Correva l’anno 2011 quando Expo 2015 S.p.A., Inail e Cgil, Cisl e Uil siglavano le Linee Guida per il progetto «Sicurezza e prevenzione Expo 2015». L’intesa riconosceva la necessità di “una straordinaria progettazione e gestione delle misure di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, a fronte della primaria esigenza di conseguire una drastica riduzione degli infortuni mortali e l’azzeramento dei casi mortali, intervenendo sulla cultura della sicurezza, con specifici percorsi formativi, sulla prevenzione attraverso l’adozione di soluzioni organizzative e operative mirate, nonché sulla riduzione dei danni tramite la presa in carico dei lavoratori infortunati». Le Parti firmatarie avevano dunque ben chiaro sin dall’inizio dell’avventura targata Expo l’altissimo pericolo del verificarsi di infortuni durante la preparazione dei cantieri e avevano individuato nella cooperazione tra le parti «un fattore di successo per il conseguimento degli obiettivi prevenzionali attesi».
Da allora sono stati siglati diversi protocolli finalizzati a garantire la regolarità e sicurezza nei cantieri di Expo e questo impegno delle Parti Sociali ha rappresentato certamente un fattore importante nell’allertare datori di lavoro, lavoratori ma anche gli stessi cittadini sulla necessità di prevenire, ridurre e affrontare gli innumerevoli rischi legati all’allestimento di un’area espositiva di 1,1 milioni di metri quadri, che ospita operatori provenienti da 140 Paesi e con oltre 20 milioni di visitatori attesi. Per non parlare del vertiginoso numero di lavoratori e attrezzature impiegati: 7-9 mila lavoratori, mille camion transitanti nelle aree al giorno, 156 gru e un migliaio di piattaforme elevate. Un’impresa titanica coordinare tutto questo.
A pochi giorni dall’apertura dell’Esposizione Universale, si può dire che l’obiettivo è stato raggiunto? Se si considera che ad aprile 2015 gli infortuni registrati e dichiarati ammontano a 111, la risposta è affermativa. Almeno relativamente a quanto prospettato in un documento dell’Inail risalente al 2011 ma non reso pubblico in cui – sulla base dell’ordinario andamento infortunistico in Italia – il probabile verificarsi di 18mila infortuni, di cui 40 mortali e 1.700 con postumi permanenti.
Ancora, lo stesso dato emergente dall’attività ispettiva della Asl sui cantieri presenti sul sito e su quelli delle opere connesse, va in controtendenza rispetto alle stime catastrofiche dell’Inail in quanto su un totale di 528 accessi ispettivi al 15 aprile 2015, 426 sono state le non conformità contestate e più o meno quasi tutte risolte. Stesso andamento rilevato nei lavori per il miglioramento dei collegamenti nelle linee metropolitane: 427 ispezioni, 123 imprese controllate, 267 non conformità contestate e solo otto in via di definizione.
In più, analizzando in dettaglio gli infortuni avvenuti negli appalti di Expo, emerge che l’entità degli stessi non è neanche particolarmente grave visto che la prognosi media è di 22 giorni e che solo 6 i casi il referto riportava la necessità di 40 giorni. Un dato rassicurante, anche paragonandolo a quello inerente le Olimpiadi di Torino, visto che l’indice di frequenza degli infortuni di Expo corrisponde a un terzo di quello registrato per quell’evento.
In definitiva, il tasso infortunistico dimostra che Expo, oltre a una grande occasione di sviluppo economico e sociale, può anche rappresentare un modello di riferimento per incentivare quella cultura della prevenzione in tema di sicurezza sul lavoro che in Italia manca e per comprovare che la cooperazione e la sinergia tra tutti gli attori in gioco, dalle istituzioni, alle aziende coinvolte fino ai lavoratori, è la chiave per promuovere la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, soprattutto in eventi eccezionali ed irripetibili come questo.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo
@Serena_Santa
* Pubblicato anche su Conquiste del Lavoro, 12 maggio 2015.