Dialoghi sull’Europa Sociale: Ruolo e Prospettiva dei Sindacati sulla nuova Direttiva CAE con la CES

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Bollettino ADAPT 13 maggio 2024 n. 19
 
Una nuova proposta di revisione della Direttiva 2009/38/CE sui Comitati Aziendali Europei (CAE) è stata presentata dalla Commissione Europea lo scorso Gennaio (sul tema si veda E. Ligas,  La Direttiva sui Comitati Aziendali Europei: una revisione all’insegna del dialogo sociale, in Bollettino ADAPT, 4 marzo 2024). Una prima valutazione del testo di legge del 2018 e una risoluzione in materia del Parlamento Europeo del 2022 hanno difatti evidenziato le seguenti criticità della normativa del 2009 sugli EWC ovvero: 1) il basso tasso di creazione di nuovi CAE; 2) l’inefficacia delle consultazioni tra lavoratori e imprese; 3) gli ostacoli che i comitati hanno nell’accedere alle corti di giustizia; 4) una mancanza di misure correttive e sanzioni efficaci in alcuni stati membri dell’UE.
 
Per tali motivi, al fine di rispondere alle criticità emerse dalla valutazione, è stata aperta una doppia fase di consultazione delle parti sociali a livello europeo, a seguito della quale la Commissione ha redatto la propria proposta di aggiornamento della Direttiva, accogliendo di fatto le problematicità sollevate dai sindacati in fase consultiva.
 
L’intervista a Stefan Gran, senior policy advisor e membro del Company Policy team della Confederazione Europea dei Sindacati (CES) con un ruolo  fondamentale nello sviluppo della posizione della CES sulla Direttiva dei CAE e nel lavoro di advocacy nei confronti delle istituzioni europee, ha quindi l’obiettivo di approfondire il ruolo dei sindacati a livello Europeo nel processo di formulazione e proposta di politiche, dalle strategie di pressione sulle istituzioni Europee al loro rapporto con le associazioni datoriali, nonché il punto di vista delle organizzazioni sindacali sui temi affrontati dalla proposta di revisione della Direttiva.
 
Attività di lobbying e advocacy
 
Ricostruendo il processo di creazione della proposta di direttiva, Stefan Gran inizia affermando che la CES ha adottato una posizione a favore di una revisione già dal 2017, ossia quando la Commissione ha iniziato la fase di valutazione della Direttiva 2009/38/CE. Sono però le elezioni europee del 2019 che fornirono un’opportunità concreta per i sindacati di inserire la revisione del testo di legge nel programma di lavoro del Parlamento Europeo e della nuova Commissione. La CES dunque iniziò a rivolgersi ai gruppi politici nel 2019 costruendo una proposta grazie alla collaborazione dell’ETUI per garantire un lavoro di ricerca solido, e delle federazioni sindacali europee di categoria per accompagnare alla relazione alcuni esempi concreti sulle questioni riguardanti il funzionamento dei CAE. L’iniziativa venne quindi inserita nel programma di lavoro dell’Employment Committee del Parlamento.
 
Dall’intervista emerge inoltre, nel momento attuale, la la necessità di chiudere il processo di formulazione della proposta prima delle elezioni europee del 2024. Il problema emerge, infatti, a causa dello stop dei lavori sulla relazione dovuto al Covid nel 2020: “Il piano iniziale era di preparare con molto anticipo la proposta in modo che la Commissione avesse abbastanza tempo per proporre qualcosa che potesse essere concluso in questa legislatura. Ora potete vedere a che punto siamo. La proposta è arrivata molto tardi (…)”. Il report infatti è stato adottato dal Parlamento solo all’inizio del 2023 grazie a Nicolas Schmit, Commissario europeo per l’Occupazione e i diritti sociali, e da lì “il processo ha subito un’accelerazione”. Nel periodo di un anno, la Commissione ha infatti svolto “a tempo di record”, sottolinea il policy advisor, le consultazioni con le parti sociali e la valutazione d’impatto, adottando la proposta il 24 Gennaio 2024. I lavori saranno successivamente conclusi dal prossimo Parlamento europeo, a seguito delle elezioni europee di Giugno 2024.
 
In tutto questo tempo ci siamo sempre rivolti alle associazioni datoriali quando si trattava di negoziare. Noi sindacati solitamente optiamo innanzitutto per i negoziati se abbiamo la sensazione che la controparte sia un partner negoziale corretto e abbia interesse ad avviare le trattative per giungere a un accordo”, afferma Stefan Gran introducendo la questione del dialogo sociale e la mancanza di un accordo fra sindacati e associazioni datoriali, aggiungendo che “quando i lavori sul primo report (…) iniziarono era già chiaro che le associazioni datoriali non fossero preparate, dato che durante il dialogo organizzato da Dennis Radtke  si è notato che BusinessEurope, che io rispetto molto, non aveva sviluppato una posizione”. “Siete disposti a negoziare?”, questa la domanda a cui era necessario rispondere a seguito della fase di consultazione. Invero, dopo due incontri fra le parti sociali al fine di trovare terreno comune, i sindacati decisero di non avviare le trattative proprio a causa di una mancanza di risposte da parte delle associazioni datoriali sui temi posti dalla CES e dalla Commissione.
 
L’atteggiamento delle associazioni datoriali ha dimostrato ai sindacati che: “si trattava di una mossa strategica per cercare di giocare sulle tempistiche, dato che il negoziato sarebbe durato mesi prima che fosse chiaro che non sarebbe più diventato una proposta in questo mandato, e che sarebbe arrivato invece molto tardi”. A questo si accompagnano anche i negoziati paralleli fra le parti sociali, falliti dopo periodi lunghi di trattative e compromessi a causa della mancata firma da parte dei datori di lavoro, come il negoziato sul telelavoro e la dichiarazione di La Hulpe. “Penso che abbiano fatto una scommessa”, commenta Stefan Gran, “forse nemmeno tanto rischiosa, sul fatto che avranno carte migliori nella prossima legislatura della Commissione e del Parlamento, con una maggioranza che potrebbe essere più orientata verso di loro, che la Commissione punterà tutto sulla competitività, in modo che le richieste dei nostri sindacati in materia di diritto sociale e del lavoro vengano maggiormente respinte. Non è una scommessa rischiosa, ma non ne sarei così sicuro… L’hanno fatto in passato e hanno perso (…), quindi non sono sicuro che abbiano scelto una buona strategia.
 
I temi: tasso di creazione di nuovi CAE
 
Da quanto emerso nel testo della proposta, uno dei principali problemi della Direttiva del 2009 è il basso tasso di creazione di nuovi CAE a causa delle diffuse pratiche da parte delle aziende che di fatto scoraggiano l’istituzione di nuovi comitati. Alla domanda se questo tema sia stato affrontato in maniera adeguata nella nuova proposta secondo la CES e se, alla luce delle nuove disposizioni, i CAE possano essere uno strumento privilegiato di dialogo sociale a livello internazionale, Stefan Gran risponde che: “la proposta potrebbe ottenere la creazione di nuovi CAE in maniera indiretta, anche se in ogni caso non è questo lo scopo principale della nuova proposta. (…) . Se si guarda alle nostre posizioni, non si può trovare nessuna dichiarazione in cui optiamo per una maggiore proliferazione [di CAE] come richiesta principale”. La richiesta principale in realtà è infatti di ottenere più qualità e diritti dei CAE già esistenti, in modo tale da creare degli strumenti funzionanti e in cui non sia difficile rivendicare diritti quali quelli di informazione e consultazione, creando un “impatto positivo sugli altri colleghi”. Stefan Gran fa presente inoltre la questione del dialogo sociale a livello nazionale e aziendale, affermando che i lavoratori tedeschi, ad esempio, potrebbero non volere uno strumento di questo tipo, essendo che vi sono maggiori strumenti garantiti di partecipazione dei lavoratori a livello nazionale, mentre i CAE possiedono solo quelli di consultazione. Bisogna quindi mostrare, secondo il sindacalista, il valore aggiunto di avere una posizione e una lotta comune con i lavoratori degli altri Stati Membri.
 
La posizione della CES dopo l’adozione della proposta mostrava, inoltre, un particolare disappunto per la mancata espansione della portata della Direttiva nel settore del franchising, lasciando così intendere che i sindacati spingessero in maniera diretta verso una proliferazione dei CAE. A tal proposito, Stefan Gran risponde che tale questione è molto particolare e non si è sicuri che aumenterebbe drasticamente la portata della Direttiva. La situazione sarebbe complicata soprattutto dalla natura dei franchise, per cui esiste un’azienda madre e i suoi affiliati. Essendo queste realtà frammentate in tanti affiliati negli Stati Membri, non si raggiunge infatti il requisito della soglia di dipendenti su più paesi Europei per stabilire un CAE, nonostante “sappiamo che chi concede il franchising ha un enorme impatto sulle condizioni di lavoro di chi lo prende. Quindi l’azienda principale sostiene che sia tutto a carico dell’affiliato, ma non è vero perché la casa madre ha delle regole che devono essere seguite”.
 
I temi: informazione e consultazione
 
Sulla questione della debolezza dei CAE nel far valere il proprio diritto all’informazione e consultazione e alle nuove disposizioni sulla riservatezza, quindi la possibilità per le aziende di non comunicare con i CAE, Stefan Gran afferma che quanto proposto dalla Commissione sembra essere  sufficiente nonostante sia sempre possibile rafforzare la definizione di riservatezza con criteri oggettivi, e in questo modo promuovendo in modo ancor più deciso l’operato dei CAE anche su questioni complesse.
 
Si inserisce su questo tema la questione delle sanzioni per le aziende che non rispettano i diritti dei CAE: “abbiamo bisogno semplicemente di sanzioni più elevate, perché al momento sono irrisorie. In Germania, per esempio, ci sono queste multe (…) di 15 mila euro al massimo” per cui il management preferisce di fatto pagare la multa anziché permettere lo stabilimento di un CAE nella propria azienda. Lavorando su questo punto, il sindacato e la Commissione sarebbero giunti, secondo Gran, a correlare la sanzione al fatturato dell’azienda, prendendo spunto dalla normativa sul GDPR, ossia fino al 4% del fatturato globale annuo: “Si tratterebbe di una sanzione con effetto deterrente”. La Commissione avrebbe però infine proposto solo la corrispondenza con la situazione finanziaria dell’azienda, tagliando la parte relativa al fatturato. Tuttavia, lo strumento principale di cui la CES richiede l’implementazione e è l’ingiunzione, uno strumento con cui un organo amministrativo o un tribunale può fermare una decisione dell’azienda (es. ristrutturazione, licenziamenti) semplicemente per mancata informazione e consultazione dei CAE. Questo strumento viene privilegiato dai sindacati perchè, come spiega Gran: “non costa nulla all’azienda ma è molto efficace, e si può vedere come nei Paesi in cui esiste l’ingiunzione questa non venga quasi mai utilizzata perché la direzione aziendale rispetta la legge (…)”. Questo strumento non è però stato contemplato nella proposta di revisione.
 
Sviluppi futuri e forza dei sindacati a livello europeo
 
L’ultima parte dell’intervista si è concentrata sul dialogo sociale europeo, chiedendo al sindacalista se l’UE stia spingendo verso una partecipazione sempre maggiore delle parti sociali nella formulazione e implementazione delle proposte di direttive e regolamenti. A tale domanda il sindacalista della CES risponde affermando di ritenere “che siano stati cinque anni abbastanza positivi per i sindacati e per i lavoratori” a livello Europeo, anche se ci si pone il problema del recepimento e attuazione a livello nazionale. Stefan Gran si sbilancia poi sulle associazioni datoriali, descritte come molto coinvolte nei temi di politica sociale anche se, afferma: “A volte ho l’impressione che non vogliano essere coinvolti a fondo e che si vedano più come una macchina da lobbying non interessata a discussioni significative su posizioni comuni (…)”. Per quanto riguarda la Commissione, il bilancio sembra positivo per i sindacati, con una legislatura che li ha visti coinvolti al lavoro su molti temi: la direttiva sul salario minimo; la questione dell’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione; la direttiva sul lavoro nelle piattaforme digitali; la Corporate Sustainability Due Diligence Directive, in cui i lavoratori sono considerati come importanti stakeholders.
 
Tornando sul tema delle elezioni europee 2024, Gran afferma inoltre che i gruppi in Parlamento che tentano di costruire una rappresentanza alternativa dei lavoratori tramite dei sindacati gialli sono “un aspetto che dobbiamo monitorare e se questi gruppi, come previsto dai sondaggi, stanno aumentando, potrebbe esserci un problema nella prossima legislatura”.
 
I CAE come aiuto per le aziende in momenti di trasformazione senza precedenti
 
I CAE risultano quindi essere centrali per una declinazione maggiormente sociale delle decisione delle aziende perché propongono “soluzioni a cui i dirigenti non avrebbero mai pensato e che nella maggior parte dei casi hanno successo perché sanno esattamente in quale punto del processo si trova il vero problema”, mentre il loro coinvolgimentoaiuta a dare forma al processo di ristrutturazione e a finanziare politiche comuni”, nonché la loro mancata consultazione porta “a un conflitto, perché si può prendere una decisione che non è adatta alle esigenze dei lavoratori e nemmeno dell’azienda”. Con queste parole Stefan Gran suggerisce che vi deve essere una maggiore partecipazione dei lavoratori nelle decisioni dell’azienda, soprattutto perché in una situazione di crisi si riescono a trovare “soluzioni per il successo a lungo termine dell’azienda, e questo è molto più facile se lo si fa in collaborazione con la forza lavoro invece che in conflitto”.
 
Emanuele Ligas

 ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

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