D.lgs. 2024/125: sfide e opportunità del recepimento della CSRD

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Bollettino ADAPT 16 settembre 2024, n. 32
 
Il 10 settembre 2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 6 settembre 2024, n. 125 di recepimento della Direttiva 2022/2464/UE, meglio conosciuta come Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).
 
La CSRD, in vigore dal 5 gennaio 2023, focalizza l’attenzione sul reporting di sostenibilità delle imprese, con l’obiettivo di modernizzare e rafforzare la disciplina sulle informazioni sociali e ambientali che le aziende sono tenute a divulgare per favorire una transizione verso un sistema economico, produttivo e finanziario sostenibile e inclusivo. Ricompresa nel Pacchetto Finanza Sostenibile della Commissione Europea, la CSRD estende significativamente l’ambito di applicazione, la divulgazione e i requisiti di rendicontazione rispetto alla precedente Direttiva 2014/95/EU, la Non Financial Reporting Directive (NFRD).
 
In particolare, la Direttiva si concentra sull’inclusione nella relazione di gestione di informazioni essenziali per comprendere l’impatto dell’impresa sulle questioni di sostenibilità, nonché sul modo in cui tali questioni influenzano le prestazioni, i risultati e la situazione dell’impresa.  La Direttiva 2022/2646 lascia agli Stati membri diversi margini di deroga nell’adattamento delle sue disposizioni a livello nazionale. In particolare, per quanto riguarda la verifica delle informazioni di sostenibilità, gli Stati membri possono decidere se affidare esclusivamente ai revisori legali questo compito, oppure coinvolgere anche altri fornitori di servizi indipendenti. Inoltre, la direttiva consente di meglio specificare i destinatari delle disposizioni, di prevedere eventualmente un’implementazione graduale per le piccole e medie imprese, con esenzioni temporanee o requisiti ridotti, ovvero di individuare le autorità competenti per la vigilanza. Il recepimento avviene in linea con quanto previsto dall’ art. 13 della legge italiana di delegazione europea 2022-2023 (Legge 21 febbraio 2024, n. 15).
 
Si definiscono, innanzitutto, i termini richiamati nel decreto e si specificano i destinatari della direttiva in Italia. Il decreto in esame specifica, infatti, l’applicazione della normativa europea alle società costituite nelle forme giuridiche di società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società in nome collettivo e società in accomandita semplice, qualora queste abbiano soci costituiti nelle forme previste dall’allegato I della direttiva 2013/34/UE, o, se non disciplinate dal diritto di uno Stato membro, che abbiano forma giuridica comparabile a quelle indicate nel suddetto allegato. Viene, inoltre, recepito l’obbligo di informativa per le imprese di assicurazione individuate dall’art. 88, c. 1, del D. lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (ovvero le imprese di assicurazione e di riassicurazione che hanno sede legale nel territorio della Repubblica), e gli enti creditizi definiti all’art. 4, par. 1, punto 1), del Regolamento 2013/575/UE (ossia le imprese la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto). A questi soggetti si aggiunge la Cassa depositi e prestiti S.p.A. solamente per le informazioni delle società sotto la sua direzione e coordinamento, così come delle società controllate da queste ultime, con l’eccezione di quelle controllate da organismi di investimento collettivo del risparmio. Analoghi criteri si applicano alle società soggette a direzione e coordinamento per la loro rendicontazione consolidata di sostenibilità.
 

Esclusi dal perimetro di applicazione sono invece la Banca d’Italia, così come i prodotti finanziari elencati all’art. 2, punto 12, lettere b) e f), del Regolamento 2019/2088/UE (ossia fondi di investimento alternativi, FIA, e gli Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari, OICVM) e le microimprese, anche se con valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani o dell’Unione europea.
 
Per tutti i destinatari individuati dal Decreto vengono quindi introdotti svariati obblighi di informativa, da inserire in una specifica sezione della relazione sulla gestione, con l’obiettivo di fornire una comprensione sia dell’impatto dell’impresa sulle tematiche di sostenibilità (impatto inside-out), sia delle informazioni necessarie per comprendere come tali tematiche influenzino l’andamento, i risultati e la situazione dell’impresa (impatto outside-in), secondo il principio della doppia materialità. La rendicontazione, che si suddivide tra individuale e consolidata rispettivamente artt. 3 e 4 del decreto (seppur con alcune differenze in termini di contenuto), deve dunque ricomprendere le informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’impresa/del gruppo sulle questioni di sostenibilità (ovvero i fattori ambientali,  sociali, relativi ai diritti umani e di governance, compresi i fattori di sostenibilità, definiti dal Regolamento 2019/2088/UE art. 2, punto 24, come le problematiche ambientali, sociali e concernenti il personale, il rispetto dei diritti umani e le questioni relative alla lotta alla corruzione attiva e passiva), nonché le informazioni del modo in cui tali questioni influiscono sull’andamento dell’azienda stessa/del gruppo e sui suoi risultati. Il report deve anche contenere una descrizione del modello e della strategia aziendale/del gruppo, gli obiettivi temporali, e deve essere chiarito il ruolo degli organi di amministrazione e controllo, insieme alle loro competenze in materia di sostenibilità. In riferimento all’informativa relativa al modello e alla strategia aziendali, è opportuno precisare che il decreto stabilisce che nel report debba essere esplicitato e compreso il modo in cui tali modelli e strategie tengono conto delle istanze dei soggetti di interesse. Tra questi, come esplicitato nei considerando della stessa Direttiva 2022/2464 (precisamente nel Considerando 14), sono incluse anche le organizzazioni sindacali.
 
Un breve cenno va quindi fatto riguardo all’obbligo di informativa sulla sostenibilità ai rappresentanti dei lavoratori. Sia l’art. 3 che l’art. 4 relativi alla rendicontazione individuale e consolidata di sostenibilità, stabiliscono che le imprese, o la società madre, debbano prevedere modalità per informare i rappresentanti dei lavoratori, anche nel rispetto delle normative e degli accordi applicabili. Devono inoltre discutere con loro le informazioni rilevanti e i metodi per ottenere e verificare i dati relativi alla sostenibilità. A tal proposito, i rappresentanti dei lavoratori possono esprimere un parere in merito, comunicandolo all’organo amministrativo e di controllo (si evidenzia, infatti, che il Considerando 52 della CSRD richiede agli Stati membri di assicurare i diritti dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nella rendicontazione di sostenibilità).
 
Ancora, le imprese/i gruppi devono descrivere le politiche adottate e l’esistenza di sistemi di incentivi legati alla sostenibilità, nonché le procedure di due diligence applicate per monitorare gli impatti negativi lungo la catena del valore. Il decreto stabilisce, inoltre, che tutte le informazioni devono essere fornite in conformità agli standard di rendicontazione ESRS, adottati dalla Commissione Europea con il Regolamento Delegato 2023/2772/UE del 31 luglio 2023, relativo ai principi di rendicontazione di sostenibilità, noti per l’appunto come ESRS.
 
Si specifica inoltre che, nel caso di rendicontazione consolidata, le capogruppo non sono obbligate a includere nella relazione sulla gestione del bilancio annuale le informazioni previste per la rendicontazione individuale, a condizione che forniscano invece tutte le informazioni richieste dal presente articolo attraverso la rendicontazione consolidata. Si richiede invece la pubblicazione del report in formato elettronico.
 
Sono previste deroghe e limitazioni alla rendicontazione di sostenibilità richiesta per le PMI quotate, gli enti piccoli e non complessi definiti all’art. 4, par. 1, punto 145), del Regolamento 2013/575/UE, le imprese di assicurazione e riassicurazione captive di cui all’art. 13, punto 2), della Direttiva 2009/138/CE.
 
L’articolo successivo, art. 5, si occupa di chiarire gli obblighi di informazione per le società figlie e succursali di società madri extra-europee che, negli ultimi due esercizi consecutivi, abbiano generato nel territorio dell’Unione ricavi netti superiori a 150 milioni di euro a livello di gruppo o, se non applicabile, a livello individuale. Le società figlie, se di grandi dimensioni o piccole e medie imprese quotate, devono pubblicare e rendere accessibile la relazione sulla sostenibilità della società madre extra-europea redatta a livello di gruppo. Nel caso in cui non vi sia una società figlia nell’Unione europea, l’obbligo si applica anche alla succursale, purché questa abbia generato ricavi netti superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente. Qualora la società madre non fornisca la relazione, la società figlia o la succursale devono richiedere le informazioni necessarie per adempiere agli obblighi previsti. Solo in caso di mancato ottenimento, devono pubblicare una relazione contenente tutte le informazioni in loro possesso e dichiarare che la società madre non ha messo a disposizione le informazioni richieste. In aggiunta alla relazione, devono pubblicare un’attestazione di conformità, oppure, se non disponibile, rilasciare una dichiarazione in cui si attesta che la società madre non ha fornito l’attestazione.
 
Al tema dell’attestazione sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità viene dedicato l’art. 8 del decreto. In particolare, il revisore incaricato deve esprimere le proprie conclusioni sulla conformità della rendicontazione alle norme del presente decreto e alla disciplina comunitaria in materia. Il revisore incaricato può essere lo stesso che si occupa della revisione legale del bilancio o un revisore diverso, purché abilitato secondo il D. Lgs. 2010/39. Anche una società di revisione legale, se autorizzata ai sensi dello stesso decreto, può acquisire l’incarico purché la relazione sia firmata da un revisore della rendicontazione di sostenibilità.
 
Il decreto di recepimento si occupa quindi del tema della pubblicità. Si chiarisce che, salvo quanto previsto dall’art. 154-ter del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, che stabilisce gli obblighi di pubblicazione per i soggetti quotati e altri obblighi di comunicazione nel mercato finanziario, la rendicontazione individuale e consolidata di sostenibilità, così come la relazione di attestazione della conformità devono essere pubblicate seguendo le modalità e i termini previsti dagli art. 2429 e 2435 del Codice Civile (che richiedono rispettivamente la pubblicazione e il deposito dei documenti contabili e delle relazioni annuali presso la Camera di Commercio e la loro disponibilità al pubblico, regolando anche i termini e le modalità di pubblicazione del bilancio d’esercizio delle società). Disposizioni leggermente diverse per le società figlie e succursali di società madri extra-europee e i loro obblighi in merito alla relazione, all’eventuale dichiarazione di non disponibilità delle informazioni da parte della società madre e all’attestazione di conformità.
 
Di seguito, il decreto chiarisce le modifiche necessarie alle normative italiane esistenti per garantire un recepimento completo e coordinato della direttiva all’interno del sistema normativo nazionale. Si interviene in particolare sul D. Lgs. 2010/39, con particolare riferimento alla disciplina sugli enti di revisione autorizzati, sia a livello comunitario sia per i paesi terzi, e sulla figura del revisore.
 
Infine, come anticipato, il decreto tratta del tema della vigilanza e delle sanzioni. In particolare, la Consob viene designata come autorità competente per la vigilanza sull’attività di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità e assume la responsabilità finale per i controlli di qualità, le ispezioni e l’imposizione di sanzioni nei confronti dei revisori legali e delle società di revisione legale che svolgono incarichi su enti di interesse pubblico o enti sottoposti a regime intermedio, oltre che sui revisori della sostenibilità e sulle società di revisione incaricate dell’attestazione. Competente per le sanzioni è anche il Ministero dell’economia e delle finanze in caso di accertate irregolarità nello svolgimento delle attività di revisione legale o di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità. Tra le misure che possono essere adottate, vi è l’emissione di un avvertimento, che impone al soggetto responsabile di interrompere la condotta illecita e di evitare di ripeterla, nonché la possibilità di dichiarare pubblicamente che la relazione di revisione o di attestazione non soddisfa i requisiti previsti dalle normative. È prevista anche la censura, che consiste in una dichiarazione pubblica di biasimo nei confronti del responsabile della violazione e, nei casi più gravi, l’imposizione di sanzioni amministrative pecuniarie, con importi variabili, oppure la sospensione dal Registro dei revisori legali per un periodo massimo di tre anni.
 
Il decreto prevede infine un’entrata in vigore graduale delle disposizioni. Dal 1° gennaio 2024, saranno applicabili alle grandi imprese e agli enti di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti. A partire dal 1° gennaio 2025, l’applicazione sarà estesa a tutte le altre grandi imprese e società madri non incluse inizialmente. Dal 1° gennaio 2026, le norme copriranno anche le piccole e medie imprese quotate, escluse le microimprese, oltre agli enti piccoli e non complessi e alle imprese di assicurazione captive, se rientrano tra le grandi o le piccole e medie imprese quotate. Con l’entrata in vigore del nuovo decreto, sarà abrogato il decreto legislativo n. 254 del 2016.
 
In conclusione, il Decreto recepisce e attua nel contesto italiano i principi della Direttiva (UE) 2022/2464, introducendo un quadro normativo chiaro e vincolante per la rendicontazione di sostenibilità. Questo segna un passo decisivo verso una maggiore trasparenza nelle informazioni relative all’impatto ambientale, sociale e di governance delle imprese e dei gruppi, rendendo obbligatoria la conformità ai principi ESRS lungo tutta la catena del valore, inclusi attori operanti nell’UE o nel territorio comunitario. Tale normativa, applicabile a partire dal 2024, impone un cambiamento strutturale per le imprese, promuovendo la responsabilità e la sostenibilità come elementi chiave nella gestione aziendale. Se, da un lato, le imprese e i gruppi dovranno affrontare numerose sfide nell’implementazione di questa direttiva, dall’altro, emergono chiaramente le opportunità per favorire una reale transizione ecologica e giusta.
 
Sara Prosdocimi

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@ProsdocimiSara

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