Secondo i dati del Rapporto AIRTUM “I numeri del cancro in Italia 2015”, le persone colpite da una patologia oncologica sono in graduale aumento: 2 milioni e 600 mila nel 2010, 3 milioni nel 2015.
Poiché 700 mila di esse sono in età lavorativa, è necessario comprendere la necessità di un ampio e moderno impianto di diritti e tutele che aiuti questo esercito di persone a riprendere le proprie attività sociali e lavorative. Il sistema italiano di previdenza ed assistenza è ancora lontano dall’idea di un welfare to work e trascura l’idea di considerare adeguatamente nuove politiche di conciliazione e di pari opportunità, che tengano conto dei cambiamenti non solo tecnologici ma anche demografici e organizzativi, che incidono sulle nozioni giuridiche di “presenza al lavoro”, “prestazione lavorativa”, “esatto adempimento contrattuale in relazione a condizioni di malattia cronica (Cfr. M. Tiraboschi, Le nuove frontiere dei sistemi di welfare: occupabilità, lavoro e tutele delle persone con malattie croniche, in Occupabilità, lavoro e tutele delle persone con malattie croniche, a cura di M. Tiraboschi, ADAPT LABOUR STUDIES e-Book series, n. 36/2015).
Urge intervenire in maniera risolutiva al fine di colmare non solo le lacune generali del sistema, ma anche il divario esistente fra lavoratori dipendenti, pubblici e privati, da una parte e lavoratori autonomi dall’altra, riguardo alle tutele per i casi di fragilità.
Stando ai dati del Quarto Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici pubblicato in collaborazione tra la Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO), il Censis, l’Associazione italiana degli oncologi medici (AIOM), l’Associazione italiana di radioterapia oncologica (AIRO), la Società Italiana di Ematologia (SIE), l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT), il Coordinamento Generale Medico-Legale dell’INPS e la Direzione generale del Sistema informativo del Ministero della Salute, il 78% dei malati oncologici subisce un cambiamento nel lavoro in seguito alla diagnosi di cancro: il 36,8 % ha dovuto fare assenze, il 20,5% ha lasciato il lavoro e il 10,2% si è dimesso o ha cessato l’attività (in caso di lavoratore autonomo), l’8% ha richiesto il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale ed il 2,3% è stato licenziato.
Nella convinzione che questo scenario debba migliorare, FAVO e AIMaC (Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici) hanno svolto diversi interventi tesi a tutelare i diritti nel rispetto della dignità della persona malata e della sua famiglia.
Una delle conquiste riguarda l’abrogazione delle fasce di reperibilità per i malati cronici: Già nel 2009, la FAVO ottenne dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, la circolare 1/2009 e il successivo DM 206/2009 contenenti chiarimenti sulle fasce di reperibilità in caso di malattia per i malati oncologici e indicazioni incentivanti l’utilizzo degli strumenti di flessibilità delle prestazioni di lavoro (part-time e telelavoro), al fine di favorire il recupero ed il reinserimento dei lavoratori colpiti da malattie, soprattutto se gravi, e di ridurre al minimo la emarginazione dal ciclo produttivo durante il periodo di cura della patologia. In particolare, era stato chiarito che i lavoratori pubblici affetti da malattie gravi che richiedono terapie salvavita o affetti da stati patologici connessi all’invalidità riconosciuta, sono esonerati dall’obbligo di reperibilità per la visita fiscale. Tali provvedimenti, però, risolvevano solo in parte i problemi causati da una sorta di “detenzione domiciliare” ingiustificata e dannosa, poiché riguardavano solo i dipendenti pubblici, creando una nuova ingiustificata disparità di trattamento fra diversi tipi di lavoro: autonomo, subordinato pubblico, subordinato privato.
Dopo sette anni, finalmente, il Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero della Salute (Integrazioni e modificazioni al decreto 15 luglio 1986, concernente le visite mediche di controllo dei lavoratori da parte dell’ Istituto nazionale della previdenza sociale (DM 11-1-2016 in GU Serie Generale n.16 del 21-1-2016) ha eliminato la discriminazione tra dipendenti pubblici e privati affetti da patologie gravi nella previsione dei casi di esclusione dalla reperibilità.
La nuova disposizione disciplina l’esenzione dalle fasce di reperibilità per i lavoratori privati affetti da malattie gravi che richiedono terapie salvavita o affetti da stati patologici connessi all’invalidità riconosciuta (con invalidità civile superiore al 67%).
Rimane però il problema dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS che continuano a dover rispettare le fasce di reperibilità in caso di visite fiscali per l’accertamento della loro malattia.
L’esigenza di certificazione della malattia potrebbe essere soddisfatta, anche per i lavoratori autonomi affetti da patologie gravi, con le certificazioni mediche che il lavoratore produce nel momento in cui giustifica, l’impossibilità temporanea della prestazione lavorativa o con l’accertamento dell’invalidità.
L’abrogazione delle fasce di reperibilità dei dipendenti privati affetti da patologie gravi ha risolto solo parzialmente, l’evidente, quanto ingiustificata, differenza di trattamento tra lavoratori pubblici e privati, poiché non tiene conto della recente evoluzione del mercato del lavoro in cui si è registrata una diffusa diversificazione di rapporti di lavoro atipici e una sempre maggiore diffusione del lavoro autonomo. Ragioni di equità imporrebbero di estendere a queste posizioni le tutele e protezioni previste per i lavoratori dipendenti pubblici e privati.
Elisabetta Iannelli
Segretario Generale FAVO
@EIannelli
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo
@FabiolaSilvaggi