Forse ci siamo!
Il Senato ha “partorito” in data 7 maggio 2014 la versione definitiva del c.d. Decreto lavoro RenziPoletti, Decreto legge 20 marzo 2014, n. 34.
Si sotto riportano le principali modifiche per il contratto a tempo determinato. Ora il testo ri-passa alla Camera per l’approvazione definitiva entro il 19 maggio 2014.
Le modifiche sono riportate con il testo in neretto; le note sono dell’autore.
Il limite del 20% (art. 1, comma 1)
«….il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.»
Nota: viene stabilito che il limite del 20% deve essere calcolato considerando (solo) i lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Considerando solo i lavoratori a tempo indeterminato si restringe il numero di possibili assunzioni a tempo determinato. Oltretutto, dovendo fare riferimento al 1° gennaio dell’anno di assunzione, si potranno verificare delle situazioni in cui i contratti a tempo determinato stipulabili saranno nettamente superiori o inferiori rispetto al 20% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza la momento dell’assunzione, in quanto il momento storico di verifica non coincide con quello di assunzione.
Proroghe (art. 4, comma 1)
«…le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di cinque volte, nell’arco dei complessivi trentasei mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi, a condizione che si riferiscano…».
Nota: le 5 proroghe sono ammesse “nell’arco dei complessivi trentasei mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi”. Il comma così modificato fa sorgere un dubbio interpretativo. Letteralmente sembrerebbe voler dire che indipendentemente dal numero dei contratti, che complessivamente non possono superare i trentasei mesi di durata, siano possibile al massimo 5 proroghe, in tutto.
Un ordine del giorno presentato dal Sen. Maurizio Sacconi, e approvato dal Senato, chiarisce che le nuove regole sulle proroghe non si applicano ai rinnovi.
Questo “passaggio” lascia perplesso nel metodo chi scrive.
Computo del lavoro somministrato (art. 5, comma 4-bis)
«…ai fini del suddetto computo del periodo massimo di durata del contratto a tempo determinato, pari a trentasei mesi, si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato».
Nota: viene chiarito che nel computo dei trentasei mesi devono essere considerati anche i periodi in somministrazione.
Diritto di precedenza (art. 5, comma 4-quater, 4-sexies)
«Fermo restando quanto già previsto dal presente articolo per il diritto di precedenza, per le lavoratrici il congedo di maternità di cui all’articolo 16, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, intervenuto nell’esecuzione di un contratto a termine presso la stessa azienda, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza di cui al primo periodo. Alle medesime lavoratrici è altresì riconosciuto, con le stesse modalità di cui al presente comma, il diritto di precedenza anche nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine».
«Il diritto di precedenza di cui ai commi 4-quater e 4-quinquies deve essere espressamente richiamato nell’atto scritto di cui all’articolo 1, comma 2»;
Nota: il periodo di congedo di maternità intervenuto durante un contratto a termine, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il c.d. diritto di precedenza.
Inoltre, viene stabilito che il diritto di precedenza previsto per il lavoratore che nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, e per il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali, deve essere espressamente richiamato per iscritto nel contratto.
Sanzione per superamento del limite del 20% (4-septies, 4-octies, 5-bis)
«In caso di violazione del limite percentuale di cui all’articolo 1, comma 1, per ciascun lavoratore si applica la sanzione amministrativa:
a) pari al 20 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a uno;
b) pari al 50 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore a uno».
I maggiori introiti derivanti dalle sanzioni di cui al comma 4-septies sono versati ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2»;
Nota: viene introdotta una sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro nel caso di mancato rispetto del limite del 20%.
Gli introiti derivanti da tale sanzione andranno ad alimentare un Fondo per l’occupazione e la formazione.
Questo “meccanismo” sanzionatorio, però, non è alternativo rispetto a quello “giurisprudenziale”. Nel caso di mancato rispetto del limite il lavoratore potrà continuare a richiedere la conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato.
Contrariamente da quanto scritto da più commentatori, non è stato chiarito da nessuna parte che la sanzione amministrativa sostituisce la possibilità da parte del dipendente di chiedere la conversione e/o il risarcimento. Di conseguenza tale sanzione amministrativa si aggiunge a quanto già stabilito dalla giurisprudenza.
«Il limite percentuale di cui all’articolo 1, comma 1, non si applica ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. I contratti di lavoro a tempo determinato che abbiano ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono».
Nota: non rientrano nel limite del 20% i contratti stipulati da enti di ricerca (pubblici o privati) con ricercatori e personale tecnico (chi svolge cioè assistenza tecnica all’attività di ricerca o di coordinamento e direzione della stessa).
Decorrenza delle sanzioni (art. 2, comma 2-ter)
«La sanzione di cui all’articolo 5, comma 4-septies, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dalla lettera b-septies) del comma 1 del presente articolo, non si applica per i rapporti di lavoro instaurati precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, che comportino il superamento del limite percentuale di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, come modificato dal comma 1, lettera a), numero 1), del presente articolo. »
Nota: la sanzione amministrativa si applica solo per i rapporti instaurati dal 21 marzo 2014 (data di entrata in vigore del d.l. n. 34/2014)
Disposizioni transitorie (art. 2-bis)
1. Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 si applicano ai rapporti di lavoro costituiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Sono fatti salvi gli effetti già prodotti dalle disposizioni introdotte dal presente decreto.
2. In sede di prima applicazione del limite percentuale di cui all’articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dall’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), del presente decreto, conservano efficacia, ove diversi, i limiti percentuali già stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro.
3. Il datore di lavoro che alla data di entrata in vigore del presente decreto abbia in corso rapporti di lavoro a termine che comportino il superamento del limite percentuale di cui all’articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dall’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), del presente decreto, è tenuto a rientrare nel predetto limite entro il 31 dicembre 2014, salvo che un contratto collettivo applicabile nell’azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole. In caso contrario, il datore di lavoro, successivamente a tale data, non può stipulare nuovi contratti di lavoro a tempo determinato fino a quando non rientri nel limite percentuale di cui al citato articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 368 del 2001.
Nota: le nuove disposizione per i contratti a tempo determinato si applicano ai rapporti di lavoro costituiti dal 21 marzo 2014.
In sede di prima applicazione del limite del 20% conservano efficacia, ove diversi, i limiti stabiliti dai Ccnl (non si accenna alla contrattazione di secondo livello).
Se alla data di entrata in vigore del d.l. i datori di lavoro hanno in corso contratti a termine per una percentuale superiore a quella stabilita del 20%, dovranno “rientrare” nel limite entro il 31 dicembre 2014, salvo un diverso limite stabilito da un contratto collettivo applicabile all’azienda.
Non potranno essere stipulati nuovi contratti a termine fino a quando il datore di lavoro non “rientrerà” nel limite.
Nicola Porelli
ADAPT Professional Fellow
Consulente del Lavoro
@NicolaPorelli