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Bollettino ADAPT 19 luglio 2021, n. 28
Martedì 6 luglio 2021 SGI Europe e la Federazione europea dei datori di lavoro del settore dell’istruzione (EFEE) hanno tenuto la conferenza di avvio del progetto “Green Skills in VET”, cofinanziato dalla Commissione Europea (Grant Agreement No. VS/2021/0017) che mira a sostenere le imprese dei servizi pubblici (services of general interest – SGIs) e le organizzazioni dell’istruzione e formazione professionale al fine di migliorare l’incontro tra domanda e offerta di competenze “verdi” idonee a abilitare e concretizzare gli obiettivi della transizione verde.
Il progetto, di durata biennale, infatti intende identificare i fabbisogni di competenze verdi e i profili professionali chiave (anche in ottica previsionale) e proporre soluzioni innovative per una efficace erogazione di formazione professionale dedicata allo sviluppo delle skill richieste dal mercato del lavoro in transizione verso la neutralità climatica, con particolare focus nei settori dei trasporti, dell’energia e dell’acqua.
Parola chiave, come anche sottolineato da Valeria Ronzitti, Segretario Generale di SGI Europe, è responsabilità: per rendere il Green Deal europeo da semplice obiettivo potenziale a vero e proprio programma operativo è necessario verificare e identificare le richieste attuali e future di competenze e professionalità per ciascun settore, individuando eventuali mismatch tra la domanda di competenze e l’offerta di apprendimento, e conseguentemente attuare uno sviluppo professionale del personale coerente con le nuove “green skills” al fine di un pieno raggiungimento degli obiettivi fissati dal Green Deal.
Attori chiave per la transizione verde, tra gli altri e accanto alle parti sociali, saranno certamente anche le istituzioni europee che hanno partecipato al meeting d’apertura del progetto nella persona di Nicolas Schmit, Commissario europeo per l’occupazione, gli affari sociali e l’integrazione. Nel suo intervento è stata più volte messa in luce l’urgenza di un nuovo e modificato approccio alla vocational education and training rispetto al paradigma economico attuale e futuro e ai mutamenti climatici che, assieme alle dinamiche demografiche e al fattore tecnologico rappresentano i principali driver del cambiamento e della trasformazione del lavoro. Se infatti, da un lato, la transizione verde potrebbe creare 1,2 milioni di posti di lavoro nell’UE entro il 2030, tale obiettivo è chiaramente raggiungibile solamente con la formazione, intesa nei termini di “Life-long learning”, reskilling, upskilling di professionalità, e la conseguente acquisizione da parte dei lavoratori delle nuove competenze richieste da parte delle imprese (in particolar modo il riferimento è qui ai servizi pubblici attenzionati dal progetto in esame, particolarmente interessati dalle dinamiche della trasformazione verde e dagli obiettivi di sostenibilità in senso ampio). La Green transition si presenta quindi come forte opportunità di crescita per governi, aziende e lavoratori, ma dovrà essere accompagnata necessariamente da politiche che tutelino la produzione e l’occupazione, per una piena adesione del mercato del lavoro e dell’economia alle trasformazioni in atto.
Chiara Riondino, Responsabile dell’Unità VET, Apprenticeships and Adult Learning, DG Employment, Social Affairs & Inclusion, della Commissione Europea ha affermato come l’intero progetto si ponga infatti nel più ampio pilastro europeo dei diritti sociali, per guidare la costruzione di un’Europa più forte, più equa e più inclusiva. La creazione di competenze coerenti con il mercato del lavoro in transizione significa infatti rendere la trasformazione giusta ed il più inclusiva possibile.
Valeria Ronzitti ha replicato sottolineando come i datori di lavoro coinvolti nel progetto abbiano la responsabilità di rendere il Green Deal una realtà, offrendo servizi sempre più green e sostenibili e cercando di anticipare le esigenze attuali e future del mondo aziendale, in modo da saper sensibilizzare e successivamente accompagnare il mondo produttivo verso una cultura della produzione e della formazione professionale sempre più “verde”.
Allo stesso modo, nella parte introduttiva, Daniel Wisniewski, Segretario Generale EFEE, ha dichiarato come la situazione attuale, caratterizzata dalla pandemia Covid-19, abbia velocizzato la transizione ecologica, abilitata anche da quella tecnologica. Se, dunque, un passaggio necessario sarà quello di contribuire a accrescere la consapevolezza sui temi della sostenibilità ambientale, allo stesso tempo sarà indispensabile dare concretamente attuazione a politiche di cambiamento che possano favorire il benessere sociale in questa fase di transizione e negli anni a venire. Tutti gli stakeholder dovranno necessariamente essere coinvolti: la green transition comporta delle sfide occupazionali, per le quali una delle risposte principali potrebbe giungere proprio dal mondo della formazione affinchè “nessun -lavoratore- rimanga indietro”. Le competenze professionali e, in particolare, quelle verdi sarebbero dunque il motore di questa nuova economia: più esse sapranno adeguarsi alle esigenze ed obiettivi ambientali e di trasformazione, più potranno essere impiegate efficacemente nel mondo del lavoro con risvolti positivi su tutti gli ecosistemi produttivi e territoriali.
Il primo panel della conferenza si è poi concentrato sull’analisi dello stato dell’arte sul tema delle competenze verdi e della formazione professionale tramite le presentazioni di dei ricercatori di Fondazione ADAPT che, in qualità di esperto esterno, supporta i partner del progetto nella realizzazione di una ricerca ad hoc sui temi appena accennati.
Secondo Emmanuele Massagli, le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro richiedono un approccio olistico: la tecnologia, da sola, non sarebbe infatti sufficiente per garantire una corretta transizione verso una economia sostenibile, che per essere piena dovrebbe quindi essere equilibrare le istanze, talvolta discordanti, di protezione dell’ambiente, equità sociale ed equilibrio economico. Centrale, in particolare, per tutti e tre questi aspetti, è l’investimento sulle competenze dei lavoratori: è necessario promuovere, all’interno dei contesti di lavoro una vera e propria “capacità di assorbimento” delle innovazioni connesse alla transizione green. Per Massagli, “Le competenze dei lavoratori abilitano la trasformazione e ne permettono un governo socialmente accettabile. Al centro dell’economia vi sono sempre le persone: sono quindi queste le prime protagoniste della transizione “verde”. Investire sulle competenze delle persone vuole dire, in prima istanza, ripensare metodi pedagogici e contenuti della formazione. Tutta la formazione, senza aggettivi: questa sfida riguarda sia la formazione iniziale, che quella continua; sia la formazione generale (general education), sia quella professionale (vocational education); tanto i giovani in formazione obbligatoria quanto gli adulti coinvolti in percorso di qualificazione e riqualificazione professionale.”
Tra gli aspetti che verranno presi in esame dalla ricerca, un primo nodo è di tipo terminologico e definitorio: quali sono le competenze green? Sono competenze tecniche e specialistiche o trasversali? O entrambe? Come vengono individuate, e da chi? Un secondo punto direttamente connesso al precedente riguarda il come queste competenze vengono formate. Sembra plausibile immaginare, come la letteratura scientifica afferma da tempo, che un nuovo modo di lavorare richieda anche un nuovo modo di pensare, che a sua volta rende necessario un nuovo modo di formare e di imparare, e che riguarda quindi sia i percorsi proposti a giovani e adulti, ma anche le stesse competenze dei formatori, che devono adeguarsi sia a livello di contenuti, che di metodi pedagogici. Come si formano queste competenze? Come si valutano? Come si certificano? Da ultimo, sarà necessario un approfondimento sui protagonisti della formazione: come si stanno muovendo imprese ed enti della formazione professionale per non perdere la sfida della transizione verde?
Con riferimento alla survey online somministrata quale primo step della ricerca (nel momento in cui si scrive il questionario è ancora in fase di somministrazione e i suoi risultati verranno integrati attraverso una serie di interviste in profondità con un panel di osservatori privilegiati), Margherita Roiatti ha illustrato le seguenti evidenze preliminari: i rispondenti (rappresentanti delle imprese dei servizi pubblici e delle mondo della formazione professionale) hanno dimostrato una buona consapevolezza dei temi di interesse del progetto, anche con riferimento alla conoscenza di iniziative locali, nazionali e europee volte a un miglioramento del matching tra domanda e offerta di competenze e profili professionali green; l’ostacolo definitorio si è confermato essere notevole, ma è stato possibile identificare una certa uniformità di vedute circa la strategicità di approccio settoriale per la rilevazione dei fabbisogni di competenze professionali e l’opportunità di una maggiore integrazione nei programmi formativi tanto di competenze verdi tecniche, sia di quelle trasversali (queste ultime descritte anche come fattore abilitante anche di un necessario cambio di mentalità sui temi della sostenibilità). Oltre alla difficoltà di capire cosa si intenda con “competenze verdi”, è emerso come il principale limite alla cooperazione tra imprese dei servizi di interesse generali e istituzioni VET sarebbe la carenza di risorse (soprattutto finanziarie ma anche di capitale umano dedicato): laddove le collaborazioni (valutate generalmente come efficaci) hanno luogo esse riguardano esperienze di formazione duale (soprattutto apprendistato) e co-progettazione di curriculum e programmi formativi. In sintesi, la maggioranza dei rispondenti ha espresso l’esigenza di una maggior integrazione tra formazione e lavoro per governare la transizione green e manifestato preoccupazione per la percezione di una scarsa “attrattività” dei settori energetico, dei trasporti pubblici e dell’acqua quale criticità per l’approvvigionamento di figure professionali idonee supportare la transizione verde e, in generale, come causa di skill mismatch.
Proseguendo nella analisi dei contributi presentati durante la conferenza, è emerso come alcuni settori, fra cui quello elettrico, siano particolarmente coinvolti dalla transizione verde: Jean-Michel Romann, consulente sociale presso l’Unione elettrica francese, ha illustrato i risultati di uno studio di 2 anni relativo all’anticipazione dei fabbisogni di competenze e occupazionali a livello settoriale. Invece, Dominique Majoor, membro del comitato esecutivo del Koning Willem I College, nel suo intervento, ha portato l’esempio di un college che per incrementare la consapevolezza delle tematiche legate al cambiamento climatico e sostenibilità ambientale e per facilitare la didattica su questi temi ha investito molto anche sull’adeguamento delle proprie infrastrutture, coinvolgendo in prima persona (es. nella progettazione di aule e laboratori) anche gli studenti dell’ultimo anno.
Il secondo panel della conferenza ha poi sottolineato l‘importanza di rafforzare il partenariato istituzionale per rendere le “competenze verdi” una realtà.
Mara Brugia, Vicedirettore CEDEFOP (centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale) che ha ribadito come un’Europa più verde non andrà a scapito di una minore occupazione, ma alcuni settori, Stati membri o regioni o settori potrebbero essere esposti a effetti occupazionali negativi nella fase di transizione. In tal senso, il passaggio a un’economia sostenibile non potrà passare solamente per il tramite di un maggiore utilizzo di fonti di energia rinnovabile o azioni di economia circolare, ma per coglierne tutte le opportunità, sarà responsabilità di tutti gli attori del mercato del lavoro quella di agire sinergicamente per favorire la costruzione di un ponte fra occupazione e politiche ambientali, anticipando, in raccordo con le istituzioni educative, i fabbisogni professionali, minimizzando il rischio di incorrere in fenomeni di disallineamento tra domanda e offerta di competenze.
Come anche ricordato da Ludovic Voet, Segretario Confederale della CES (esplicita sigla), la strategia dell’industria di ridefinizione delle competenze dovrà rispondere all’obiettivo primario, oltre che di promozione degli obiettivi di sostenibilità climatica, di supporto al lavoratore, secondo principi di inclusività, qualità della formazione, validazione e guida nel processo di trasformazione. La protezione ambientale non potrà, secondo Voet, non passare per la tutela sociale di tutti coloro che ne saranno coinvolti nella transizione verde e toccati dai suoi effetti.
Da un lato il principio “Leave no one behind” è la promessa centrale e trasformativa dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile (non è possibile pensare ad una strategia standardizzata da applicare indistintamente a tutti i lavoratori, settori, e regioni europee coinvolti), dall’altro, come sottolineato da Spiros Protopsaltis, Vicepresidente PES Network, una volta identificate le green skills, siano esse tecniche o trasversali, sarà necessario promuovere approcci e politiche multilivello, in modo da approntare strategie specifiche e personalizzate alle necessità del lavoratore e del settore in cui è coinvolto.
In conclusione, è possibile affermare, considerando tutti i temi fin qui analizzati (quello definitorio, legato alle green skills; quello formativo, legato ai nuovi metodi e stili per l’apprendimento; quello organizzativo, legato ai protagonisti della formazione e dell’impresa) che per supportare la transizione verde risulta cruciale combinare lo studio e la ricerca teorica con l’ascolto diretto di chi, queste sfide, le vive quotidianamente: imprese ed enti di formazione. La formazione delle green skills richiede, per prima cosa, uno sforzo definitorio tale per cui si riesca a costruire una sintassi comune su cosa si intende con questo termine, utile anche per una rilevazione dei fabbisogni precisa e puntale. Chiarito questo, occorrerà ripensare, innovare e rinnovare i rapporti tra mondo del lavoro e mondo della formazione, non tanto negli obiettivi, quanto piuttosto nei metodi di apprendimento scelti per costruire nuove figure professionali e aggiornare, in maniera efficace, quelle già presenti perché non subiscano i grandi processi di trasformazione in atto.
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