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Questo diario accompagna il percorso di studio sulla rappresentanza dei lavoratori stranieri in Provincia di Foggia condotto dall’autrice nell’ambito del dottorato di ricerca svolto in apprendistato presso la Fai Cisl di Foggia come operatore sindacale.
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Gli insediamenti informali che sorgono nelle campagne della Capitanata hanno accolto fin dagli anni ’90 migliaia di lavoratori impiegati nel settore agricolo. Per le comunità straniere stanziate nel territorio, la distanza fisica tra queste residenze e la popolazione autoctona ha determinato una condizione di segregazione etnica che ha rallentato il processo di multiculturalismo e di integrazione nel tessuto sociale delle città. È possibile parlare di veri e propri ghetti, costituiti da baraccopoli sorte ai margini delle aree urbane prevalentemente nel territorio del sud di Foggia. Questi luoghi sono il perfetto serbatoio di forza lavoro per i caporali, che partono proprio dalle baraccopoli per reclutare la manodopera richiesta dalle aziende poste nelle vicine campagne. È così che i fenomeni del disagio abitativo e dello sfruttamento sul lavoro entrano fortemente in connessione, condizionando e mettendo in relazione tra loro anche gli interventi delle organizzazioni umanitarie e degli enti del terzo settore con le azioni della rappresentanza sindacale, come avremo modo di approfondire nei prossimi numeri di questa rubrica.
Insediamento nell’ex pista di Borgo Mezzanone (Manfredonia)*
Non soltanto il caporalato è favorito dalle condizioni abitative della manodopera immigrata ma anche queste ultime paiono in buona parte determinate dall’assenza di contratti di lavoro stabili (correlati poi, come vedremo, a permessi di soggiorno precari), che inibiscono l’accesso agli alloggi nelle aree urbane. Si tenga presente che la quasi totalità degli operai agricoli ha un contratto di lavoro a tempo determinato. Negli ultimi 20 anni il passaparola tra le comunità straniere stanziate nel territorio e quelle dei paesi d’origine ha favorito l’ampliamento di questo tipo di insediamenti. Se inizialmente negli anni ‘90 fu proprio la Regione Puglia a realizzare moduli abitativi e casolari sparsi per il territorio pronti ad accogliere i lavoratori comunitari che stagionalmente arrivavano per il periodo della raccolta per poi rientrare nei paesi d’origine, con l’avvento delle migrazioni di massa dall’Africa subsahariana il fenomeno è diventato più difficile da governare.
Solo nella provincia di Foggia si trovano oggi due grandi insediamenti abusivi, il ghetto di Rignano (località Torretta Antonacci) e l’ex pista di borgo Mezzanone, che ordinariamente ospitano circa 3.000 persone, ma nei periodi della raccolta estiva i numeri sono destinati ad aumentare. I due insediamenti si presentano come vere e proprie città auto organizzate, in cui si alternano baracche in muratura a quelle in lamiere estremamente sovraffollate, prive dei servizi primari e di condizioni igienico-sanitarie dignitose. L’acqua potabile è fornita dalle cisterne della Regione Puglia nell’ambito del progetto SU.PRE.ME, (Su.Pr.Eme. Italia, Sud Protagonista nel Superamento delle Emergenze, si inserisce nell’ambito del Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato, in particolare tra gli interventi di natura emergenziale nelle aree che presentano maggiori criticità in Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Campania con interventi sulle aree dell’accoglienza, lavoro, servizi, integrazione e governance) mentre per l’elettricità e il gas si ricorre a generatori autonomi o allacci abusivi alle linee elettriche pubbliche. Le precarie condizioni hanno causato diversi incendi negli ultimi anni, che hanno distrutto le abitazioni dei lavoratori e causato anche numerose morti. Gli insediamenti non sono però solo dormitori ma veri e propri centri di aggregazione funzionali, in cui sono sorti negozi che vanno dall’alimentari all’abbigliamento, per poter consentire ai lavoratori di adempiere alle faccende quotidiane e di avere a disposizione tutti i servizi nel luogo in cui vivono, considerando l’assenza di mezzi di trasporto privati e la distanza geografica dai centri urbani.
Insediamento nell’ex pista di Borgo Mezzanone (Manfredonia)*
Ai due ghetti principali vanno aggiunti altri insediamenti informali, come quello di Stornarella (con circa 500 abitanti), e quelli di Borgo Tressanti (con circa 300 abitanti) e Borgo Tre Titoli a Cerignola (con 49 casolari abbandonati abitati da cittadini del Niger, Nigeria e Burkina Faso e Ghana, che costituiscono la cosiddetta “colonia africana”). Oltre a questi, numerosi masserie e casolari a Poggio Imperiale, località Palmori e Ortanova sono abitati da centinaia di altre comunità di stranieri.
Lo smantellamento dei ghetti è obiettivo prioritario della Regione Puglia, della Prefettura e del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ed è presente anche nel Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo e caporalato, approvato il 20 febbraio 2020 dal “Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura”, presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, che riunisce tutti gli Enti istituzionali coinvolti a livello nazionale e territoriale, le parti sociali e le principali organizzazioni del Terzo Settore. La Regione Puglia, in particolare, sta tentando di rispondere a questo disagio con il collocamento di moduli abitativi su terreni regionali. Ne è un esempio virtuoso il piano capo “Free ghetto out”, promosso nel 2014 in conseguenza del primo sgombero del gran ghetto di Rignano, cui è seguita l’accoglienza dei lavoratori nella struttura Casa Sankara. Attualmente invece, l’ex Cara di Borgo Mezzanone sarà riconvertito per creare una cittadella dell’accoglienza pronta ad ospitare i lavoratori regolarmente soggiornanti sul territorio della Capitanata.
Moduli abitativi nel ghetto di Rignano, località Torretta Antonacci (Foggia)*
Come abbiamo visto, quindi, la posizione geografica degli insediamenti ha un ruolo decisivo nell’esclusione sociale dei lavoratori migranti, limitando l’accesso a molti diritti fondamentali in ambito civile, lavorativo e sanitario e amplificando le disuguaglianze. È quanto emerge soprattutto dai report delle attività svolte dalle organizzazioni umanitarie e dalle associazioni che operano nei ghetti i cui dati sono consultabili nei loro rapporti annuali. (si veda ad esempio il rapporto 2019 di Medici per i diritti umani e il rapporto 2020 e 2021 di Intersos sui servizi socio-sanitari nonché i rapporti di ASGI e dell’Osservatorio Placido Rizzotto Flai Cgil sull’accesso ai diritti civili e lavorativi).
La difficoltà di accesso a permessi di soggiorno per motivi di lavoro, ha favorito l’aumento esponenziale di permessi di soggiorno precari da richiedenti asilo o per motivi umanitari. A nulla pare essere servito il programma di regolarizzazione approvato nel marzo 2020 dal governo italiano, tant’è che su 207.000 domande presentate solo 30.000 provenivano dai lavoratori agricoli. In Provincia di Foggia le domande presentate per lavoro subordinato sono state solo 1268. Le ragioni del fallimento vanno rintracciate nei requisiti stringenti per l’accesso procedura. Dalla difficoltà di dimostrare la presenza in Italia (dimostrabile con fotosegnalamento dopo l’ingresso nel territorio) o la titolarità di un permesso scaduto o non convertito dopo il 31.10.2020, alla titolarità di un passaporto valido di cui molti non sono provvisti (senza considerare i tempi dilatati dei consolati nelle procedure di rilascio o l’assenza di consolati di alcuni paesi in Italia, tra cui quelli della Guinea e della Guinea Bissau). Oltre a questo, gli elevati costi della procedura sono stati completamente a carico del lavoratore e in alcuni casi osservati direttamente hanno dato luogo a vere e proprie truffe ai danni del lavoratore. Peraltro, i ritardi nella finalizzazione delle domande stanno impedendo ai richiedenti di portare a termine la procedura avviata. Da una ricognizione avviata dall’ASGI e dai promotori della Campagna “Ero straniero” sui dati forniti dal Ministero dell’interno risulta che al 16 febbraio 2021 solo il 5% delle domande era giunto alla fase finale della procedura.
Tra le difficoltà riscontrate quotidianamente dai lavoratori c’è anche l’accesso a residenze fittizie nel territorio in cui ci si trova stabilmente, necessario sia per i rinnovi dei permessi di soggiorno che per accedere a qualunque prestazione sociale o assistenziale. L’assenza di residenza o l’irreperibilità determina per le prestazioni erogate dall’INPS il rigetto della domanda.
Lo status giuridico precario quindi rende difficile l’impiego regolare nonché l’accesso a prestazioni sociali e assistenziali. Si comprendono allora l’alto tasso di irregolarità nei contratti di lavoro e i numerosi casi di sfruttamento lavorativo e caporalato.
Per queste ragioni, lo smantellamento dei ghetti e le condizioni abitative dei lavoratori agricoli sono progressivamente entrati nell’agenda delle organizzazioni sindacali locali, nella crescente consapevolezza che per poter promuovere i diritti sul lavoro della manodopera straniera, non si possa prescindere da una più ampia azione sociale rivolta ai tanti aspetti di fragilità che incidono sulla condizione lavorativa di queste persone. È sviluppando quindi interventi che fuoriescono dall’ambito strettamente lavorativo, che le organizzazioni sindacali intercettano anche le attività delle diverse associazioni e ONG che operano nel territorio. Di queste complesse dinamiche e relazioni si darà conto nel prossimo contributo.
Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena
*Foto credit: Francesca Di Credico