Diario di viaggio nel mercato agricolo della Capitanata/11 – Il recente dibattito sulla carenza di lavoratori stagionali in agricoltura

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Bollettino ADAPT 30 maggio 2022, n. 21

 

 

Questo diario accompagna il percorso di studio sulla rappresentanza dei lavoratori stranieri in Provincia di Foggia condotto dall’autrice nell’ambito del dottorato di ricerca svolto in apprendistato presso la Fai Cisl di Foggia come operatore sindacale.

 

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Come ogni anno mancano gli stagionali dell’agricoltura. La carenza di manodopera in agricoltura, aggravata dalle limitazioni agli spostamenti dei lavoratori stranieri nei due anni di emergenza sanitaria, è un tema che ciclicamente viene denunciato dalle associazioni datoriali. Ma il mercato del lavoro agricolo ha un forte disallineamento tra domanda e offerta di lavoro e i canali di intermediazione sono insufficienti a rispondere alla necessità di manodopera stagionale.

 

Il 12 maggio scorso, il ministro del turismo Massimo Garavaglia, in una conferenza stampa nella sede della stampa estera a Roma, ha proposto la proroga del cosiddetto decreto flussi (D.P.C.M. 21 dicembre 2021, Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2021), che ogni anno autorizza l’ingresso in Italia di una quota di lavoratori stagionali, e la reintroduzione dei voucher o buoni lavoro per il pagamento di prestazioni di lavoro accessorie. Dei giorni successivi sono le dichiarazioni dell’associazione datoriale agricola Coldiretti Puglia, che in linea con le proposte del ministro, ha sostenuto l’agevolazione del rilascio del nulla osta per lavoro stagionale e l’utilizzo di contratti flessibili per impiegare nel lavoro agricolo percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati. Così, il 19 maggio il sottosegretario all’interno Nicola Molteni, ha annunciato l’adozione del secondo decreto flussi per rispondere alle richieste che arrivano dal mondo produttivo.

 

Nel nostro Paese, il decreto flussi, emanato annualmente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, consente ai cittadini provenienti da Paesi terzi di entrare in Italia per motivi di lavoro nel settore turistico o agricolo, per un periodo non superiore a 9 mesi. Della quota massima di ingressi, pari a 69.700, il decreto flussi 2021, pubblicato in Gazzetta il 17 gennaio 2022, ha fissato nel numero di 42.000 gli ingressi per motivi di lavoro subordinato stagionale nel settore agricolo e turistico-alberghiero; le restanti quote riguardano motivi di lavoro non stagionale e autonomo.  Questi numeri sono ritenuti, però, insufficienti dalle associazioni datoriali a coprire le necessità del mercato del lavoro italiano. Nel 2021, infatti, sono state presentate oltre 205 mila domande a fronte, come detto, di 69.700 quote fissate. Ed è proprio per queste ragioni che il governo italiano ha sostenuto di dover adottare un nuovo decreto flussi per l’anno 2022 nel minor tempo possibile.

 

La carenza di manodopera autoctona sarebbe quindi colmabile, secondo il governo italiano, con l’impiego di manodopera immigrata stagionale e forme di lavoro flessibili. Secondo i sindacati, però, un nuovo decreto flussi non risolverebbe i problemi strutturali del settore, non potendo garantire a chi già si trova in Italia ed è impiegato in agricoltura lavoro dignitoso e status giuridico certo. La flessibilità del lavoro stagionale si inserisce infatti in un mercato del lavoro già frammentato e precario con gravi problematiche di intermediazione di manodopera, formazione dei lavoratori nonché difficoltà di accesso ai permessi di soggiorno. Il segretario generale della Fai Cisl Onofrio Rota, commentando con la stampa le parole del ministro Garavaglia, ha allora sostenuto l’idea di agevolare l’impiego degli stranieri nel lavoro agricolo in Italia, dando priorità però ad interventi sui lavoratori immigrati già residenti così da favorire l’emersione del lavoro nero e togliere i braccianti dai ghetti.

 

L’idea è che prima di un altro decreto flussi, occorrerebbe risolvere il tema della regolarizzazione degli stranieri già residenti e che ben potrebbero colmare i gap di manodopera riscontrati nel settore agricolo. In particolare, il tentativo di regolarizzazione operato nel 2020, disposto con il decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 all’art. 103, si è rivelato fallimentare, considerando che l’85% delle regolarizzazioni ha interessato i lavoratori domestici e non quelli in agricoltura, e che alla fine di marzo 2022 le domande concluse positivamente, sulle 207.452 domande presentate, erano poco più di 65.000. I requisiti stringenti per le aziende per accedere alla procedura, gli ostacoli burocratici e i tempi lunghi di finalizzazione delle domande hanno determinato il fallimento del tentativo di regolarizzare i lavoratori stranieri già presenti in Italia. Al contrario, servirebbe riflettere su una regolarizzazione semiautomatica che consentirebbe agli stranieri già presenti di dare il proprio contributo nel settore agricolo con uno status giuridico certo.

 

Va in questa direzione la nuova formulazione dell’art. 19 TUI, co. II, che ha previsto in tema di divieti di espulsione che non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all’articolo 5, comma 6. […] Non sono altresì ammessi il respingimento o l’espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. Con la Circolare del Ministero dell’Interno, Commissione nazionale per il diritto di asilo, del 19 luglio 2021, che recepisce alcuni orientamenti già ottenuti in sede giudiziaria, è stata chiarita l’ammissibilità delle istanze indirizzate direttamente al Questore, ricomprendendo nella nozione di vita privata il diritto di instaurare e sviluppare relazioni con altri esseri umani, anche di natura professionale e commerciale.

Quindi chi ha un radicamento sul territorio italiano dimostrabile con contratti di lavoro potrebbe ottenere la protezione speciale e regolarizzare la sua posizione sul territorio italiano.

 

Gli stranieri, nonostante il loro contributo fondamentale nel settore agricolo, conservano una posizione di debolezza contrattuale che si riflette sulle condizioni di lavoro. Il tasso di irregolarità tra i dipendenti del settore agricolo è al 34,2% (dati Inps 2020), dato sensibilmente più alto della media tra tutti i settori. Diversamente, in altri stati che pure fanno ampio ricorso al lavoro stagionale nel settore agricolo, come la Germania e la Francia, il lavoro irregolare è pressoché inesistente date le ispezioni serrate. Quello che manca nel nostro Paese sono allora maggiori controlli per garantire l’applicazione della normativa contrattuale, ma anche uno status giuridico certo che consenta ai lavoratori già presenti di stabilizzarsi. Infine, sono auspicabili maggiori sforzi, anche valorizzando la bilateralità agricola territoriale, per realizzare un sistema di formazione che miri alla specializzazione degli operai comuni e un meccanismo trasparente e legale di intermediazione di domanda e offerta del lavoro, fuori dai circuiti dei caporali. Solo così sarà possibile risolvere definitivamente il problema delle carenze cicliche di manodopera. Al contrario, la promozione dell’ingresso di lavoratori stranieri stagionali in agricoltura con il sistema dei flussi sembra fornire un mero palliativo.

 

Francesca Di Credico

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@dicredicofra

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