Cosa ci dicono i CV degli studenti? Alcuni dati emersi dall’analisi di una classe universitaria

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Bollettino ADAPT 11 novembre 2024, n. 40
 
Introduzione
 
Durante il corso di Diritto del Lavoro tenuto dal Prof. Michele Tiraboschi presso il Dipartimento di Economia “Marco Biagi” dell’Università di Modena e Reggio Emilia, sono stati raccolti i curriculum vitae di 120 studenti frequentanti, con il fine di realizzare un’analisi dei mestieri svolti e degli schemi giuridici che li hanno regolati.
 
In seguito ad un attento esame delle informazioni indicate dagli studenti nei propri curriculum, è emerso che, in totale, sono state svolte 203 attività lavorative. Questo primo dato è utile per sottolineare che il fenomeno del lavoro non è estraneo alla maggior parte degli studenti universitari, dal momento che, tra coloro che hanno partecipato all’esercizio, ogni studente ha, in media, già svolto 1,7 attività lavorative.
 
I mestieri degli studenti
 
Per quanto riguarda la varietà delle attività lavorative svolte dai 120 partecipanti, è possibile notare che, sul totale di 203 attività, sono stati registrati complessivamente 56 diversi mestieri.
Tra i lavori più frequenti si segnalano: il/la cameriere/a, svolto da 33 studenti e studentesse, l’animatore/animatrice, svolto da 22 studenti e studentesse e il/la commesso/a, svolto da 18 studenti e studentesse. In particolare, si è potuto notare che i mestieri che si ripetono più frequentemente nei CV degli studenti afferiscono al settore terziario. Infatti, il lavoro del cameriere è riconducibile alla ristorazione, quello dell’animatore alle attività di intrattenimento e divertimento e quello del commesso al commercio.
 
La situazione osservata in aula non si distacca più di tanto dalla realtà italiana: nel 2023 il 77,5% delle persone occupate in Italia lavorava nel settore dei servizi (terziario), il 20,2% nel settore dell’industria (secondario) e il 2,3% in quello dell’agricoltura (primario). Se, invece, si osserva la situazione registrata in aula, il settore terziario ha riguardato l’89,5% delle attività svolte dagli studenti, il secondario il 6,4% e il primario 4,1%.
 
Questo dato rispecchia un’evoluzione storica che si è registrata nel nostro Paese: se nel 1860 quasi la metà (46,7%) delle persone occupate era impiegata nel settore dell’agricoltura, una quota leggermente inferiore (42,6%) nel settore dell’industria e solo il 10,7% nel settore dei servizi, negli ultimi cinquant’anni il peso del terziario è progressivamente aumentato, fino ai dati attuali.
 
Gli schemi giuridici e le tipologie contrattuali
 
Rispetto agli schemi giuridici che hanno regolato le 203 attività lavorative svolte dagli studenti, è possibile osservare una grande varietà di soluzioni. Sono 128 le attività che rientrano nell’area del “lavoro senza contratto”, 74 nel lavoro subordinato (5 con contratto di apprendistato, 4 con contratto a tempo indeterminato, 22 con lavoro a chiamata, 2 con contratto di prestazione occasionale, 7 con lavoro stagionale, 34 con contratto a termine) e in un solo caso si è registrata un’attività di lavoro autonomo.
 
Nell’area del lavoro subordinato è dunque prevalente il ricorso al contratto a tempo determinato, che è stato impiegato soprattutto per regolare le attività lavorative di allenatori di calcio, calciatori e camerieri. Il contratto a tempo indeterminato, invece, è stato utilizzato in soli quattro casi e, nello specifico, per due commessi e due segretari.
 
Il lavoro senza contratto e il lavoro irregolare
 

Un tema molto interessante affrontato durante l’analisi dei dati è quello del lavoro senza contratto. Sul totale di 203 attività lavorative, infatti, sono stata riscontrate 128 attività di lavoro senza contratto, pari al 63% dei casi, mentre solo in 75 casi, pari al 37%, le attività sono state svolte con contratto.
 
Nell’area del lavoro senza contratto è frequente il lavoro irregolare, che ricorre in 48 casi, pari circa al 24% rispetto al totale delle attività lavorative svolte dichiarate 203, una percentuale che non si differenzia molto da quella italiana, in quanto il tasso di irregolarità tra i soli giovani è del 20,9% anche se quello relativo all’intera popolazione italiana è inferiore (12,7%). Ci preoccupa il numero significativo di rapporti di lavoro irregolare? Possiamo rispondere alla domanda dal punto di vista dello Stato e da quello degli studenti.
 
Dal punto di vista dello Stato potrebbe essere un problema non indifferente sapere che i lavoratori del futuro continuano ad essere occupati mediante lavoro irregolare. Tra gli effetti si hanno: il mancato versamento di contributi, la mancata tutela previdenziale e assicurativa contro infortuni sul lavoro e il mancato pagamento delle imposte. Questo non fa altro che aggravare il grande problema italiano del carico pensionistico, come rilevato nel Rapporto annuale dell’Istat relativo al 2023.
 
Dal punto di vista del giovane studente universitario che vuole entrare nel mondo del lavoro, però, non sempre è facile trovare datori di lavoro che decidono di stipulare regolari contratti che possano permettere allo studente di lavorare conciliando i tempi di lavoro con quelli di studio, ad esempio ricorrendo al contratto di lavoro a tempo parziale oppure a schemi che consentono una maggiore flessibilità oraria.
 
Rispetto al tasso di irregolarità dei diversi mestieri, abbiamo confrontato i tre lavori più svolti e l’utilizzo di contratti irregolari. Notiamo che il mestiere del cameriere/cameriera è stato svolto nel 20% dei casi irregolarmente; chi ha lavorato come animatore/animatrice lo ha sempre fatto regolarmente; coloro che hanno lavorato come commesso/a lo hanno fatto      regolarmente il 76%      delle volte e irregolarmente il 24%. Il mestiere che è stato svolto irregolarmente più di frequente è il collaboratore studio, che nell’83% dei casi è ricaduto nell’area del lavoro irregolare.
 
È comunque da sottolineare che, nell’area del lavoro senza contratto, oltre al lavoro irregolare, rientrano anche altri schemi giuridici leciti, come il volontariato (che ricorre in 23 casi, pari al 20% del lavoro senza contratto) e il tirocinio (che ricorre in 46 casi, pari al 39% del lavoro senza contratto).
 
In particolare, per quanto riguarda stage o tirocini, si riscontra una coerenza tra i mestieri svolti e le materie caratterizzanti il corso di studi di Economia Aziendale e management. Infatti, sono prevalenti i casi degli studenti che hanno attivato tirocini per le posizioni di contabile e di segretario, seguite dall’operatore amministrativo e dal commesso e, infine, dal collaboratore di studio legale, l’assistente in banca e l’operatore per il packaging.
 
I dati dell’aula confrontati con il contesto italiano

 
Confrontando i dati raccolti nell’esercizio svolto con quelli relativi ai giovani di Italia, si possono fare delle riflessioni interessanti.
 
In primo luogo, i dati elaborati da Eurostat evidenziano che la quota dei giovani occupati      sul totale degli occupati nel nostro Paese è la più bassa d’Europa. A partire da questo dato, è dunque possibile svolgere delle riflessioni in dialogo con quanto già rilevato il 31 gennaio 2022 dalla professoressa Luisa Rosti sul quotidiano “Il Sole 24 ore”.
 
Tramite la rielaborazione INAPP dei dati Istat la professoressa Rosti evidenzia qual è la quota dei giovani lavoratori a seconda della professione svolta. Risulta che i mestieri in cui i giovani rappresentano una minoranza (meno del 10%) sono gli imprenditori e gli amministratori di grandi banche, assicurazioni, agenzie immobiliari, e imprese di intermediazione finanziaria, imprese di trasporti e imprese di informazione e comunicazione. Invece, tra le professioni più svolte dai giovani ci sono gli atleti, i camerieri e i baristi.
 
Confrontando quanto detto nell’articolo della professoressa Rosti con i dati della classe, si conferma che molti sono impiegati come camerieri (in 33 casi, di cui 3 svolti senza contratto) e baristi (in 8 casi, di cui 4 svolti senza contratto) a discapito invece di posizioni apicali come imprenditori, amministratori o assicuratori. Soltanto il mestiere di assicuratore è presente e riguarda un solo studente. In aggiunta in classe è emerso che diversi colleghi svolgono attività impiegatizie: in 12 casi si tratta di contabili, in 3 casi di impiegati/impiegate amministrativi/amministrative e in 16 casi di segretari/segretarie. Pochi sono anche i casi di mestieri che attengono al settore dei servizi di informazione e comunicazione: solo in 2 casi si è registrato il mestiere di social media manager. In classe non sono state segnalate posizioni apicali, e questa tendenza dei giovani è confermata anche a livello nazionale, infatti i dirigenti giovani sono pochi. A ciò bisogna aggiungere che, a livello europeo, accanto al tema dei giovani, si è posto anche un problema relativo alla disparità di genere nel segmento manageriale: nel 2021, secondo l’indagine sulla forza lavoro dell’Eurostat, è emerso che il gender gap nel segmento in questione è elevato per tutte le fasce d’età, infatti, giacché ogni cento manager solo un quarto è donna.

 
Conclusioni
 
Il lavoro di analisi dei curriculum vitae degli studenti di una classe del dipartimento di economia di Modena ci ha permesso di notare, su un totale di 120 partecipanti e di 203 attività lavorative svolte, alcuni elementi di collegamento tra il mondo del lavoro fuori dalle aule universitarie e quello all’interno dell’aula. Per prima cosa, bisogna notare che la maggior parte degli studenti ha svolto almeno un lavoro nella sua vita (con una media di 1,7 mestieri per studente). In secondo luogo, la maggior parte ha operato nel settore terziario. Rimane elevato anche il numero dei mestieri svolti senza contratto in modo irregolare.
 
Come ci si potrebbe aspettare leggendo i CV dei lavoratori giovani e coerentemente con l’andamento europeo, sono pochi gli studenti che hanno rivestito posizioni apicali nel contesto aziendale. A livello europeo, come dimostrato da un’indagine Eurostat, sono in particolare le donne ad essere poco presenti nelle posizioni di vertice.
 
È significativa l’analogia riscontrata tra i dati occupazionali dei giovani nel nostro Paese e i dati emersi in un contesto ristretto come quello universitario perché questo fa emergere chiaramente l’interesse che deve essere posto nel lavoro dei giovani, che non è poi lontano da quello dei lavoratori più anziani. Gli studenti attuali saranno i lavoratori (oltre che di oggi) del futuro. Per questo è fondamentale fare rilevazioni di questo tipo e far luce sul lavoro giovanile, conoscendo quante persone sono coinvolte, le modalità con cui vengono eseguite le prestazioni e le mansioni che i giovani svolgono. Per farlo, abbiamo dimostrato che si può partire da un contesto piccolo come una classe universitaria.
 
Yuliya Grekul

Studentessa del dipartimento di economia “Marco Biagi”

Università di Modena e Reggio Emilia

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Giorgia Selmi

Studentessa del dipartimento di economia “Marco Biagi”

Università di Modena e Reggio Emilia

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Cosa ci dicono i CV degli studenti? Alcuni dati emersi dall’analisi di una classe universitaria
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