Il G7 è stato un banco di prova per il coordinamento delle politiche dei singoli Paesi su Industria 4.0. Se con gli Stati Uniti le convergenze sono tutt’altro che semplici ed il Giappone, per storia e diversità culturale, è ancora troppo lontano, tra gli Stati europei ci sono esperienze che si intrecciano o che si possono replicare con successo. La Commissione europea ha lanciato una piattaforma comune per la condivisione delle migliori prassi e, se possibile, per mettere in sinergia grandi progetti.
Sono quindici, ad oggi, i programmi europei per Industria 4.0: a lanciarli per ora sono stati Germania, Italia, Francia, Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Spagna, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Portogallo, Svezia.
Da una ricognizione dei vari modelli, fatta incrociando le analisi dell’associazione Adapt, Politecnico di Milano ed I-Com, emerge innanzitutto il grado di evoluzione del caso tedesco nelle strutture per il trasferimento tecnologico. L’Italia, con il piano fortemente basato sui maxiammortamenti e sul credito d’imposta, appare invece tra i Paesi guida per il sostegno fiscale alle imprese. La legge di bilancio 2017 aveva messo in cantiere un programma pluriennale da 13 miliardi. La nuova manovra in arrivo agirà su un perimetro ridotto, con un plafond che potrà superare di poco il miliardo di euro per rinnovare l’iperammortamento per il digitale, rimodulare (con aliquote meno generose) il superammortamento per le macchine tradizionali e lanciare il credito di imposta per la formazione…
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