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Bollettino ADAPT 21 ottobre 2019, n. 37
In un mondo del lavoro sempre più digitalizzato, il valore del lavoro della singola persona continua tuttavia a rivestire un peso importante. È quanto emerge dalla sentenza spagnola emessa lo scorso 23 settembre dal Juzgado de lo Social número 10 de Las Palmas de Gran Canaria, che ha dichiarato illegittimo il licenziamento di una lavoratrice dell’impresa Lopesan Hotel Management S.L., di fatto sostituita da un software in grado di svolgere le sue stesse mansioni.
Le cause oggettive di natura tecnica addotte dall’impresa non sono state ritenute valide dall’organo giudicante, il quale ha valutato che il licenziamento sia stato piuttosto dettato da ragioni meramente connesse all’aumento della competitività e alla riduzione dei costi. Per quanto sia vero che in Spagna, per effetto della riforma del lavoro del 2012 di cui alla Ley 3/2012, de 6 de julio, de medidas urgentes para la reforma del mercado laboral, siano state ampliate le cause suscettibili di giustificare il licenziamento in modo tale da ricomprendere anche quelle tecniche, organizzative, produttive ed economiche, questo non esime, tuttavia, il datore di lavoro dall’obbligo, come si legge nella sentenza, di “dimostrare che realmente ed effettivamente si trova in difficoltà di entità tale da ritenere, per il suo superamento, misura adeguata e ragionevole l’estinzione del contratto di lavoro”.
Si è domandato, dunque, il giudice se l’automatizzazione di alcuni compiti all’interno di un’impresa possa rientrare o meno nell’alveo di tali cause, suscettibili di giustificare il licenziamento. Giova ricordare che ai sensi dell’articolo 52 lettera c) dell’Estatuto de los Trabajadores, così come modificato dalla Ley 3/2012, de 6 de julio, de medidas urgentes para la reforma del mercado laboral, il contratto potrà estinguersi quando ricorra alcuna delle cause indicate all’art. 51.1 Estatuto de los Trabajadores in tema di licenziamento collettivo anche a prescindere dai limiti numerici previsti per quest’ultimo, e il riferimento è alle cause economiche, tecniche, organizzative o di produzione. Così, “si ritiene che ricorrano cause economiche quando dai risultati dell’impresa emerga una situazione economica negativa, in ipotesi quali l’esistenza di perdite attuali o previste o la riduzione costante dei livelli di entrate ordinarie o di vendite. (…) Si ritiene che ricorrano cause tecniche quando si assista a cambiamenti, fra gli altri, nell’ambito dei mezzi o strumenti di produzione”.
Ed è proprio alle cause tecniche che la multinazionale Lopesan Hotel Management S.L. si era appellata nel giustificare il licenziamento oggettivo della ricorrente e di altri lavoratori dell’impresa, semplicemente allegando un rapporto circa lo sconfortante panorama futuro del settore nelle isole canarie. Nel caso in analisi, tuttavia, osserva il giudice, “ci si trova innanzi ad un fenomeno che supera il concetto di tecnico se non anche quello di libertà di impresa, riguardando piuttosto la stabilità del lavoro nel suo complesso”.
La conclusione cui giunge la sentenza, dunque, è che sebbene si riconosca che in alcuni casi l’innovazione tecnologica possa comportare la riduzione del lavoro manuale e ripetitivo – e viene citato l’esempio del passaggio da una macchina fotografica analogica ad una digitale – nel caso oggetto di analisi non si tratterebbe tuttavia di riduzione, ma di completa sostituzione del lavoro di una persona con quello di un software, il che, sostiene il giudice, “sarebbe come considerare il lavoratore alla stregua di uno strumento”, se non anche “favorire, con il pretesto della competitività, la sottovalutazione e lo svilimento del diritto al lavoro”. Il software in questione, nello specifico, è in grado di lavorare 392 ore al mese con un costo annuo di 12.900 a fronte di un lavoratore che svolge la stessa attività per 160 ore al mese e ad un costo di 28.412 euro annui: un software, in altri termini, che lavora per 2,45 lavoratori al mese e costa meno di uno con evidente riduzione dei costi e aumento della produttività.
E se certamente è vero che anche la “libertad de empresa” figura in Spagna quale diritto costituzionalmente garantito dall’articolo 38 della Constitución Española il conflitto con i diritti sociali e al lavoro dei lavoratori non può che risolversi in favore di questi ultimi. È inammissibile, infatti, come argomenta il giudice, che “il miglioramento della competitività si eriga ad elemento unico in grado di giustificare un licenziamento, mediante l’introduzione di bots che automatizzino il lavoro al punto da rendere innecessario il lavoro umano”.
Conclude, dunque, il giudice con la condanna del datore di lavoro a reintegrare la lavoratrice, al servizio presso quell’impresa da ben 13 anni, entro 5 giorni lavorativi dalla notificazione della sentenza, ovvero a pagare un risarcimento di 28.305 euro (vale a dire, pari a 33 giorni di salario per anno lavorato fino a un massimo di 24 mensilità) oltre a 863 euro più interessi per l’omissione del preavviso nel processo di licenziamento.
Il giudice con questa sentenza ha voluto chiarire, in buona sostanza, che, nonostante la flessibilità introdotta in Spagna anche in materia di licenziamento, per giustificare la cessazione di un contratto per motivi oggettivi, è pur sempre necessario il ricorso di una causa “eccezionale”, affermando che l’automatizzazione di compiti finora svolti da persone in carne ed ossa non può essere considerata tale. Se infatti si consentisse, sulla sola base dell’obiettivo di un incremento della produttività, il licenziamento dei lavoratori e la loro contestuale sostituzione con delle macchine, si rischierebbe di andare ben oltre la distruzione del 35% dei posti di lavoro della popolazione attiva – stando ai dati del recente rapporto di BBVA Research, ¿Cuán vulnerable es el empleo en España a la revolución digital? – già prevista per gli anni a venire.
Esperanza Sánchez Muñoz
Partner ADAPT