D.lgs. n. 62/2024 e inclusione lavorativa: la cornice delle politiche attive rivolte alle persone con disabilità

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Bollettino speciale ADAPT 3 luglio 2024, n. 3
 
Nell’affermare la natura multidimensionale del progetto di vita delle persone con disabilità, il d. lgs. 62/2024 riconosce il ruolo del lavoro come contesto di inclusione sociale e partecipazione (vedi in questo Bollettino il contributo C. Beccoi, A. Brambilla, S. Loponte, S. Negri, A. Zanoni, Il nuovo Progetto di Vita individuale, personalizzato e partecipato: quale valore aggiunto per le persone con disabilità?). Il decreto in commento, infatti, identifica tra le aree di intervento del progetto di vita anche quelle della formazione e del lavoro (art. 26, comma 3, lett. b) e prevede che tra i componenti dell’unità di valutazione dimensionale incaricata ad elaborare il progetto di vita vi possa essere anche «un rappresentante dei servizi per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità di cui all’articolo 6, della legge 12 marzo 1999, n. 68» (art. 24, comma 2, lett. g).
 
Sono evidenti, pertanto, i profili di interazione tra il progetto di vita introdotto dal decreto in commento e quel particolare capitolo delle politiche attive del lavoro dedicato alle persone con disabilità e funzionale all’inserimento sociale e lavorativo, tutelato anche dalla Costituzione italiana che, ai sensi dell’art. 38, comma 3, sancisce come «gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale».
 
Obiettivo di questo contributo è quello di sistematizzare il complesso quadro di attori, servizi e misure di politica attiva del lavoro che già esistono nell’ordinamento giuridico italiano e che possono essere valorizzati nell’ambito dei progetti di vita delle persone con disabilità, di modo da contribuire alla loro effettiva attuazione sul versante dell’integrazione lavorativa di tali persone nel tessuto produttivo.
 

Del resto, il tema dell’inclusione lavorativa risulta essere oggi, come in passato, tutt’altro che irrilevante, come documentato dai principali rapporti istituzionali di carattere nazionale ad esso dedicati. Stando agli ultimi dati dell’INAPP tutt’oggi nella popolazione con disabilità (oltre 12 milioni di persone) si evidenzia una bassa intensità lavorativa: risultano occupati solo il 12% di coloro che hanno una limitazione grave e il 28,9% di coloro che hanno una limitazione non grave; e il tasso di «ritiro dal lavoro» è molto elevato, attestandosi al 48,4% tra le persone con gravi limitazioni e al 38,9% tra quelle con limitazioni non gravi. Sul totale di oltre 700mila iscritti alle liste di collocamento mirato, soltanto 41.323 persone con disabilità sono state assunte, comunque in crescita rispetto all’anno precedente notevolmente influenzato dal Covid (i collocati nel 2020 erano stati 32.778) prevalentemente tra le regioni del Veneto, Lombardia e Toscana.
 
Il quadro normativo di riferimento in tema di politiche attive del lavoro rivolte a persone con disabilità è rappresentato dalla legge n. 68/1999 che, com’è noto, è alla base di un cambio di approccio in questa materia, mediante l’innesto del concetto di “collocamento mirato” nelle pre-esistenti assunzioni obbligatorie di quote di forza lavoro con disabilità da parte delle organizzazioni pubbliche e private, promuovendo un inserimento personalizzato in azienda del lavoratore con disabilità in grado di valorizzarne al massimo competenze ed abilità residue rispetto alle caratteristiche della postazione disponibile. Più precisamente, la legge n. 68/1999 aggiorna l’obbligo per i datori di lavoro di assumere persone con disabilità – le cosiddette quote di riserva che prevedono che le imprese, pubbliche e private, assumano lavoratori con disabilità in misura proporzionale al numero di dipendenti (v. art. 3) – introducendo servizi di supporto, incentivi all’assunzione e fondi per adattare i luoghi di lavoro alle particolari esigenze dei lavoratori con disabilità.
 
Inoltre, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di assunzione, è previsto che i datori di lavoro possano assumere i lavoratori mediante richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti ovvero mediante convenzione. Il collocamento mirato può attingere a tre tipologie di convenzione, che si differenziano l’una dall’altra a seconda che la persona con disabilità: a) sia assunta ed impiegata dal datore di lavoro in obbligo (Convenzione del primo tipo, ex art. 11); b) sia assunta dal datore di lavoro, ma distaccata per un certo periodo presso un soggetto terzo che la impiega (Convenzione del secondo tipo, ex art. 12); c) sia assunto ed impiegato da un soggetto terzo, per poi essere assunto dal datore di lavoro in obbligo alla scadenza della convenzione (Convenzione del terzo tipo, ex art. 12-bis, introdotta con la legge n. 247/2007). A queste, si aggiunge una quarta tipologia di convenzione, introdotta dall’art. 14 del d. lgs. n. 276/2003 (c.d. legge Biagi) che consente alle imprese di trasformare una percentuale dei posti riservati ai lavoratori con disabilità in commesse a favore delle cooperative sociali di tipo B. Queste ultime assumono il lavoratore al posto delle imprese in obbligo che, per contropartita, assegnano alle cooperative commesse di lavoro il cui valore economico è proporzionale al costo del personale inserito in organico per tutta la durata dell’appalto.
 
L’attuazione delle misure volte a promuovere l’occupazione delle persone con disabilità è di competenza della rete dei servizi per il lavoro regionali. È quanto disposto, anche alla luce della competenza legislativa concorrente prevista dalla Costituzione (art. 117),  dal decreto legislativo n. 150/2015 che rappresenta l’infrastruttura giuridica delle politiche attive del lavoro in Italia e che assegna alle Regioni il compito di gestire il Collocamento mirato (art. 11), al netto del ruolo riconosciuto anche all’INAIL nei servizi al lavoro rivolti alle persone con disabilità (art. 4). Pertanto, pur con tutte le peculiarità del collocamento delle persone con disabilità, a queste è offerto, per il tramite dei centri per l’impiego e dei servizi per il lavoro e formazione accreditati, quel complesso di misure e servizi previsto dall’art. 18 del decreto legislativo 150/2015 che include i servizi personalizzati di orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro. La modalità di ingaggio con cui l’utente si relaziona al Centro per l’impiego è la stipula di un Patto di Servizio, che ben può accostarsi al Progetto di vita, cioè un accordo tramite il quale si definiscono le azioni necessarie per supportare il soggetto nella ricerca di lavoro, tramite diverse misure, che possono presentare una declinazione formativa, di bilancio delle competenze, di riqualificazione mirata, ed eventualmente di avvio di un tirocinio, strumento ineludibile nella mediazione all’inserimento lavorativo di persone con disabilità (per un approfondimento in tema vedi, sempre in questo Bollettino speciale, F. Castellucci, M. Corti, C. Pace, F. Simonini, Tirocini extracurriculari: inclusione sociale e lavorativa delle persone con disabilità)
 
L’analisi proposta del decreto legislativo 62/2024 e dei suoi precedenti normativi in termini di politiche attive del lavoro mette in luce una cornice giuridica decisamente articolata che si pone come obiettivo quello di promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. La possibilità di riconoscere fra le diverse dimensioni dei loro progetti di vita la rilevanza del lavoro come strumento efficace di integrazione sociale favorisce passi significativi verso un approccio che possa essere il più possibile personalizzato e multidimensionale ai servizi integrati che li vede come destinatari. Sebbene rimangano delle difficoltà cronicizzate storicamente nell’integrazione lavorativa della disabilità, che riguardano principalmente le disparità sociali e territoriali esistenti nel nostro paese , è interessante constatare come il quadro normativo italiano abbia posto grande attenzione e sia molto ambizioso rispetto ad una dimensione che si configura ora – ove possibile – quale parte integrante dei progetti di vita delle persone con disabilità, non confinabili al solo contesto socio-sanitario nel quale vengono elaborati.
 
Federica Castellucci

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@fede_castel
 
Michele Corti

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@michele_corti
 
Carlo Pace

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena
@CarloPace_ 
 
Fabrizio Simonini

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

FabrySimonini

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