Calcolare i costi derivanti dallo stress lavoro correlato e dai rischi psicosociali è complesso quanto le conseguenze che producono a livello sociale, aziendale e individuale. Questo è quanto intende dimostrare lo studio comparato, Calculating the costs of work-related stress and psychosocial risks pubblicato da Eu-Osha. La ricerca ricostruisce lo stato dell’arte, a livello europeo e internazionale, sul tema dei rischi psicosociali e da stress e individua le diverse modalità per calcolarne i costi economici, sociali e sanitari per gli Stati, i datori di lavoro e i lavoratori.
I cambiamenti che negli ultimi decenni hanno interessato il mercato del lavoro si sono tradotti in opportunità ma anche in un aumento dei rischi psicosociali e da stress. I moderni modi di organizzazione del lavoro, la globalizzazione, lo sviluppo e la diffusione dell’uso delle tecnologie informatiche hanno portato un’accelerazione dei tempi di lavoro, al multitasking e ad un aumento di pressioni e carichi di lavoro che gravano sui datori di lavoro, sui lavoratori e sulle economie nazionali. Questa situazione, come evidenzia l’Eu-Osha nel rapporto in commento, si è esponenzialmente accentuata con la crisi economica.
L’esposizione ai rischi psicosociali incide negativamente sui lavoratori in termini di deterioramento psico-fisico e riduzione della qualità della vita. Prolungate situazioni lavorative di disfunzionalità organizzativa e stressanti possono provocare molteplici disturbi al lavoratore: ansia, sbalzi d’umore, irritabilità, depressione, malattie cardiovascolari, disturbi muscoloscheletrici, ecc. Il lavoratore in tali situazioni è quindi costretto a sopportare due tipologie di costi. In prima persona subisce i problemi di salute e di relazione e si fa carico delle spese che ne derivano, inoltre, contestualmente, sostiene i costi della perdita o riduzione di reddito causati da assenze per malattia, permessi per invalidità (che non in tutti gli Stati sono pagati), pensione anticipata, mancato lavoro. Nel 2009, l’Austrian Employee Health Monitor ha rivelato che in Austria il 42% dei colletti bianchi è andato in pensione anticipata per disordini psicofisici correlati al lavoro.
Le aziende sono tra i soggetti più colpiti a livello economico dagli effetti dei rischi psicosociali e dello stress lavoro-correlato. Le aziende pagano costi diretti ed indiretti ingenti per assenteismo, calo di produttività e di prestazioni dei lavoratori, incremento del turn-over e presentismo del personale, spesso non semplici da quantificare e diversificati da settore a settore. Il rapporto Calculating the costs of work-related stress and psychosocial risks fornisce un quadro, anche se parziale, poiché i dati sono relativi solo ad alcuni Paesi, dei settori che più risentono di tali problematiche: la sanità (425 milioni di sterline perse nel 2009 nel Regno Unito), la scuola (19 milioni di sterline perse nel 2004 nel Regno Unito), l’edile (160 milioni di euro persi nel 2012 in Germania) e la pubblica amministrazione (2,3 miliardi di euro persi per ridotta produttività in Germania nel 2012).
Gli Stati pagano i costi derivanti dallo stress lavoro-correlato e dai rischi psicosociali attraverso i sistemi sanitari e assicurativi pubblici. Nel 2002 la Commissione europea calcolò che nell’Unione europea a 15, lo stress lavoro-correlato costava 20 miliardi di euro all’anno. Una ricerca più recente (Matrix 2013) riportata nel report Eu-Osha ha stimato che soltanto la depressione lavoro-correlata costa all’Europa circa 617 miliardi di euro all’anno.
L’ambiziosa ricerca condotta dall’Eu-Osha consente di delineare un primo bilancio aggiornato dello stato dei costi ingenerati dagli effetti dello stress e dei rischi psicosociali, ma al contempo presenta notevoli lacune. I costi sono elevati e gravano anche se in diversa misura, sui lavoratori, i datori di lavoro, gli Stati, ma è assai difficile operare una comparazione poiché solo di alcuni Paesi sono disponibili dati ufficiali (Europa nord-occidentale, Australia e Canada). Inoltre, le difficoltà nell’operare la comparazione derivano dalle differenti metodologie di calcolo adottate, talvolta induttivo e talaltra deduttivo, dal diverso periodo a cui fanno riferimento i dati, dalla diversa valuta in uso negli Stati.
Nonostante l’incompletezza della ricerca, l’Eu-Osha ha il merito di far comprendere l’ampiezza e la gravità del fenomeno e la necessità di intervenire per arginarne gli effetti. Le aziende non possono permettersi di sottovalutare i costi dell’assenteismo, del presentismo e dell’elevato turn-over, poiché inevitabilmente si trasformeranno in perdite economiche e di risorse umane. Occorre quindi che i datori di lavoro non sottovalutino tali problematiche e che investano di più in salute e sicurezza sul lavoro e in programmi di prevenzione dei rischi da stress lavoro-correlato mediante la valutazione dei costi, poiché, come dimostra il rapporto, ogni euro speso dalle aziende in programmi di prevenzione dei rischi genera benefici economici netti tredici volte superiori nel corso di un anno, oltre a benessere aziendale e minori oneri per gli Stati.
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@AInnesti