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Bollettino ADAPT 21 novembre 2022, n. 40
L’OECD l’11 ottobre 2022 ha pubblicato un report dal titolo Disability, Work and Inclusion: Mainstreaming in All Policies and Practices con l’obiettivo di individuare e proporre metodi innovativi per migliorare la partecipazione delle persone con disabilità al mercato del lavoro. Nel terzo capitolo Supporting all young people in education and into employment, il report approfondisce la condizione educativa e occupazionale dei giovani con disabilità (15-29 anni), evidenziando che questi ultimi rischiano di essere esclusi dal mercato del lavoro. Infatti, nonostante gli sforzi e l’attenzione di governi, datori di lavoro e associazioni di persone con disabilità, un’indagine del 2019 su 32 paesi membri dell’OECD ha evidenziato che il tasso di occupazione delle persone con disabilità è di 27 punti percentuali inferiore a quello delle persone senza disabilità, un divario rimasto costante nell’ultimo decennio. I dati dell’Unione Europea, inoltre, segnalano che quasi il 40% delle persone con disabilità tra i 20 e i 64 anni è escluso dal mercato del lavoro. La pandemia da COVID-19 ha esacerbato la situazione: un’indagine dell’International Disability Alliance (IDA) del 2021 sull’impatto della pandemia sulle persone con disabilità rivela che il 44% degli intervistati ha perso tutto o parte del proprio reddito durante la pandemia. Per intervenire su tali problematiche il report dell’OECD fornisce una serie di indicazioni sull’attuazione di programmi che integrino istruzione, protezione sociale e supporto alla transizione scuola-lavoro.
Il divario occupazionale è in rapporto con il divario di istruzione e competenze: quasi il 50% delle persone con disabilità ha un basso livello di alfabetizzazione e il 55% un basso livello di abilità matematiche, rispetto a poco più del 20% e 25%, rispettivamente, della popolazione totale. Il divario educativo inizia presto nella vita delle persone con disabilità e spesso esita in difficoltà a terminare la scuola: uno su cinque giovani con disabilità ha abbandonato prematuramente il percorso scolastico e uno su tre non studia né lavora (NEET).
Questi dati rappresentano un messaggio chiave per i responsabili politici poiché indica che gli sforzi per colmare il divario occupazionale dovrebbero iniziare dalla scuola primaria e secondaria.
Per promuovere l’occupazione dei giovani con disabilità, infatti, la raccomandazione dell’OECD è agire innanzitutto attraverso la prevenzione dell’abbandono scolastico. Nel 2006 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, cambiando drasticamente l’approccio al coinvolgimento delle persone con disabilità nella società; nell’articolo 24 la raccomandazione è di attuare un’istruzione inclusiva il cui obiettivo sia fornire a tutti gli alunni pari opportunità e istruzione di qualità. In linea con tali principi l’OECD invita a realizzare una maggiore inclusione nelle classi ordinarie: implementare principi di educazione inclusiva permetterebbe di attuare una pianificazione didattica e una comprensione dei bisogni formativi per ogni studente, senza fermarsi all’etichetta diagnostica. Prestare attenzione alla tipologia di disabilità degli studenti, i cui bisogni potrebbero richiedere una programmazione mirata, rimane un’operazione utile anche per altri scopi, ad esempio l’accesso e la partecipazione al mercato del lavoro.
La transizione scuola-lavoro, per essere efficace, dovrebbe coinvolgere più attori contemporaneamente: gli insegnanti, grazie alla loro presenza regolare nella vita degli studenti, occupano una posizione pregevole per notare difficoltà potenzialmente d’ostacolo al proseguimento del percorso formativo. Nel report dell’OECD viene proposto di affiancare agli insegnanti la figura del consulente professionale che, tenendo conto delle proiezioni aggiornate sui fabbisogni occupazionali, aiuti gli studenti a costruire dei piani di carriera. La consulenza sugli obiettivi professionali permetterebbe agli studenti di esplorare interessi e punti di forza e potrebbe essere un primo passo per ridurre il divario esistente tra le competenze richieste dalle imprese e quelle di cui sono in possesso i lavoratori. Insieme a insegnanti e consulenti professionali, sarebbe utile la collaborazione tra scuola e sistema di collocamento pubblico. I comuni e i centri per l’impiego locali sono più consapevoli dei posti di lavoro e delle proposte di formazione presenti nel territorio, quindi, sono in grado di fornire una migliore comprensione del tipo di opportunità di cui possono beneficiare i giovani con disabilità.
L’integrazione tra misure che garantiscano il diritto alla protezione sociale e misure che favoriscano la transizione scuola-lavoro rappresenta la strada da percorrere al fine di promuovere la partecipazione al mercato del lavoro. La maggior parte dei governi tutela i giovani con disabilità attraverso tre programmi principali: assegni familiari, programmi di sussidi di invalidità e programmi di reddito minimo. Garantire la protezione sociale è fondamentale affinché i giovani, non solo quelli con disabilità, mantengano uno standard di vita dignitoso; tuttavia, è altrettanto centrale creare le condizioni affinché avvenga una piena realizzazione della persona anche attraverso il lavoro inteso come strumento di espressione della personalità di ognuno. L’integrazione tra misure di protezione sociale e servizi per la transizione scuola-lavoro può essere ottenuta attraverso alcuni interventi politici: 1) rendere obbligatoria l’iscrizione presso il sistema di collocamento pubblico per tutti i giovani che non sono inseriti in percorsi di formazione o che non lavorano; 2) rendere flessibili i criteri di idoneità per beneficiare delle prestazioni economiche per persone con disabilità, consentendo loro di entrare nel mercato del lavoro ricevendo adeguate protezioni; 3) subordinare la ricezione dei sussidi alla partecipazione a percorsi di formazione, apprendistato e impiego, a seconda delle capacità dell’individuo; 4) inserire misure di sostegno a partire da un’analisi dei bisogni degli individui, progettando programmi mirati a potenziare le competenze necessarie per partecipare al mercato del lavoro.
Una delle raccomandazioni chiave presente nel report è di scongiurare il rischio che la disabilità venga interpretata come una condizione che determina e limita a priori le possibilità dell’individuo: è necessario adottare un paradigma in cui le barriere e le esigenze siano valutate in un’ottica funzionale, ossia tenendo conto di ciò che la persona può fare e come, di conseguenza, i programmi di sostegno possono agire per rimuovere gli ostacoli presenti nei contesti di vita. L’inclusione lavorativa sembra quindi essere la fase conclusiva di una complessa costruzione multidisciplinare di competenze, operazione che dovrebbe iniziare durante la scuola per ridurre il rischio che si verifichino situazioni di abbandono scolastico o di stallo alla fine del percorso di istruzione. In un mondo del lavoro che sta cambiando, interessando le persone con disabilità almeno quanto altre fasce della popolazione, l’invito dell’OECD ai responsabili politici è di sfruttare il potenziale del mercato del lavoro affinché sia in grado di funzionare per tutti. Implementare l’occupazione inclusiva nella sua accezione più ampia significa abbandonare il tentativo di adattare una persona a un lavoro per affrontare, invece, contemporaneamente problemi a livello di sistema, supportando anche i datori di lavoro nel rendere accessibili le opportunità di lavoro per le persone con disabilità.
Ilaria Fiore
Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena