Con nota del 31 agosto 2016, in attuazione del “Piano Nazionale della Ricerca 2015–2020”, il MIUR ha introdotto alcune importanti novità in materia di dottorati innovativi e formazione in ambiente di lavoro. Apparentemente, queste modifiche sembrano interessare solo il mondo accademico, ma hanno invero importanti ricadute anche sulle aziende interessate al tema della ricerca e sviluppo. Le nuove linee guida ministeriali stabiliscono infatti i criteri per distinguere i tradizionali philosophical doctorates (PhD) dai dottorati innovativi e cioè il dottorato internazionale (che rafforza la collaborazione con attori istituzioni all’estero), il dottorato intersettoriale/industriale (che promuove l’integrazione con settori esterni all’accademia) e il dottorato interdisciplinare (che favorisce la fertile contaminazione tra discipline e gruppi di ricerca). Queste tipologie non sono da considerarsi reciprocamente esclusive, ma in prospettiva sarà valorizzata le combinazioni delle stesse.
La nota ministeriale richiama molto opportunamente i Principi per una formazione dottorale innovativa definiti nel 2011 dalla Commissione europea al fine di istituire un flessibile quadro di riferimento concettuale entro il quale elaborare un approccio comune allo sviluppo di percorsi di dottorato di ricerca in Europa. I principi adottati a livello comunitario fissano i criteri per la progettazione di percorsi di formazione dei dottori di ricerca nel segno dell’innovazione, esortando gli Stati membri a predisporre le adeguate condizioni per condurre ricerca di qualità e creare un ambiente istituzionale capace di attrarre eccellenze scientifiche. I principi raccomandano altresì un approccio interdisciplinare alla ricerca, l’istituzione di meccanismi di controllo della qualità e trasparenza dei percorsi, internazionalizzazione delle attività, sviluppo delle competenze trasversali dei dottorandi e coinvolgimento attivo dell’industria nella progettazione dei curricula. Occorre precisare che, conformemente agli indirizzi comunitari, l’aggettivo “industriale” deve essere inteso in senso ampio e atecnico “includendo tutti i settori del mercato del lavoro privato e pubblico, dalle imprese profit, alle istituzioni pubbliche, fino a ONG e istituzioni di tipo caritatevole o culturale”.
L’importanza della nota ministeriale risiede nel fatto che non solo introduce nuovi criteri e connesse tipologie di dottorato innovativo, ma fa finalmente chiarezza nella definizione dei parametri per accreditare un corso di dottorato come industriale/intersettoriale. Si segnalano positivamente, in particolare, le disposizioni che superano le incertezze legate alla definizione di dottorato industriale riportata all’articolo 11, comma 2, del decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 45 (Regolamento recante modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato e criteri per la istituzione dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditati). Il regolamento istituiva tre distinte fattispecie di dottorato (dottorato in collaborazione con le imprese, dottorato industriale e apprendistato di alta formazione) “accomunate da una generica quanto auspicata apertura dei i tali percorsi di dottorato verso il mercato del lavoro e il sistema delle imprese” (M. Tiraboschi, Dottorati industriali, apprendistato per la ricerca, formazione in ambiente di lavoro. Il caso italiano nel contesto internazionale e comparato, in DRI n. 1/XXIV-2014). Distinguendo il “dottorato in collaborazione con le imprese” (che per il regolamento è quello realizzato attraverso il convenzionamento dei corsi e delle scuole di dottorato con “imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo”) dai dottorati industriali (per i quali il regolamento non fornisce una definizione, salvo prevedere la possibilità di avviare al dottorato i dipendenti di imprese impegnati in attività di elevata qualificazione) il regolamento aveva tuttavia alimentato forte incertezza rispetto alla connotazione di quest’ultimo che, anche per indicazione dell’ANVUR, pareva limitato ai soli dipendenti delle imprese.
Le nuove linee guida ministeriali, con formulazione opportunamente ampia e flessibile, chiariscono adesso che i corsi di dottorato accreditati con la dicitura “Dottorati industriali” potranno essere da un lato i corsi in convenzione con le imprese (art. 11, comma 1, del DM 45/2013) con la possibilità anche di riservare un numero di posti ai dipendenti di una o più aziende (art. 11, comma 2, del DM45/2013) (tipo 1); dall’altro, i corsi di dottorato convenzionale che hanno, al proprio interno, dei curricula realizzati in collaborazione con le imprese (tipo 2). Facendo in particolare riferimento al PON finalizzato all’utilizzo delle risorse comunitarie FSE/FESR, che prevede la disponibilità di un co-finanziamento per i Corsi di dottorato innovativo a indirizzo industriale, si evidenziano anche le caratteristiche principali che tali percorsi devono avere e cioè la progettazione congiunta, anche in relazione a percorsi di singoli dottorandi, e la possibilità per i dottorandi di trascorrere un periodo di formazione presso l’impresa o all’estero. Tra i temi di ricerca intorno ai quali progettare i percorsi di dottorato industriale, prioritari saranno considerati i temi della Industry 4.0 (vedi F. Seghezzi e M. Tiraboschi, Industria 4.0, un quadro di riferimento per capire (e attuare) il piano Calenda, ADAPT Special Bulletin n. 10/2016), quelli riconducibili alla integrazione dei servizi, internet e tecnologie informatiche nella produzione industriale.
La nota definisce, poi, accanto alla tipologia del dottorato industriale, quella del dottorato intersettoriale, caratterizzato dalla collaborazione con i partner esterni all’Università, sia pubblici che privati, nella definizione dei programmi di ricerca, nel processo di formazione e nella supervisione congiunta del lavoro e dall’attenzione particolare dedicata al mentoring per le prospettive di carriera dei dottori di ricerca. Simili in quanto a finalità e caratteristiche formative, le due tipologie si differenziano sul piano della composizione della rete di attori coinvolti. Nella nota si specifica, infatti, che ai fini dell’accreditamento, l’uso di volta in volta del termine “industriale” o “intersettoriale” farà riferimento alla composizione del partenariato: laddove esso sia prevalentemente composto da imprese, si applicherà l’art. 11 del DM 45/2013, negli altri casi si applicherà la terminologia “Dottorato intersettoriale”.
È questo un cambio di passo importante rispetto alla impostazione formalistica del DM 45/2013, cambiamento che si auspica possa essere seguito da una coerente revisione dei criteri per l’accreditamento dei corsi e delle sedi di dottorato di ricerca. Il DM 45/2013 prevede, infatti, che solo le sedi in cui il collegio docenti sia composto in modo maggioritario da professori universitari possano rilasciare il titolo di dottorato, logica che sembra penalizzare il contributo progettuale dei partner esterni che, per essere pienamente coinvolti nella progettazione delle attività di ricerca, devono avere ampia legittimazione se non proprio pari dignità (cfr ancora M. Tiraboschi, L’inquadramento giuridico del lavoro di ricerca in azienda e nel settore privato: problematiche attuali e prospettive future, in DRI n. 4/XXVI-2016).
Oltre a chiarire le differenze tra intersettorialità e dimensione industriale, le linee guida ministeriali introducono altre due dimensioni caratterizzanti un percorso dottorale innovativo. Si tratta dei requisiti di internazionalità e interdisciplinarietà, elementi strategici per transizione del modello italiano verso una configurazione più vicina alle migliori pratiche internazionali. I corsi di dottorato accreditati come internazionali si dovranno distinguere per un ambiente di ricerca aperto e caratterizzato da un’elevata mobilità internazionale dei dottorandi per la conduzione del progetto di ricerca, l’utilizzo delle co-tutele, la composizione internazionale del collegio di dottorato, il rilascio di titoli congiunti e strategie di reclutamento internazionale di candidati dottorali. I dottorati interdisciplinari si distingueranno invece per la presenza di un forte tema centrale intorno a cui aggregare discipline e metodologie diverse al fine di portare a una comprensione più approfondita l’oggetto di studio e dotare i dottorandi di competenze trasversali (“trasferable skills”). Queste ultime sono peraltro un requisito trasversale a tutte le tipologie di dottorato innovativo sopra citate, sebbene nel modello in oggetto costituiscano un aspetto da privilegiare.
Coerentemente con gli indirizzi europei sopra richiamati, sembra che l’obiettivo del recente intervento chiarificatore del MIUR sia assicurare un ampio riconoscimento a tutte le possibili forme di innovazione e di collaborazione tra accademia e imprese nell’ambito della formazione dottorale, avendo riguardo di valorizzare le esperienze realmente innovative sul piano dei contenuti e delle modalità di progettazione e implementazione dei percorsi. L’importante passo in avanti da parte del MIUR consentirà, si auspica, una adeguata valorizzazione di questa e di altre innovative esperienza che stanno iniziando a diffondersi in Italia. L’esperienza internazionale e comparata dimostra, infatti, come il successo di simili percorsi innovativi di dottorato sia legato alla presenza di un sistema di governance in cui la progressiva strutturazione di partenariati paritetici tra atenei e settore privato consente lo sviluppo e la gestione di diversi curricula capaci di valorizzare la ricchezza dei diversi contesti di apprendimento (anche non formali).
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo