Francia: gli effetti a breve e medio termine della malattia oncologica sulle situazioni professionali

Con il recente “Terzo Piano della Salute al Lavoro (PST3), che interessa il quinquennio 2015-2019, il governo francese, a fronte di nuovi casi di patologie oncologiche (più di 350mila) insorti fra la popolazione nel 2012 (INCA, Les cancers en France en 2013, Collection état des lieux et des connaissances, 2014), definisce un obiettivo al contempo pretenzioso ma di fondamentale importanza: diminuire l’impatto degli effetti del cancro sulla vita personale. Si vuole così cercare di evitare alle persone colpite la cosiddetta “doppia punizione”: il dover tollerare le complicanze e il dolore che la malattia comporta e, al contempo, dover subire l’esclusione dal mercato del lavoro.
I fattori che determinano quest’ultimo aspetto sono legati alla stigmatizzazione e alla discriminazione in ambito lavorativo (E. Phelps, The statistical theory of racism and sexism, American Economic Review, Vol. 62, pp. 659–661, 1972; G. Bouvier, S. Jugnot, Les personnes ayant des problèmes de santé ou de handicap sont plus nombreuses que les autres à faire part de comportements stigmatisants, Insee, Economie et statistique, n° 464-465-466, pp. 189-213, 2013), contribuendo a rendere difficoltosi la permanenza e l’inserimento delle persone affette da patologie oncologiche.
Su questi aspetti, un interessante documento pubblicato dal Centre d’études de l’emploi di  T. Barnay, M. Ali Ben Halima, E. Duguet, La survenue du cancer: effets de court et moyen termes sur l’emploi, le chômage et les arrêts-maladie, n.180, Aprile 2015, approfondisce gli effetti della presenza della malattia oncologica sul percorso professionale.
 
A differenza di altri lavori, il cui obiettivo è di misurare l’effetto della malattia sul lavoro dopo due anni dall’insorgenza del cancro (E. Duguet, C. La Clainche, Une évaluation de l’impact de l’aménagement des conditions de travail sur la reprise du travail après un cancer, Document de travail CEE, 2012; S. Eichenbaum-Volin et al, Cancer et activité professionnelle, La Revue de l’OFCE, Vol. 104, pp. 105-134, 2008; Joutard et al, Continuous-time Markov Model for Transitions Between Employment and Non-employment: The Impact of a Cancer Diagnosis, Annals of Economics and Statistics, vol. 107-108, pp. 239-266, 2012), il suddetto studio conduce un’analisi longitudinale per misurare la persistenza del fenomeno negli anni. Si prendono in considerazione, quindi, gli effetti di breve periodo (un anno) e medio periodo (2-5 anni) dall’insorgenza della malattia. Ciò è stato possibile grazie all’analisi dei dati raccolti attraverso il database amministrativo Hygie della Caisse nationale d’assurance-vieillesse (Cnav – Fondo Nazionale di Assicurazione per l’anzianità) e della Caisse nationale d’assurance-maladie des travailleurs salariés (Cnamts – l’Assicurazione Sanitaria Nazionale), entrambe del settore privato.  
In particolare, questo database consente di seguire i percorsi di carriera di 14mila persone affette da patologia oncologica, prendendo in esame un campione di riferimento relativamente giovane, tra i 22 ai 70 anni.
 
Le analisi effettuate sui dati emersi sono state interpretate considerando l’insorgenza del cancro come una malattia esogena, ovvero legata a comportamenti a rischio, come l’uso di tabacco o alcool, e a fattori genetici o ambientali, che influiscono sulla capacità di permanere nel mercato del lavoro.
Nel dettaglio, per quel che concerne la dinamica a breve termine, si osserva per i “giovani” (meno di 48 anni) un effetto negativo sulla situazione professionale: a un anno dalla comparsa del cancro, la percentuale di uomini occupati diminuisce di 7,5 punti percentuali, ovvero dal 99,1% al 91, 6%; quella delle donne, invece, diminuisce di 7,1 punti percentuali dal 97,2% al 90,1%.
Tra le persone “mature” (dai 50 anni in su), l’effetto a breve termine sulla situazione occupazionale appare più critico per gli uomini che per le donne. Nella dinamica a medio termine, invece, la situazione occupazionale è più sfavorevole per gli uomini, specialmente con l’avanzamento dell’età nella fase di reinserimento professionale. L’analisi, inoltre, mostra una media di un paio di giorni in più di assenza dal lavoro per malattia. Per il congedo per malattia, gli effetti del cancro al primo anno dopo la comparsa sono molto più marcati per le donne (1.7 punti percentuali) che per gli uomini (1,2 punti percentuali). In particolare, mentre le donne chiedono il congedo a distanza di due anni dopo l’insorgenza del cancro, gli uomini, invece, lo richiedono dopo quattro o cinque anni dalla comparsa della malattia.
La durata del congedo per malattia è più bassa per i dipendenti con salari più alti e, di conseguenza, con meno difficoltà nell’affrontare la patologia. Per il sussidio di disoccupazione, invece, si osserva che, nel medio termine, vi è un aumento nei giorni di disoccupazione dal secondo anno dalla comparsa del cancro negli uomini e dal quarto anno nelle donne. Si giudica come positiva l’uscita dallo stato di disoccupazione già dopo un anno dall’insorgenza della malattia.
 
Da questo scenario, possiamo delineare, in base al genere e all’età, un’emblematica e precaria situazione per chi è affetto da tale malattia. Il diritto al lavoro delle persone con disabilità rimane condizionato dal pregiudizio del datore di lavoro, dei responsabili del personale e dai colleghi che influenzano il percorso professionale della persona. Tale pregiudizio si basa talvolta su dubbi relativi alle possibilità d’interazione con la persona malata o, altre volte, prevale l’idea che vi sia una minore capacità produttiva.
A tal riguardo, vi è la necessità di un cambiamento culturale che presupponga la necessità di rilanciare la contrattazione aziendale, quale leva strategica per l’adozione di modelli organizzativi flessibili, volti a favorire nuova occupazione, forme di conciliazione per chi convive con la malattia, nonché di rafforzare le misure per il loro inserimento e reinserimento nel contesto lavorativo.
 
Fabiola Silvaggi
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo
@FabiolaSilvaggi
 
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