La notorietà del comma 7 dell’unico articolo che compone il disegno di legge n. 1428-B recentemente approvato in via definitiva dal Senato e in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (da tutti noto come Jobs Act) è dovuta dalla pluricitata lettera c) ove è scritto il criterio direttivo che guiderà la regolazione del nuovo «contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’ anzianità di servizio», la cui novità, originalità e motivo di preoccupazione (per i contrari) sta nel superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Non si tratta di una vera e propria abrogazione, poiché il famosissimo articolo continuerà a esercitare la sua funzione per tutti i lavoratori assunti con la vecchia disciplina, mentre le innovazioni riguarderanno la nuova occupazione. «Superamento» quindi, ma «ad esaurimento».
Tutti e subito saranno invece interessati dalla concretizzazione di un’altra disposizione nascosta nello stesso comma, al quale non è dedicata una lettera propria, ma che potrebbe incidere molto più di altri principi di delega nell’operazione di riordino «dei contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo»: si tratta della redazione di «un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro».
L’espressione utilizzata dal legislatore richiama quanto già scritto nel primo capitolo del Jobs Act, ovvero il decreto Poletti. In quella sede si scriveva che gli interventi apportati alla normativa sul contratto a termine erano approvati «nelle more dell’azione di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro con la previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente». A circa nove mesi di distanza il Parlamento ha partorito le disposizioni figlie di quella premessa, superando la natura solo sperimentale del nuovo contratto a tempo indeterminato e affidando in modo esplicito al testo unico semplificato anche il riordino delle discipline delle tipologie contrattuali.
La doppia citazione parrebbe «blindare» l’effettiva realizzazione del progetto. C’è quindi da aspettarsi che già nelle prossime settimane i tecnici di Palazzo Chigi e del Ministero del lavoro licenzino il decreto attuativo delle delega contenuta nell’articolo 1, comma 7 del Jobs Act. Una base tecnica già esiste: è il Codice semplificato del lavoro curato dal senatore Pietro Ichino e dal professor Michele Tiraboschi, pubblicato nel mese di marzo 2014 sul sito dell’Associazione ADAPT, che ha aggregato circa 200 esperti per costruire un testo che fosse il più possibile coerente con le esigenze del moderno mercato del lavoro.
Questo tentativo ha dimostrato che è possibile condensare la normativa lavoristica in 58 articoli da innestare nel Codice Civile (oggetto di questa bozza è la sola materia dei rapporti individuali di lavoro, non quella dei rapporti sindacali), senza utilizzare un registro burocratese incomprensibile e ribadendo l’appartenenza del diritto del lavoro al diritto civile. Non si tratta di un esercizio teorico, ma di una necessaria opera di semplificazione e razionalizzazione della normativa di cui il mercato del lavoro italiano ha bisogno ancor più che tanti incentivi economici distribuiti a pioggia.
Presidente di ADAPT
@EMassagli
* Pubblicato anche in Libero Quotidiano, 12 dicembre 2014.