Garanzia Giovani e tirocini: le ragioni della grande diffusione degli stage extracurriculari Copia

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Bollettino ADAPT 27 giugno 2022, n. 25

 

Il ruolo che ha avuto la Garanzia Giovani nella diffusione dei tirocini extracurriculari (spesso di bassa qualità) è stato importante. I dati più recenti dicono che dal 2014, per tramite del programma europeo, sono stati attivati oltre mezzo milione di stage (ANPAL, Garanzia Giovani in Italia, Rapporto quadrimestrale, N°3, 2022) sul totale dei circa due milioni di tirocini extracurriculari attivati negli ultimi anni (ANPAL, Secondo rapporto di monitoraggio nazionale in materia di tirocini extracurricolari, 2021). Tra le ragioni di una quota così significativa vi è sicuramente il fatto che la Garanzia assicurava la copertura del costo dell’indennità, sollevando quindi le imprese da un onere economico già di per sé molto risicato.

 

Va infatti ricordato che la corresponsione di una indennità di partecipazione obbligatoria, prevista dall’articolo 1, commi 34 – 36, della legge n. 92 del 2012, era stata ufficialmente introdotta nel 2013 con le prime Linee guida per la disciplina degli stage extracurriculari approvate dalla Conferenza Stato-Regioni con l’intento di riconoscere anche in termini economici, e non soltanto formativi, l’apporto dello stagista all’interno dell’azienda ospitante. Inoltre, sulla base delle stesse linee guida (art. 12 – Indennità di partecipazione), occorre affermare come l’introduzione di un’indennità economica fosse altresì un tentativo per arginare l’abuso che spesso si fa dello strumento sostenendo la logica per cui a fronte di un (seppur minimo) impegno economico da parte dell’impresa questa si sarebbe meglio spesa per la buona riuscita del percorso.

 

I dati, tuttavia, parlano chiaro: i tirocini hanno continuato la loro diffusione (spesso malsana) e il numero di tirocinanti che è poi stato assunto all’interno della azienda in cui hanno svolto lo stage è rimasto basso (per quanto riguarda i tirocini della Garanzia Giovani la quota è del 16%. Si veda ANPAL, Garanzia Giovani in Italia, Rapporto quadrimestrale, N°3, 2022). Difficile quindi non pensare ad un gioco del ricambio continuo di tirocinanti a prezzo molto contenuto e senza particolari vincoli. In tal senso, pur nella legittimità dell’intervento, la previsione di una quota economica, spesso appellata dal grande pubblico con l’aggettivo “simbolica”, non sembra avere limitato la grande diffusione degli stage, né tantomeno aver incrementato la qualità formativa dei percorsi. Piuttosto, occorre rilevare il rischio di aver pericolosamente avvicinato lo strumento ad una forma legale di “lavoro povero”.

 

In questo quadro, il finanziamento dell’indennità per tramite dei fondi della Garanzia Giovani ha, di fatto, permesso di aggirare quello che, in qualche modo, avrebbe dovuto rappresentare un argine all’abuso, ossia la corresponsione di una indennità. È così che il finanziamento della quota da parte della Garanzia ha invece rivoltato parte del “sistema anti-abuso” contro gli stessi promotori della previsione di un contributo economico come argine allo sfruttamento. In sintesi, l’indennità viene finanziata dai fondi del programma e l’abuso, come anche il ricambio continuo di tirocinanti da parte delle imprese, rimane elevato. Pertanto, anche laddove l’indennità avrebbe dovuto rappresentare un incentivo all’impegno dell’azienda ospitante nell’investire seriamente sul percorso del tirocinante, con l’arrivo della Garanzia e la previsione del finanziamento delle indennità per i tirocinanti il vincolo per le imprese è, di fatto, saltato.

 

Vi è, non da ultimo, un problema di matrice strutturale relativo all’architettura stessa della Garanzia Giovani. Il riferimento è in particolare al fatto che non è stato previsto alcun paletto nell’utilizzo dei tirocini se non nei limiti già previsti dalle linee guida e nelle disponibilità del finanziamento della misura (comunque piuttosto elevato) all’interno del piano. Questi aspetti hanno infatti inevitabilmente portato all’accentuarsi delle distorsioni già presenti all’interno del mercato del lavoro: esplosione dei tirocini, contenimento dell’apprendistato (soltanto circa mille contratti attivati tramite Garanzia Giovani). Inoltre, la Garanzia Giovani ha messo a nudo alcune falle del sistema di ispezione e prevenzione nel contrasto all’utilizzo distorto degli stage poiché, pur di fronte alle innumerevoli proposte di dubbia qualità formativa presenti sui portali, non si è arrestato l’emorragico flusso di tirocini extracurriculari “fraudolenti”.
 

In un sol colpo la Garanzia Giovani ha quindi generato almeno due effetti. Da una parte, ha reso innocua l’indennità come eventuale “deterrente all’abuso” e, dall’altra parte, ha alimentato le distorsioni del mercato del lavoro italiano insediandosi perfettamente nei solchi già segnati: grande diffusione di tirocini, contenimento dell’apprendistato e di altre misure. È da questi aspetti che emergono le carenze strutturali del programma, che così concepito potrebbe forse funzionare in un sistema privo di eccessive distorsioni, ma che laddove queste sono già evidentemente presenti non fa che accentuarne la gravità: assenza di particolari vincoli alle misure maggiormente a rischio di abuso; sporadici accordi tra gli attori del mercato del lavoro; appiattimento sui centri pubblici per l’impiego nella gestione dell’utenza; visione essenzialmente dialettica dei rapporti tra pubblico, privato e parti sociali.

 

In tal senso, occorrerebbe investire su un maggior coinvolgimento delle parti sociali in una prospettiva partecipata ed integrata con i vari attori del mercato del lavoro in modo tale da combattere la corruzione dell’istituto in modo propositivo, anche promuovendo la qualità dei percorsi attraverso sistemi di certificazione delle competenze e di supporto agli enti promotori e a quelli ospitanti nella strutturazione del percorso formativo. Un ulteriore modo per preservare la natura formativa del tirocinio sarebbe quello di incentivare maggiormente l’uso degli stage svolti durante il percorso di studi (tirocini curricolari), come strumenti integrativi e complementari alla didattica tradizionale, volti ad orientare fin da subito i giovani all’interno dei contesti professionali. Non da ultimo, pur riconoscendo la legittimità dell’idea di prevedere un minimo contributo economico a chi svolge il percorso, questo non dovrebbe essere nella forma di un’indennità direttamente legata alle attività dello stage, quanto piuttosto individuato nella forma di un rimborso spese più precisamente perimetrato all’ambito dei costi di trasporto, alloggio o simili, onde evitare che la “quota simbolica” possa essere associata allo svolgimento delle attività produttive aziendali, che qualificherebbe di fatto lo stage come forma di lavoro povero.

 

Tommaso Galeotto

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@TommasoGaleotto

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