricchire (ma anche modificare) talune delle idee qui esposte, nell’ambito di un “laboratorio condiviso permanente”, orientato ad un cambiamento che ormai appare universalmente improcrastinabile.
ADAPT Professional Fellow