Il 10 febbraio 2016 la Cour de Comptes ha pubblicato i risultati dell’indagine relativa all’attività di ispezione del lavoro in Francia svolta nell’anno 2015. Il Rapporto della Corte arriva alla conclusione che sia necessaria una profonda riforma affinché l’ispezione del lavoro, così come attualmente strutturata, si adatti ai numerosi cambiamenti intervenuti in generale nel mercato del lavoro.
Tale documento si rivela particolarmente interessante altresì per la dettagliata analisi del sistema ispettivo francese ivi riportata.
Innanzitutto viene delineata un’organizzazione dell’ispezione “figée” (immobilizzata), che predilige l’universalità del servizio alla sua specializzazione in base al settore di applicazione. In tal senso, il sistema francese viene messo a confronto con quello belga, dove invece gli organi di controllo in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono diversi da quelli che si occupano di verificare la regolarità dei rapporti di lavoro. Gli autori del rapporto, dunque, criticano la competenza generale di un unico sistema ispettivo al quale spetta sorvegliare il rispetto di regole che trovano origine in testi legislativi tra loro molto diversi, che vanno dal codice del lavoro a quello della salute pubblica, dal codice penale ai testi non codificati ed ai contratti collettivi.
A ciò si aggiunga che attualmente l’attività degli organi ispettivi si occupa di circa 1,8 milioni di stabilimenti e 18,3 milioni di lavoratori.
Oltre all’esteso campo di operatività, tra i fattori di inefficienza dell’ispezione del lavoro indicati dal rapporto figura il numero eccessivo di compiti affidati agli organi ispettivi.
Gli ispettori del lavoro, infatti, non si limitano a svolgere la missione di controllo, che ricomprende il tradizionale diritto di sopralluogo e accesso senza preavviso nei locali delle aziende, il diritto di verificare la regolarità della documentazione necessaria ai sensi dalla legislazione in materia di lavoro, nonché la facoltà di sospendere l’attività di un cantiere nel caso in cui sia svolta in condizioni pericolose. Tra le ulteriori funzioni attribuite agli organi ispettivi, infatti, figurano il potere di previa autorizzazione di alcuni atti, quali i licenziamenti concernenti lavoratori “protetti” in ragione della loro attività sindacale o l’omologazione dei recessi convenzionali dai contratti di lavoro a tempo indeterminato. L’ispezione del lavoro, inoltre, ricopre un ruolo di “conseil du public”, ovvero riceve le segnalazioni o le richieste di suggerimenti da parte di numerosi lavoratori e datori di lavoro (secondo quanto citato dal Rapport public annuel si parla di più di 800.000 contatti telefonici o diretti ogni anno). Infine, gli organi ispettivi intervengono altresì nell’ambito delle relazioni collettive di lavoro, registrando gli accordi collettivi e assumendo una funzione di prevenzione, conciliazione e mediazione nei conflitti tra lavoratori e datori.
Con riguardo a tale aspetto, il rapporto auspica una semplificazione delle obbligazioni in capo al sistema ispettivo che non concernano lo specifico compito di controllo dell’applicazione delle leggi in materia di lavoro. Gli autori dell’indagine, tra le possibili soluzioni, suggeriscono la trasformazione delle procedure di autorizzazione preventiva o di omologazione in “procédures d’accord tacite” nei casi in cui si riscontrino un esiguo numero di contestazione, come nell’ipotesi di scioglimento consensuale del contratto di lavoro.
Un ulteriore elemento di rigidità dell’ispezione del lavoro viene rinvenuto nella sua organizzazione. Tradizionalmente, infatti, l’attività ispettiva era strutturata in “section”, ciascuna competente su un determinato territorio rientrante nell’area del dipartimento di appartenenza. In origine, ogni section era composta da quattro agenti: un “inspecteur”, sotto la cui autorità erano posti due “contrôleur” ed un assistente. Ai controllori erano affidati i medesimi compiti degli ispettori, con l’eccezione di alcune attività che erano riservate, per legge o per prassi, solo a questi ultimi (come i controlli nelle aziende con più di 50 dipendenti).
Un siffatto assetto organizzativo, tuttavia, riflette una visione rigida dell’amministrazione, fondata sulla ripartizione gerarchica delle responsabilità.
Peraltro, nella struttura a sezioni, parzialmente modificata solo a partire dal 2014, si assiste ad una parcellizzazione dei compiti tale che l’attività decisionale viene svolta dal singolo ispettore o controllore, sulla base della percezione della domanda sociale che gli deriva dalle segnalazioni, dalle denunce o dagli interpelli dei lavoratori o dei datori. In tale modello organizzativo, dunque, non vi è spazio per una gestione e programmazione collettiva dell’attività ispettiva: l’ispettore/controllore è lasciato solo nel confronto con l’impresa, maggiormente esposto, dunque, al rischio di pressioni o di resistenze nell’esercizio del suo incarico.
Per tale motivo, risulta particolarmente necessaria la creazione di un’“équipe spécialisée”, ovvero un approccio collettivo all’ispezione del lavoro nel quale si renda possibile il raggiungimento di competenze maggiormente rispondenti al tecnicismo che nei controlli è sempre più richiesto dalla specializzazione delle stesse attività produttive. Si pensi, ad esempio, alla valutazione dei rischi sanitari derivanti dalla presenza dell’amianto o di altre sostanze cancerogene nei locali aziendali, la quale richiede delle conoscenze mediche e scientifiche particolarmente sviluppate. Peraltro, ad intricare il quadro attuale si inserisce la globalizzazione dell’economia che porta a fenomeni come quello della frode nel distacco transnazionale dei lavoratori, la cui repressione necessita della continua cooperazione con altri organi ispettivi europei, dato il coinvolgimento di società di molteplici nazionalità.
Vero è che l’esigenza di una riforma nel campo dell’ispezione del lavoro è sentita ormai da quasi quindici anni e che molti interventi legislativi si sono succeduti nel tempo per raggiungere tale obiettivo. Nel 2006, ad esempio, veniva lanciato il “PMDIT”, ovvero il piano di modernizzazione dell’ispezione del lavoro, che prevedeva l’assunzione di nuovi ispettori e controllori nell’ambito di una strategia volta a dare priorità all’attività di controllo. Nel 2008, tuttavia, è stata deliberata la fusione tra l’ispezione del lavoro generale e le ispezioni specializzate in materia di agricoltura, trasporti e trasporti marittimi. Nondimeno, l’incremento di forza-lavoro raggiunto con la fusione non ha prodotto i vantaggi sperati: il numero degli interventi ispettivi rilevati tra il 2007 ed il 2010 è cresciuto del 68%, bensì meno del personale di controllo (+ 75%).
D’altronde, come rilevato dalla Cour de Comptes, il fallimento di tali interventi riformatori si spiega per una serie di ragioni. L’ispezione del lavoro, infatti, è stata interessata per ben 11 anni da incessanti riorganizzazioni, le cui finalità peculiari venivano definite solo progressivamente. Con riguardo allo specifico intervento del 2006, inoltre, nel rapporto si evidenzia chiaramente come un miglioramento del servizio di controllo da parte degli organi ispettivi non sia raggiungibile con un incremento del personale che non sia seguito da una messa in discussione dell’organizzazione e del funzionamento del sistema ispettivo stesso, la quale risale solamente al 2014 (con la creazione delle unités de contrôle).
L’auspicio della Cour de Comptes, in conclusione, è che si ponga freno alle inefficienze del sistema ispettivo francese tramite una riforma organica che sia formulata e portata a termine nel più breve termine possibile. Tale provvedimento deve innanzitutto condurre alla rimodulazione della struttura organizzativa dell’ispezione del lavoro sulla base di unités de contrôle, nell’ambito delle quali delle équipe specializzate di ispettori elaborino di concerto tra loro programmi di intervento, che quindi non siano più lasciati all’improvvisazione del singolo ispettore. Nella gestione delle risorse umane di cui è dotata l’ispezione del lavoro, inoltre, deve essere data assoluta priorità alla funzione di controllo, sollevando gli organi ispettivi da altri compiti che possano essere semplificati o, meglio ancora, affidati ad altri soggetti pubblici.
Non si può fare a meno di notare che i suggerimenti della Corte si rifanno direttamente alle indicazioni fornite a livello sovranazionale dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2014 sulle ispezioni sul lavoro, dove si afferma chiaramente che, affinché l’attività ispettiva sia efficace ed efficiente, gli ispettori debbano poter collaborare con tutte le autorità interessate, possedere le necessarie competenze ed essere in grado di operare in modo indipendente e gli Stati membri debbano accrescere le risorse umane e finanziarie per le ispezioni sul lavoro, raggiungendo l’obiettivo di un ispettore ogni 10.000 lavoratori.
Giorgia Imperatori
ADAPT Junior Fellow
@GioImperatori