Furlan: «Spendere bene i fondi europei. Lavoro, più equità»

«Qualcosa sta cambiando positivamente in Europa, si sta facendo qualche passo in avanti in direzione della crescita e dello sviluppo. Merito del governo che nel semestre di presidenza ha posto la questione, e delle posizioni coraggiose di Draghi. Si tratta di passi in avanti, ma non sufficienti; va bene la maggiore flessibilità che allunga i tempi per rientrare nei parametri europei, va bene il piano di acquisto dei titoli sovrani promosso dalla Bce. Ma serve un ulteriore passaggio, bisogna porre fuori dal patto di stabilità tutti gli investimenti infrastrutturali destinati a crescita e sviluppo». Per il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, che ha parlato con il Sole 24 Ore poche ore prima di partecipare alla cena di lavoro con il vicepresidente della Commissione Ue Jyrki Katainen che ieri sera ha incontrato rappresentanti delle parti sociali e del mondo politico e istituzionale a Roma la golden rule sarebbe «il passaggio determinante per passare dall’Europa del rigore all’Europa della crescita e del lavoro».

 

Tuttavia la commissione Ue per ora ha bocciato la golden rule, ponendo al centro della strategia un piano di investimenti da 315 miliardi, come giudica questa iniziativa?

In Europa ci sarebbe bisogno di una cifra tre volte superiore. Comunque formalmente c’è un piano di investimenti considerevole, che va sostenuto e attuato. Sarà fondamentale il dinamismo dei singoli Paesi. Fino al 2020 l’Italia ha complessivamente da spendere circa 7o miliardi, compresi i cofinanziamenti, bisogna indirizzare bene le risorse verso la crescita e fare un patto sociale su crescita e lavoro, per creare le condizioni per lo sviluppo e l’occupazione.

 

Condivide il pensiero di Katainen che il Jobs Act «aiuterà le assunzioni ed è più equo per i giovani»?

I decreti attuativi che il governo ancora deve scrivere devono creare equità. Il contratto a tutele crescenti sarà uno strumento valido se cancellerà il falso lavoro autonomo e parasubordinato.

 

Perché i sindacati sembra non si siano accorti che per un’impresa assumere un lavoratore con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti sarà più conveniente rispetto ad assumerlo come collaboratore o partita Iva?

La Cisl lo ha sottolineato da tempo. Per la prima volta il contratto a tempo indeterminato costerà di meno. Ma perché l’operazione sia efficace vanno superate le forte collaborazioni e le finte partite Iva, lasciando ovviamente la possibilità di aprire la partita Iva per determinate prestazioni.

 

In tema di competitività le parti sociali sono chiamate a rin- novare l’accordo sul modello contrattuale. Intendete farlo o subirete l’iniziativa di Renzi che intende intervenire sul tema?

Sì, dobbiamo rinnovare l’accordo sui modelli contrattuali del 2008-2009, puntando sulla produttività per rendere più competitive le imprese e più stabile il rap- porto di lavoro. Nella proposta della Cisl tutto quello che riguarda l’organizzazione del lavoro e la produttività va assegnato alla contrattazione aziendale e territoriale. In questi anni la contrattazione aziendale ha riguardato la produttività, è servita ad arginare la crisi per salvare migliaia di posti di lavoro. Per puntare alla crescita della produttività il luogo per eccellenza della contrattazione è dove si svolge il lavoro, in azienda o sul territorio. L’altra leva è quella del fisco che promuove il lavoro, su cui a febbraio presenteremo una proposta dettagliata.

 

Non crede che l’estensione della contrattazione di secondo livello sia frenata poiché spesso diventa aggiuntiva, trattando le stesse voci già negoziate nel contratto nazionale, con l’effetto di far lievitare i costi?

Questo sistema va superato definendo con esattezza le competenze della contrattazione aziendale, che riguardano tutto ciò che ha attinenze con l’organizzazione del lavoro e la produttività, e che deve assumere un ruolo maggiore. Il contratto nazionale rappresenta una cornice che riguarda tutti i lavoratori del settore di riferimento, fissa aumenti in base a indicatori come l’inflazione o l’Ipca. Ma anche il governo può svolgere un ruolo, può contribuire allo sviluppo della contrattazione di secondo livello con sgravi e detassando il salario di produttività, al contrario di quanto ha fatto con la legge di stabilità che ha ridotto i fondi.

 

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