Oggi il dialogo sociale europeo, che quest’anno ha compiuto il suo trentesimo anniversario, parla italiano. Luca Visentini della UIL è stato eletto Segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (ETUC), Emma Marcegaglia è Presidente di Businesseurope e Salvatore Marra è Presidente dei giovani dell’ETUC. Nei ruoli tecnici, mi viene in mente Valeria Ronzitti alla direzione del CEEP, Cinzia Sechi all’ETUC, Ilaria Savoini alla guida del dialogo sociale in Eurocommerce, e la sua omologa Laila Castaldo nel sindacato europeo del commercio. E poi i tanti bravi funzionari delle nostre associazioni di rappresentanza delegati presso gli organismi di dialogo sociale europeo: Stefania Rossi della Confindustria, Giuseppe Iuliano della CISL e Cinzia Del Rio della UIL sono solo alcuni nomi storici dei tecnici che portano la voce delle aziende e dei lavoratori italiani nelle istituzioni di Bruxelles.
In occasione del recente congresso ETUC presentiamo oggi un Bollettino speciale dal titolo #ETUC15: i sindacati europei per una società più giusta a cura di Francesco Seghezzi e Alessandra Tolentino.
Tra i tanti motivi del protagonismo italiano nel dialogo sociale europeo c’è anche la solidità del nostro sistema di rappresentanza del lavoro. È un’affermazione azzardata e impopolare questa. Ma c’è stato un sovraccarico mediatico sulla crisi del nostro sistema di relazioni industriali che rappresenta un’immagine non del tutto fedele alla realtà. Crediamo innanzitutto che non ci sia da meravigliarsi se il sindacato è lento a risolvere i tanti conflitti di rappresentanza esplosi in questi anni e a trovare nuove forme di rappresentazione dell’interesse collettivo: è una istituzione, e le istituzioni – nel nostro modello di capitalismo – evolvono in maniera incrementale.
Per converso, il sistema di relazioni industriali domestico vanta un tasso di copertura della contrattazione collettiva che è tra i più elevati al mondo. Il CCNL è ancora l’architrave del sistema contrattuale. Il nostro sindacato e le nostre rappresentanze imprenditoriali continuano ad essere le principali istituzioni del mercato del lavoro, con ampi poteri consultivi e regolatori esercitati con senso di responsabilità ad ogni livello. Comparativamente, hanno subito un processo di erosione della membership molto inferiore a quello di altri Paesi e, soprattutto a livello decentrato, stanno dimostrando una grande capacità di resilienza e creatività adattiva al cambiamento.
Forti di questa solidità i nostri rappresentanti a Bruxelles possano davvero contribuire a trasformare in realtà la retorica sull’importanza del dialogo sociale europeo e della dimensione internazionale delle relazioni industriali nel fronteggiare le sfide della grande trasformazione del lavoro.
#ETUC15: i sindacati europei per una società più giusta