Ambiente e mondo delle imprese rappresentano due sistemi che interagiscono incessantemente tra di loro visto che l’ambiente in cui viviamo garantisce le condizioni che consentono tutte le attività dell’uomo, attività imprenditoriali comprese. Tale consapevolezza implica la necessaria acquisizione da parte delle imprese di una visione che coniughi efficienza economica, tutela ambientale e considerazione delle ricadute sociali della propria attività. Non a caso, si parla tanto di responsabilità sociale di impresa cioè di quell’approccio alla sostenibilità che le aziende maggiormente innovative adottano in modo volontario ottenendo vantaggi competitivi rilevanti, la cui logica se fatta propria, consente una maggiore attenzione nei confronti degli ambienti di lavoro e quindi la salvaguardia dei livelli occupazionali stessi.
Uno degli aspetti che può caratterizzare la relazione tra ambiente ed impresa riguarda il verificarsi di disastri ambientali, vale a dire eventi riconducibili all’azione umana, direttamente o indirettamente criminosa che a differenza dei disastri naturali, non sono eccezionali o del tutto imprevedibili, ma dipendono per lo più da condotte umane reiterabili e causalmente imputabili. Si tratta di un vero e proprio momento patologico del legame ambiente/azienda e visto che molti disastri ambientali, come ad esempio quelli legati all’inquinamento industriale, derivano dallo svolgersi delle attività produttive, diventa fondamentale indagare il quadro delle responsabilità d’impresa, soprattutto al fine di comprenderne le evoluzioni prossime e quali strumenti derivanti dalla legislazione così come dalle relazioni industriali possono rivelarsi utili in termini di prevenzione e di promozione della salvaguardia dell’ambiente.
Si tratta di una tematica articolata e complessa e che implica, tra i vari aspetti, l’analisi delle diverse sfaccettature che caratterizzano il ruolo del datore di lavoro. Datore di lavoro come garante della salute e sicurezza dei lavoratori. Datore di lavoro tenuto a rispettare l’ambiente e a garantire l’incolumità dei terzi. Datore di lavoro imprenditore che non può agire solo perseguendo la logica della produttività, ma che deve fare i conti con i limiti posti dalla Costituzione ma anche dalla recente normativa che introduce e punisce gli ecoreati, ai sensi della legge n. 68/2015.
Negli anni, una legislazione penale ambientale debole, non preparata ad arginare i confini di un fenomeno come la green criminology, caratterizzata da capi di imputazione complessi e non direttamente riconducibili a eventi come i disastri ambientali, oltre al punctum dolens costituito dalla dimostrazione del nesso di causalità, ha reso intricato il quadro delle responsabilità datoriali e ha condotto a vicende come quella di Eternit, tanto per citare uno dei casi tra i più noti e porterà al proliferarsi di situazioni simili se non si agisce anche sulla prevenzione di tali accadimenti che hanno come effetto la devastazione dell’ambiente e la compromissione della salute pubblica, oltre che la messa in pericolo della salute e della sicurezza dei lavoratori e dei livelli occupazionali.
Per tale ragione, politica nazionale e sovranazionale, aziende, sindacato e mondo della ricerca debbono fare rete per ripensare in un’ottica globale e condivisa il rapporto tra tutela ambientale e produttività. La prevenzione dei disastri ambientali potrà essere il vero antidoto salvifico, più che la cura delle sanzioni. Senza contare che il perseguimento della sostenibilità ambientale è una grande opportunità che, se saputa cogliere, può rivelarsi una fonte di incremento del reddito, di riduzione dei costi e di un migliore posizionamento nel mercato, usufruendo degli strumenti di ecogestione che il mercato stesso offre.
Da questo punto di vista, pensare alla sperimentazione in ottica preventiva di un istituto innovativo ma semi-sconosciuto in Italia come il whistleblowing, che ha portato enormi benefici nel Regno Unito, in Australia, in Giappone e negli Stati Uniti, e che prevede che il lavoratore possa rilevare senza ritorsioni una possibile frode, un pericolo o un rischio per dipendenti, clienti o terzi, potrebbe essere utile. Come utile, appare esplorare gli scenari futuri, cioè come cambieranno i modelli organizzativi aziendali alla luce della green economy o dello sviluppo dei green jobs, cercando di capire il ruolo delle relazioni industriali e del dialogo sociale nel perseguimento della tutela dell’ambiente attraverso il percorso della conversione ecologica dei luoghi di lavoro.
Aldilà dei riflessi sulle attività economiche e produttive, i lavoratori sono gli attori più colpiti dai cambiamenti necessari per il conseguimento dello sviluppo sostenibile. Per questa ragione indispensabile è la collaborazione delle parti sociali nella gestione delle trasformazioni industriali ed economiche e nel rispondere alla sfida della protezione dei posti di lavoro, accompagnata dalla garanzia di un ambiente di lavoro interno sicuro e salubre, con la salvaguardia dell’ambiente esterno e la prevenzione dei disastri ambientali. Le parti sociali, difatti, dovrebbero promuovere la partecipazione attiva e consapevole dei lavoratori e dei sindacati nel percorso verso lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente: solo così la condivisione di politiche ambientali aziendali virtuose e la riconversione tecnologica e industriale possono diventare la via maestra per assicurare la produttività e competitività in un’ azienda ecologically correct.
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo
@Serena_Santa