«Il confronto sull’articolo 18 non si è concluso lunedì sera: se qualcuno lo pensa, non aiuta Renzi». Gianni Cuperlo annuncia battaglia. Nel day after della drammatica direzione dem, niente è scontato.
Cuperlo, la minoranza del Pd manterrà gli emendamenti presentati e li voterà?
«Io spero che li voti tutto il Pd perché lo spirito è migliorare la riforma. Lo ripeto, l’innovazione del mercato del lavoro io la voglio come Renzi e Poletti. Voglio tutele estese a chi non le ha, un sussidio universale che trasformi l’accesso ai servizi per l’impiego in un diritto di cittadinanza. Altro che lasciare le cose come stanno, qua bisogna cambiare con più radicalità. A cominciare dalle risorse che servono per tagliare quei traguardi e che sono ancora del tutto insufficienti».
In particolare sull’articolo 18 quanto siete disponibili a un compromesso?
«Ho apprezzato alcuni toni, ma qui conta la sostanza. Il reintegro per discriminazione è una cosa ovvia, prevista fino dal 1990 anche per chi ha meno di 15 dipendenti. Bene la precisazione sui licenziamenti disciplinari. Ma la riforma del 2012, solo due anni fa, non ha escluso il ricorso al giudice anche nel caso di licenziamento economico “manifestamente infondato”. Mica era un gioco di parole. Se in via di principio togli la possibilità per il lavoratore di cercarsi un giudice a Berlino e stabilisci per legge che per qualunque licenziamento economico c’è solo l’indennizzo, tu stai dicendo a quel lavoratore che anche nel caso di una motivazione mascherata lui ha perso in partenza. E non lo consolerà sapere che, invece, a Berlino un giudice per lui ci sarebbe davvero».
Se gli emendamenti non saranno accolti cosa farete sul voto finale?
«Io lavoro per il governo, non contro. Il Parlamento ha la responsabilità di licenziare una buona riforma. Non amo le dispute muscolari. Quando arriveremo al voto finale spero che il testo sia frutto di una condivisione. Per me il confronto non si è chiuso lunedì sera in direzione. E chi lo pensa non aiuta il premier».
Mettete nel conto anche una crisi di governo?
«Non scherziamo. Voglio che questo governo faccia le cose che ha detto di voler fare. Cambiare la pubblica amministrazione, investire nella scuola, snellire i tempi della giustizia, redistribuire il peso della crisi su chi ha pagato meno. E fare una battaglia a Bruxelles per fermare un’Europa che corre verso un muro. Renzi ha detto di volere queste cose? Avrà un sostegno leale. Ma sul merito di riforme decisive, dalla Costituzione alla legge elettorale, al mercato del lavoro, migliorare le scelte è il modo per aiutare l’esecutivo a fare il bene del Paese. Al fondo in quel capolavoro di Disney, anche Semola faceva buon uso di Anacleto».
Lo scontro in direzione dava l’idea di due partiti distinti, si può pensare che una parte dei Dem stia per andarsene?
«Lo voglio escludere e lo escludo. Certo sono colpito dal clima che vedo crescere anche tra di noi, a volte sembra che si confrontino dei nemici. In direzione avrei accolto la richiesta di votare l’ordine del giorno per parti separate. Peccato. Io cerco di unire. Spero che altri non prediligano l’arte di Penelope: tessere la tela e disfarla». D’Alema e Bersani hanno ecceduto nei toni? «Uno ama gli spigoli, l’altro non perderebbe l’aplomb neanche a Pontida. Hanno detto la loro nel rispetto dell’articolo 19 della Costituzione, quello sulla libertà di opinione. E’ un bell’articolo. Io suggerisco di tenerlo. Almeno per ora».
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G. Cuperlo "La nostra partita non finisce qui sui licenziamenti bisogna cambiare"