I Decreti Ministeriali sulla lotta al sommerso

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 15 maggio 2023, n. 18
 
Lo scorso aprile il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha emanato due decreti riguardanti il lavoro sommerso, anche in attuazione dell’impegno, assunto dal Governo italiano, di aumentare in relazione alla media nazionale annuale il numero di accessi ispettivi effettuati in materia di lavoro nell’ultimo biennio, a fronte dell’erogazione dei fondi europei stanziati a seguito della pandemia. In particolare, adottato, con D.M. del 19 dicembre 2022 n. 221, il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso per il triennio 2023-2025 (d’ora in poi anche solo “Piano nazionale”) per realizzare il primo traguardo della Missione 5, componente 1, Riforma 1.2, del PNRR (M5C1-11), è emersa l’esigenza di assicurare un monitoraggio e un’attuazione razionali, organizzati ed efficaci dell’azione ispettiva, oltre che di integrare il medesimo Piano nazionale.
 
In particolare, quest’ultimo si era prefissato sia l’obiettivo di migliorare le tecniche di raccolta e condivisione, in un approccio inter-istituzionale, dei dati sul lavoro nero, al fine di accrescere la conoscenza del fenomeno, sia di adottare misure dirette ed indirette per rendere conveniente l’emersione del lavoro irregolare, proseguendo altresì nella campagna informativa e di sensibilizzazione indirizzata a lavoratori e datori di lavoro, anche attraverso le parti sociali, senza mancare di predisporre una struttura organizzativa in grado di accrescere le azioni di contrasto al fenomeno in parola attuando le misure contro di esso.
 
A fronte di ciò, con il D.M. 57 del 6 aprile 2023, è stato istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Comitato nazionale per la prevenzione e il contrasto del lavoro sommerso (art. 1 d’ora in poi, anche solo “Comitato”), cui sono stati attribuiti, fra gli altri, alcuni compiti significativi (art 2).
 
Innanzitutto, spetta al neo costituito Comitato – presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ovvero da un suo delegato, e raggruppante rappresentanti del medesimo Dicastero, del Ministero dell’Interno e delle Infrastrutture e Trasporti, dell’INL, dell’INPS, dell’INAIL, dell’ANPAL, della Banca d’Italia, dell’Istat, dell’Agenzia delle entrate, della Guardia di finanza, dell’Arma dei Carabinieri e della Conferenza delle Regioni, con il supporto tecnico dell’INAPP, oltre a tre esperti, individuati dalla struttura di Via Vittorio Veneto e dotati di particolare competenza ed esperienza, ed a cinque rappresentanti designati, per parte, dalle organizzazioni datoriali e dei lavoratori comparativamente più rappresentative su scala nazionale – coordinare e monitorare l’attuazione e l’avanzamento delle attività previste dal Piano nazionale.
 
Tali compiti si traducono nell’interazione sia con il Tavolo nazionale sul caporalato, sia con le Task Force e i Gruppi di lavoro già avviati al fine di individuare, programmare ed attuare gli specifici accertamenti ispettivi. Ciò in quanto, nel 2021, benché diminuito dell’8% a fronte dell’aumento del numero degli accertamenti ispettivi, il lavoro nero costituisce ancora una rilevante espressione delle irregolarità contestate dal personale di vigilanza, posto che ogni 100 aziende irregolari riscontrate quasi la metà (il 44%) ha occupato lavoratori sconosciuti alla P.A. (il 74%) (INL, Relazione sull’Attività di Vigilanza 2021, p. 25-27).
 
Altresì, al Comitato, la durata della cui attività è legata al completamento dei compiti assegnati (art. 5), è stato affidato il compito di valutare l’efficacia degli interventi programmati, svolgendo una preziosa funzione di coordinamento e raccordo, soprattutto nella duplice ottica di evitare la dispersione di risorse impiegate nell’attività di vigilanza e di migliorare l’azione di contrasto al fenomeno in parola. Né di minor valore rappresentano tanto il compito di pianificazione degli interventi ispettivi per la lotta al lavoro sommerso per il triennio 2023-2025, quanto l’individuazione dell’indicatore relativo alla media annuale del numero di accessi ispettivi effettuati in materia di lavoro nell’ultimo biennio.
 
Con riferimento al primo, è di indubbia evidenza come l’efficacia dell’azione ispettiva non possa che dipendere anche da un’organizzata, razionale e strutturata definizione e pianificazione degli obiettivi alla luce delle risultanze o degli studi di tutti i soggetti istituzionali coinvolti, ciascuno dei medesimi potendosi rivelare utile nell’elaborazione di strategie di vigilanza ovvero nell’individuazione di fenomeni socio-economici da indagare o settori in cui svolgere accessi ispettivi.
 
In relazione a questi ultimi, l’indicatore relativo alla loro media annuale va costruito, ad opera del Comitato, sia monitorando a cadenza trimestrale la progressiva raccolta dei data emergenti dall’attività ispettiva, sia verificando la congruità di dati e la metodologia seguita in merito all’efficacia e capacità del medesimo indicatore di avere contezza tanto dell’attività di vigilanza quanto dell’incidenza del lavoro sommerso sull’economia nazionale, individuando, all’occorrenza, potenziali ambiti di ulteriore sviluppo.
 
E’ pertanto chiaro il collegamento funzionale tra la raccolta dei dati ricavabili dagli accertamenti effettuati, la migliore conoscenza e comprensione del fenomeno e l’affinamento degli strumenti di indagine a livello di programmazione dell’attività di vigilanza, la cui prevista crescita in termini numerici è volta proprio alla drastica riduzione della portata di questa odiosa forma di discostamento dalla normativa lavoristica.
 
Di eguale rilievo è il successivo D.M. 58 del 6 aprile 2023, avente ad oggetto l’aggiornamento del Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso per il triennio 2023-2025 e della tabella attuativa, rispetto ai quali di primaria importanza è l’inserimento, nel paragrafo dedicato alla “Premessa”, della lettera E), ovverosia delle «misure per favorire l’impiego regolare di lavoratori stranieri in agricoltura attraverso il contrasto agli insediamenti abusivi e la promozione di azioni di politica attiva», all’interno di un contesto programmatico basato su quattro pilastri definiti prioritari: la prevenzione, la vigilanza e il contrasto al fenomeno, la protezione e l’assistenza per le vittime di sfruttamento e, non ultimo, la loro re-integrazione socio lavorativa.
 
Infatti, l’evidenza ispettiva trascorsa ha certificato che, nel 2021, la quasi totalità delle causali poste a fondamento delle sospensioni dell’attività imprenditoriale in agricoltura ha coinciso con l’occupazione irregolare di lavoratori (326 sospensioni per lavoro nero sulle 343 totali, cfr. Relazione, cit., p. 29), con una preoccupante incidenza nel Sud Italia – al netto della Sicilia, non conteggiata – di braccianti non regolarmente assunti (44% del totale, cfr. Rapporto, cit., 27), ad ulteriore testimonianza dell’efficacia delle azioni SU.PRE.ME ed ALT-Caporalato, che, anche grazie alla collaborazione e cooperazione con gli Istituti internazionali, tra cui innanzitutto l’OIM, hanno contribuito ad un incremento delle ispezioni, cresciute di oltre il 400% nel 2021 (Relazione, cit., p. 7).
 
A livello attuativo, quindi, prevenzione, vigilanza e contrasto al lavoro nero in agricoltura implicano il coinvolgimento così delle diverse amministrazioni nelle rispettive dislocazioni territoriali come dei molteplici soggetti istituzionali, unitamente ad un ineludibile coordinamento programmatico, all’integrazione del Piano nazionale con il Piano di contrasto al caporalato, che sappia valorizzare le linee di indirizzo già elaborate da quest’ultimo aggiornando altresì le azioni prioritarie di contrasto al caporalato (ovverosia: Sistema informativo per il mercato del lavoro agricolo, Innovazione e valorizzazione dei prodotti agricoli, Rete del lavoro agricolo di qualità e certificazione dei prodotti, Pianificazione dei flussi e potenziamento dei servizi d’incontro di domanda e offerta di lavoro, Alloggi dignitosi, Soluzioni di trasporto, Campagne di comunicazione, Più vigilanza e contrasto, Protezione e prima assistenza delle vittime, Reinserimento socio- lavorativo).
 
Tuttavia, un’efficace azione ostativa al fenomeno del lavoro nero richiede anche l’adozione di specifici dispositivi attuativi per avversare gli insediamenti abusivi e promuovere azioni di politica attiva, rispetto ai quali il D.M. 58 cit., al fine di assicurare soluzioni alloggiative dignitose, ha previsto l’istituzione di un Gruppo di lavoro, che si costituirà entro il secondo trimestre 2023 all’interno del tavolo caporalato integrato con la partecipazione dei membri del Comitato, per definire le Linee guida, da presentare entro il terzo trimestre 2023, sull’implementazione, su scala nazionale, di standard abitativi nelle aeree di interesse, come peraltro suggerito anche a livello internazionale, quantomeno sui principi generali e metodi applicativi (ILO, R115 –Workers’ Housing Reccomendation).
 
Anche in questo caso, palese è la connessione tra il superamento del lavoro sommerso, implicante troppo spesso ipotesi di compressione dei diritti dei lavoratori stranieri, e la concreta prospettazione di un’effettiva alternativa alla sottomissione ad angherie altrui, anche in ottica di uniformità e coordinamento dell’attività di vigilanza su scala nazionale o inter-territoriale.
 
Viceversa, le azioni di politica attiva per favorire il regolare impiego dei lavoratori stranieri nel settore agricolo possono realizzarsi svolgendo attività formative ed informative di rafforzamento delle competenze dei responsabili e degli operatori del Centri per l’Impiego e degli altri servizi pubblici e privati competenti nella prevenzione, vigilanza e contrasto del lavoro sommerso, con particolare attenzione al mondo agricolo.
 
Nello specifico, secondo le intenzioni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i percorsi formativi indirizzati agli illustrati destinatari – tra cui è menzionato un corso specialistico sui servizi per l’impiego e il contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura, da realizzare entro il secondo semestre 2023 – dovrebbero, in ottica profilattica, evitare il ricorso al caporalato e ad altre forme di intermediazione illecita di lavoratori.
 
Nel D.M. 58 cit. è altresì stata evidenziata la correlazione tra lo svolgimento di attività formative, finalizzate alla razionalizzazione dei servizi destinati all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, e l’avvio di azioni sperimentali poste in essere dai beneficiari dei corsi formativi e rivolti ai lavoratori agricoli, che non solo rispondano allo scopo di diffondere e comunicare la normativa applicabile ai loro rapporti di lavoro, evitando così lo sfruttamento, ma anche svolgano la funzione di creare laboratori/job club presso i Centri per l’Impiego per tutelare i lavoratori e favorire il ricorso ai Centri per l’Impiego ad opera delle imprese territoriali.
 
In buona sostanza, l’obiettivo ministeriale è di contribuire a realizzare un contesto economico, sociale e produttivo che respinga, quantomeno perché valutato non conveniente, il lavoro nero e le eventuali pratiche di intermediazione illecita e sfruttamento, nella consapevolezza per cui la salvaguardia dei diritti dei lavoratori coincide con la tutela degli operatori imprenditoriali rispettosi della normativa, essendo gli uni e gli altri due facce della stessa medaglia: la legalità, appunto.
 
Infine, la valorizzazione dell’approccio multi-agenzia, già adottato con le precedenti esperienze e confermato con l’attuale regolamentazione di fonte amministrativa, fonda l’implementazione delle azioni prioritarie proprie del piano nazionale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato sulla realizzazione di campagne informative, attraverso la partecipazione di referenti del Comitato ai Gruppi di lavoro del Tavolo di contrasto al caporalato, con cadenza almeno trimestrale, anche per alimentare la relazione annuale al Parlamento sulla stato di attuazione del Piano nazionale di contrasto al caporalato.
 
Le illustrate decisioni governative vanno accolte con favore perché testimoniano la confermata attenzione istituzionale verso un fenomeno economico-sociale che va avversato a prescindere dall’orientamento politico seguito in materia lavoristica, proprio perché un’economia sommersa rappresenta la distorsione di una delle più nobili attività umane: il lavoro dignitoso, appunto.
 

Giovanna Carosielli 

Funzionario ispettivo ITL Bologna*
@GiovCarosielli
 
*Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.

I Decreti Ministeriali sulla lotta al sommerso