Lo scorso 25 gennaio Robert Badinter (ex presidente del Conseil Constituionnel ed ex Ministro della Giustizia) ha consegnato il rapporto elaborato dalla commissione da lui presieduta, alla quale, in data 24 novembre 2015, il Primo ministro francese, Manuel Valls, aveva affidato la missione di individuare i principes fondamentaux del diritto del lavoro francese.
Tale missione si inserisce nel più vasto progetto di riforma del corpus legislativo in materia di lavoro, il Code du travail, che è stato annunciato il 4 novembre dello scorso anno dal Primo ministro e che avverrà tramite un processo di riscrittura della durata di circa due anni, con il contributo di varie commissioni di esperti.
L’idea portante del progetto di riforma del codice è quella di prevedere la derogabilità delle norme legislative ivi previste da parte dei contratti collettivi, operando un’ampia delegificazione del settore. A tal proposito si esprimeva il Rapport Combrexelle, reso noto il 9 settembre 2015 ed intitolato “La négociation collective, le travail et l’emploi“.
Tuttavia, già nel rapporto citato, si faceva presente la necessità di predisporre un nucleo di principes fondamentaux del diritto del lavoro, non derogabili dagli accordi collettivi, in quanto posti a tutela di beni giuridici di estrema rilevanza, quali ad esempio la dignità, la riservatezza ma anche il salario minimo garantito (“Smic”), tali, quindi, da esigere un’applicazione uniforme per tutti i lavoratori.
Tale missione è stata portata a termine con il rapport Badinter dove vengono elencati 61 principi fondamentali che dovranno essere inseriti in un capitolo preliminare del progetto di legge che il Ministro del Lavoro, Myriam El Khomri, presenterà il prossimo 9 marzo. Detti principi dovranno costituire una sorta di “ordine pubblico sociale” non intaccabile dagli accordi collettivi. Dal punto di vista sistematico, la collocazione dei principi essenziali nel capitolo iniziale del futuro Code du travail, non ha l’intento di attribuire loro un rango superiore rispetto alle altre disposizioni codificate, bensì quello di costituire un sistema coerente di riferimento per l’interpretazione e l’applicazione dell’intero corpus normativo.
Tale operazione si inserisce nel più ampio obiettivo di chiarificazione e semplificazione delle norme sul lavoro contenute nel testo del 2008, che, come evidenziato dal precedente rapporto Combrexelle attualmente risultano inefficaci proprio a causa dell’eccessiva proliferazione e della complessità lessicale e sintattica che le contraddistingue, tale da renderle difficilmente comprensibili per i loro destinatari.
Dalla lettura del rapporto appare chiaro come l’operato della commissione Badinter sia consistito in una vera e propria ricognizione del diritto vivente allo stato attuale, senza la pretesa di formulare disposizioni per il futuro, tanto che, come precisato altresì da Manuel Valls, la lista in questione non è esaustiva, ma rappresenta solo un punto di partenza del progetto di riforma. Rimane, tuttavia, il dubbio se di tali principi i giudici potranno già tenere conto nell’interpretazione ed applicazione delle norme in materia di lavoro durante il periodo transitorio che precederà l’adozione del nuovo Code.
Passando all’analisi dei principi contenuti nell’elenco, emerge immediatamente la vastità di ambiti del diritto del lavoro a cui gli stessi fanno riferimento. Oltre al prevedibile paragrafo dedicato alle libertà e ai diritti fondamentali (articles 1-10) , tra cui figurano il diritto alla dignità (article 2) e all’uguaglianza (article 4) sul lavoro e il rispetto dei quali costituisce un espresso limite al potere di direzione del datore (article 10), vengono elencati i basilari principi in materia di sicurezza sul lavoro (articles 39-43), di rappresentanza sindacale (articles 44-50), di negoziazione collettiva e dialogo sociale (articles 51-57), nonché di controllo amministrativo e contenzioso giudiziario (articles 58-61).
Sebbene alcuni dei principi contenuti nel rapporto fossero già consacrati all’interno del Code, altri rappresentano invece il portato di orientamenti giurisprudenziali, come nel caso della tutela della riservatezza e della privacy di cui all’article 3, norma che è collegata a quanto elaborato in materia di nuove tecnologie da parte della Cour de Cassation e dello CNIL (il Garante francese per l’informatica e la libertà). Nel rapport Badinter sono stati recepiti altresì alcuni dei principi generali del diritto dell’Unione Europea, tra cui, ad esempio, rientra il diritto alla formazione continua del lavoratore (article 20), sancito dall’art. 14 dalla Carta di Nizza. A tal proposito, peraltro, è interessante notare come venga incluso tra i principi fondamentali anche l’obbligo a carico del datore di lavoro di formazione del lavoratore per tutta la durata del rapporto professionale, dovere che nel nostro ordinamento è previsto solo in ipotesi speciali quali l’apprendistato o in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ma non in via generale.
Un’importante novità introdotta dal rapporto è rappresentata dall’enunciazione della libertà del lavoratore di manifestare le proprie convinzioni, comprese quelle religiose, anche sul posto di lavoro. Sebbene un simile principio in via teorica sembrerebbe piuttosto assodato, non era precedentemente previsto dal Code du travail. La sua introduzione, dunque, radica il principio di laicità anche nel contesto privato dell’impresa, dal quale precedentemente ne era esclusa l’applicazione.
Gli aspetti più attesi (e dibattuti) del rapport Badinter riguardano i “temi caldi” dell’orario di lavoro, della durata del rapporto di lavoro e della retribuzione.
Per quanto riguarda il primo profilo, l’article 33 prevede che l’orario normale di lavoro sia fissato dalla legge, che determinerà anche le condizioni ed i requisiti in presenza dei quali gli accordi collettivi potranno stabilire una durata differente (come peraltro già accade nel sistema del cosiddetto “forfait-jour”). È inoltre previsto che ogni lavoratore il cui orario di lavoro sorpassi la “durée normale” abbia diritto ad una compensazione, di fatto aprendo uno spiraglio alla possibilità di superare il limite attualmente vigente delle 35 h settimanali.
Con l’article 13 si conferma la natura principale del contratto a tempo indeterminato che costituisce il contratto di lavoro per eccellenza, permettendo la stipulazione dei cosiddetti CDD, i contratti a tempo determinato, esclusivamente nei casi previsti dalla legge.
È sempre la legge a dover fissare il valore dello “Smic”, il salario minimo, che deve assicurare al lavoratore delle condizioni di vita dignitose e che non può essere previsto in misura inferiore dagli accordi collettivi (article 30).
In conclusione, l’enucleazione di principi fondamentali in materia di lavoro sebbene possa apparire un’operazione superflua e ormai piuttosto retorica, è, invece, un presupposto imprescindibile per la corretta formazione di disposizioni legislative efficaci ed equilibrate. Come evidenziato dallo stesso Badinter, è sempre necessario ricordare, soprattutto in vista in una radicale riforma del Code du travail, che il cuore del diritto del lavoro, francese e non, sia inevitabilmente la volontà di assicurare il rispetto dei diritti fondamentali della persona del lavoratore nel rapporto di lavoro.
Giorgia Imperatori
ADAPT Junior Fellow
@GioImperatori